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Omaggio a De Andrè: e il cielo si colora di nuvole barocche

Domani sono dieci anni che il più grande cantautore italiano, Fabrizio De Andrè, è scomparso. Portato via da un tumore ai polmoni durante il tour di Anime salve, il suo ultimo disco.
 
Qualche giorno fa parlavo di lui proprio con un amico, uno che De Andrè l’aveva visto live, una fortuna che i miei 27 anni non mi hanno permesso. Ventisette anni, e un’adolescenza che fino alla sua morte, non me lo aveva fatto scoprire, incatenato tra le parole di Bocca di Rosa sotto lo schermo, in una piazza affollata con un giovane Fiorello, ancora con la coda di cavallo, e una Marinella troppo intensa per un ragazzino di 17 anni tutto rock & punk.
 
Ma la Guerra di Piero no, quella me la ricordo. Quella canzone tristissima che il mio professore delle medie ci fece leggere e studiare, quella che mi faceva piangere a ogni ascolto, e quella che mi ha convinto che il militare no, proprio non volevo farlo, che mi ha dato una consapevolezza della guerra, maggiore di tutte le immagini a infrarossi che arrivavano dall’Iraq.
 
Sono dei ricordi, frammenti, che tornano lentamente e si materializzano in sensazioni, che spesso ti stringono lo stomaco. Sentire quell’accento napoletano strano di Don Raffaè, “Io mi chiamo Pasquale Cafiero e son brigadiero del carcere oi ne’, io mi chiamo Cafiero Pasquale sto a Poggioreale dal ‘53”, sentire la musicalità di quelle parole e avere l’innocenza di non capire di cosa parla, estasiati da “Con rispetto s’è fatto le 3, vulit’ ‘a spremut, o vulit’ ‘o cafè”. Non sapere chi è Raffaè.
 
E non sapere chi è Bocca di Rosa, non capire, quando la si canticchiava da bambini, chi fosse quella donna, ma presi dal fatto che la sentivi sempre in radio, in casa...Bocca di Rosa.
 
Crescere e cominciare a cercare, a scoprire De Andrè, ad andare oltre le canzoni entrate nell’immaginario popolare, addentrarsi nei concept album, navigare tra le diverse età, se così possiamo chiamarle, del cantautore genovese.

 
Scoprire il De Andrè di Tutti morimmo a stento, cercare di capire cosa sono i Vangeli apocrifi e scoprire La Buona Novella, adorando Il Testamento di Tito. Leggere L’Antologia di Spoon River con Non al denaro, non all’amore né al cielo come sottofondo, ascoltare la storia del giudice, o del medico, o del suonatore Jones, ma emozionarsi a ogni ascolto di La Collina (“Dormono dormono sulla collina”), fino all’illuminazione dell’album politico per antonomasia, Storia di un impiegato.
 
Ascolta una volta un giudice come me giudicò chi gli aveva dettato la legge: prima cambiarono il giudice e subito dopo la legge.
Oggi, un giudice come me, lo chiede al potere se può giudicare. Tu sei il potere. Vuoi essere giudicato? Vuoi essere assolto o condannato?
 
Questa è Sogno numero 2, scritta nel ’73, ma attualissima, parole che tornano alla mente ogni volta che i fatti giudiziari sono in prima pagina...
 
Storia di un impiegato, l’album politico per antonomasia…l’album della disillusione, di un momento fondamentale e tremendo per l’Italia.
 
De Andrè è il poeta che sa raccontare la realtà, ma anche il sogno, capace di riassumere un’esistenza con una frase, e un attimo con una canzone…
Faber ha sempre rischiato, non si è mai accontentato di uno stile.
 
L’uscita di Crêuza de mä era una scommessa, anzi era un azzardo, una sconfitta (in termini di vendita) quasi certa come gli aveva suggerito qualcuno… ma Faber se n’è fregato e ha scritto uno dei suoi album più belli.
 
