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America-Oriente: cambiano gli equilibri economici mondiali

Senza scomodare Il tramonto dell'Occidente di Spengler - che negli anni '20 teorizzava l'inesorabile declino del Vecchio Continente - l'ex Primo Ministro francese Francois Fillon di recente si è lasciato sfuggire che "il periodo tra il 2008 e il 2012 sarà ricordato come quello che ha posto fine alla supremazia dell'Occidente".

Il centro dell'economia mondiale si sta più o meno velocemente spostando dall'Atlantico al Pacifico, dal rapporto privilegiato Usa-Europa a quello, in costruzione, tra Stati Uniti, Sud America, Oceania e Est Asiatico. Gli indizi sono molteplici, a cominciare dalla firma dell'APEC, un accordo che lega Stati Uniti, Canada, Messico, Vietnam, Brunei, Malesia, Singapore, Cile, Perù e Giappone in un'alleanza per la cooperazione economica in Asia, soprattutto per contrastare la Cina e la sua moneta, lo yuan che, sempre più svalutata, sta danneggiando il dollaro.

Un altro elemento che sta contribuendo in maniera determinante a questa crisi è il progetto europeo in sé: la Germania perde le guerre e vince le paci, ma dietro all'euro manca la condivisione di un sistema Paese. Troppi particolarismi centenari che non si allineano e si perdono, impedendo di fatto la nascita di una strategia comune su temi urgenti come politica fiscale, la costruzione di un esercito o la capacità di affrontare senza divisioni interne il fenomeno delle migrazioni.

La disoccupazione di lungo periodo è in aumento nel mondo occidentale e specialmente in Europa, mentre le autocrazie orientali giorno dopo giorno si trasformano in modelli da inseguire. Per alcuni la causa è ancora il rapporto tra Stati Uniti e Cina, che da una parte si fronteggiano, dall'altro si uniscono in una politica economica comune che prevede un'esportazione dell'inflazione (insieme al dollaro) in cambio dell'ingresso incondizionato, avvenuto nel 2000, del gigante orientale nel WTO. La Federal Reserve ha la libertà di stampare moneta e di inondare di carta (potenzialmente straccia) le banche, centrali e non, di tutto il mondo, mentre Pechino ottiene il permesso di invadere il mercato con prodotti realizzati da una massa di lavoratori senza diritti.

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