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Pasqua: Io sono la risurrezione

La Pasqua celebra la Risurrezione di Gesù che, secondo le Scritture, è avvenuta nel terzo giorno successivo alla sua morte in croce.

Il nucleo centrale del Nuovo Testamento è il superamento della morte e al suo apogeo c’è la Risurrezione.

La parola Risurrezione ossia il ritorno da morte a vita è la traduzione della parola greca anastasis che vuole dire “stare in piedi”, atteggiamento che manifesta una condizione di vita e di movimento è costituisce il centro della nostra fede.

«Ma che cos’è la risurrezione? Lo ha detto Gesù: “Io sono la risurrezione”. È Lui che inizia in noi la vita immortale, quella che non si interrompe con la morte. Anche se il corpo è corruttibile, la vita, Cristo, rimane e nell’anima e nel corpo come principio d’immortalità» [1].

Sulla scia degli episodi dell’Antico Testamento (il caso di Elia ed Eliseo), anche i vangeli ci ricordano il ritorno alla vita di alcune persone, operato da Gesù (Lazzaro, la figlia di Giairo, il figlio della vedova di Naim); mentre il libro degli Atti ci ricorda la risurrezione di Tabita operata da Pietro (At 9,36-43) e quella di Eutico, operata da Paolo (At 20,7-12).

Anche qui, però, come per i racconti dell’Antico Testamento, le persone così chiamate nuovamente in vita poi morirono ancora.

La risurrezione di Gesù è un fatto essenzialmente diverso: nel suo corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad una vita divina, incorruttibile.

Gesù di Nazareth è l’unico uomo che sia risorto [2] e questa è la dichiarazione più sconvolgente di tutta la storia.

A questo proposito la descrizione dell’evento che troviamo nel Vangelo di Giovanni è illuminante. “Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, scorge le fasce distese ma non entrò. Giunge intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entra nel sepolcro e contempla le fasce distese e il sudario, che era sul capo di lui, non con le fasce disteso, ma al contrario avvolto in una posizione unica. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette” (Gv 20, 3-8).

Tale risurrezione del Salvatore è stata comprovata da numerosi testimoni, che riferiscono concordemente “apparizioni”, cioè fatti concreti e non puramente interiori; tali apparizioni sono state affermate anche se sarebbe stato più comodo tacerne, per evitare contestazioni, persecuzioni e torture; a tali apparizioni poi, corrispose la scoperta della tomba del Signore, che, pur essendo stata ben custodita, fu trovata vuota.

Le parole sconvolgenti sono eis héna tópon, che possiamo tradurre con “in una posizione unica” che sono state trasposte, senza rendere il senso dell’eccezionalità, con espressioni del tipo “in un luogo a parte”.

Eis héna tópon vuol dire che il sudario era rimasto “rigido”, “rialzato” a cagione della forza sconvolgente dell’evento della risurrezione.

«Il corpo di Gesù si trasfigurò, producendo luce e calore, e, senza uscire dalle tele, entrò nella dimensione dell’infinito e dell’eterno»[3].

«È il fatto irrefragabile e insopprimibile più solidamente provato dalla storia. La Risurrezione è il ponte gettato sull’abisso della morte per ricongiungere le due sponde della vita» [4].

La risurrezione è, quindi, la terza e ultima grande tappa dell’esperienza messianica, le altre due erano state le tentazioni e la trasfigurazione. E la risurrezione pasquale appare come causa della nostra risurrezione finale, come c’insegna il medesimo Gesù; anzi, Egli dona il suo corpo eucaristico, ormai risorto, quale pegno della nostra futura risurrezione.

Il nostro corpo e la nostra anima saranno allora due mani giunte in un’adorazione senza tempo.



[1] C. LUBICH, da Scritti spirituali/4, Città Nuova Edizioni, in “Città Nuova” n. 5, anno 2005, p. 7. 
[2] Cfr. Gv 20; Mt 28; Mc 16; Lc 24.
[3] A. PERSILI, Sulle tracce del Cristo risorto, Ed. Casa della Stampa, Tivoli 1988, pp. 187-188.
[4] CHIESA VIVA, Editrice Civiltà, Brescia 2004, n. 360, p. 2
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