Se c’è una cosa che mi fa soffrire è la finitezza dell’opera di De Andrè. Non ci sarà nessun album nuovo, forse uscirà ancora qualche postumo in un cassetto dimenticato, ma gli album sono lì. Ecco! Questo è il motivo per cui ancora adesso mi rifiuto di capire completamente Crêuza de mä. Non cerco traduzioni, e capire quel dialetto così stretto mi è assolutamente impossibile ed è una goduria. L’approccio nuovo, la scoperta continua ad ogni ascolto. Percepire un suono nuovo, arrivare a capire una parola in più di quel capolavoro che ha sorpreso tutti, quel coniglio cacciato da un cappello rotto… Guardarlo contorcersi (sempre solo in tv purtroppo) sulla sedia mentre sussurra “e anda e e e anda eooo…” è una stretta al cuore. Sapere che se ne fregava se quell’album rischiava di non arrivare mi mette i brividi.
 
Questo è solo il ricordo di un 27enne che non ha mai visto nella sua vita uno dei più (il più grande secondo me) cantautore italiano e uno dei massimi poeti della sua generazione e non solo. È il ricordo di un ragazzo che ha la consapevolezza che De Andrè sapeva essere l’uomo più chiaro del mondo (“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”), ma anche il più criptico, che era ironico come pochi ("Lo sa che io ho perduto due figli" "Signora lei è una donna piuttosto distratta”), che Dolcenera è una delle canzoni più belle e struggenti mai scritte, ma che se non avesse letto che si riferiva all’alluvione di Firenze mai ci sarebbe arrivato, che Princesa è la Bocca di Rosa moderna, che Geordie non è una canzone da discoteca, che di De Andrè non ne nasceranno più, che domani è morto l’Amico Fragile.



E’ impossibile scegliere la canzone preferita, ma quella che più mi rappresenta in questo momento è questa:

Commenti all'articolo

  • Di parismanontroppo (---.---.---.192) 10 gennaio 2009 13:38

    Mi sono commossa...

  • Di Francesco Rossolini (---.---.---.185) 10 gennaio 2009 16:58
    Francesco Rossolini

     Bell’articolo. Con la sua musica (o forse poesia) De Andrè è divenuto "immortale". 

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 10 gennaio 2009 17:16
    Rocco Pellegrini

     a proposito del testo della bellissima creuza de ma questa mi sembra una buona traduzione.
    Bell’articolo in memoria di un grande artista.....

  • Di Francesco Raiola (---.---.---.192) 10 gennaio 2009 20:52
    Francesco Raiola

    Grazie mille...ma per scrivere bene di De Andrè ci vorrebbero fogli e fogli...Rocco grazie per i consigli, sbircerò la traduzione di Creuza (conosco solo quella che va nei sottotitoli del concerto di De Andrè al Brancaccio, uno dei suoi ultimi, quello con i figli), ma non andrò oltre, almeno per adesso, per i motivi che ho scritto nel pezzo...
    Qui ci volevano troppi video, almeno uno per ogni canzone, come ci sarebbero voluti capitoli a parte. Quello per le ballate, quello per i maestri (il grande Brassens per esempio) etc...ma non è questo lo spazio.
    Grazie ancora e grazie a Faber
    ciao

  • Di ellis (---.---.---.68) 10 gennaio 2009 23:45

    Purtroppo i miei 16 anni non mi hanno permesso di conoscere De Andrè dal vivo (quando è morto avevo 5 anni), eppure non c’è giorno in cui non ascolti le sua canzoni, o sull’autobus per andare a scuola col mio mp3 o con i dischi nello stereo mentre studio... Senza De Andrè l’Italia e la musica italiana non sarebbero state la stessa cosa... Grazie Faber

  • Di virginia (---.---.---.96) 12 gennaio 2009 11:10

    Hai scritto un bellisimo pezzo, caro Fran ra, soprattutto perché il tuo vissuto s’intreccia con quello di due generazioni, la tua e quella dei quarantennii di oggi.
    Penso che De André sia lo "spaccato" di un periodo storico, quello che va, grosso modo. dalla fine degli anni ’60 fino al primo 2000.
    De André è grande.
    Abbiamo anche un altro "grande" che non si dimenticherà molto facilmente ed è Paolo Conte. Lui rispecchia un periodo storico precedente, quello che va dagli anni ’50 fino alla fine del secolo scorso. Conte è ironico e autoironico, molto poeticamente parla di donne "favolose", di auto veloci, di atmosfere dal profumo nauseante dei bordelli e delle "signore" a pagamento.
    Parla soprattutto di illusioni maschili, di innamoramenti che durano poche ore, di sogni che sono tipici dell’adolescente del suo tempo.
    Potremmo quasi azzardarci a dire che la storia sociale dal dopoguerra ad oggi l’hanno fatta loro: Conte e De Andrè. In modo personale nel quale, tuttavia si rispecchiano diversze generazioni.

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 12 gennaio 2009 11:45
      Francesco Raiola

      Grazie mille Virginia, e grazie Ellis.
      Come dici tu De Andrè racconta uno spaccato dell’Italia, anzi delle diverse Italie che ha attraversato con le sue canzoni e i suoi album.
      Conte, beh Conte è un altro grandissimo della musica italiana. Ammetto di conoscerlo meno di De Andrè, ma alcune sue canzoni sono veramente immortali. Tanto immortali e importanti da fargli rendere un tributo in vita da uno dei gruppi italiani più belli e intelligenti che ci siano: gli Avion Travel.
      Danson Metropoli si chiama l’album. Se non l’hai ascoltato fallo, e se come me non ami molto le rivisitazioni dei pezzi...datti un pizzico sullo stomaco, ne vale la pena.
      Ieri, intanto, ho goduto delle 3 ore di tributo, speravo continuassero tutta la notte (anche se per alcuni ci volevano gli schiaffi, leggi Antonella Ruggiero...ma anche Battiato non mi ha fatto impazzire).
      Un abbraccio

    • Di ws (---.---.---.10) 5 maggio 2009 19:24
      Complimenti per l’ articolo. Anch’io ho conosciuto tardi De Andrè, grazie ad un amico, che non smetterò mai di benedire per il bel regalo. Che peccato! Meglio tardi che mai, però. La colpa è, per me, anche di chi gestisce i media. Molte emittenti radiofoniche scartano generi non troppo commerciali, di nicchia, ecc. Certi programmi tv vanno in onda solo in terza serata, ad orari impossibili, nei giorni feriali e nel fine settimana - quando si potrebbe, volentieri, sacrificare qualche uscita – la tv è inguardabile. Fabio Fazio, è stato bravissimo a dedicargli uno speciale in prima serata. Guardandolo, però, pensavo che, in Italia, sarebbe bello iniziare ad omaggiare chi lo merita,anche da vivo, e che li salva e ci salva internet. Grazie Ciao.
    • Di Francesco Raiola (---.---.---.192) 5 maggio 2009 19:50
      Francesco Raiola

      Vero ws, purtroppo De Andrè è poco, come dire, commerciale...per quanto durante gli anniversari sia un genio per tutti. Ma che ci vogliamo fare. Tocca a chi l’ama far girare la sua parola, come il tuo amico, appunto. Anche perchè riesce a essere sempre attuale, sempre...
      Ciao

    • Di ws (---.---.---.26) 6 maggio 2009 18:54

      Sì, forse, troppo. Credo che la sua bravura, originalità, sensibilità (magistrale pure sul fronte romantico); siano state penalizzate dall’essere considerato artista molto"impegnato". Le cartucce, i colpi d’inchiostro, di fiato; seppur più lenti, possono essere pericolosi come proiettili. Colpendo dritte al cuore e al cervello, non uccidono, fortificano. Schiudono la mente e l’anima (esemplare il suo antimilitarismo), destano dal torpore, dall’oblio. Rischioso. Per quanto ho capito, lui era acuto, comunicativo, raffinato ma, diretto, anche senza musica. Farlo esprimere dunque, senza esaltarlo (capita anche ad altri), defilandolo. I migliori vanno via per primi, ma, le loro parole mai, celebrarlo, dunque, mantenendo un profilo basso, senza ampliare l’uditorio. Ciao. P.

    • Di ws (---.---.---.26) 6 maggio 2009 19:00

      ...scusate, per la dimensione de carattere.Ho scritto normale , ma, è diversa..

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