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Nutrizione e cancro: approvate le prime linee di indirizzo

Si stima che il 20-30% dei pazienti che perde peso durante una terapia oncologica muoia per le conseguenze dirette ed indirette della malnutrizione.

di Cristina Da Rold 

C’è chi lo ha definito un “bisogno inespresso” in oncologia. Stiamo parlando della terapia nutrizionale dei pazienti con diagnosi di tumore, che finora in Italia è stata affrontata all’interno delle cure oncologiche in maniera disomogenea. Il mese scorso le linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici sono state approvate all’interno dell’accordo Stato-Regioni, e dunque sono ora a disposizione delle aziende sanitarie, che potranno basarsi su di esse per mettere in campo -auspicano gli autori – anche gli aspetti nutrizionali all’interno dei PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) delle diverse patologie oncologiche, per evitare inutili e dispendiose duplicazioni di attività per uno stesso paziente. È attraverso la stesura di PDTA specifici interaziendali che si potrebbe favorire la presenza di nutrizionisti in tutte le aziende sanitarie ove vengono trattati i pazienti oncologici.

Il documento tiene conto della Carta dei Diritti del Paziente Oncologicosull’appropriato e tempestivo supporto nutrizionale, sottoscritta nel 2017 da AIOM (Associazione italiana di oncologia medica), FAVO (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) e SINPE (Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo) e con il contributo di altre Società scientifiche, ed è stato elaborato da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da rappresentanti del Ministero della Salute, aziende sanitarie, Università ed esponenti di società scientifiche di settore.

Il problema della malnutrizione è tutt’altro che secondario in ambito oncologico. Si stima che il 20-30% dei pazienti che perde peso durante una terapia oncologica muoia per le conseguenze dirette e indirette della malnutrizione. La frequenza e la gravità della perdita di peso variano a seconda del tipo di tumore: perde pericolosamente peso già al momento della diagnosi l’80% dei pazienti con tumore del tratto gastrointestinale superiore e il 60% di quelli con neoplasia polmonare. Inoltre, una perdita di peso si verifica nel 72% delle neoplasie pancreatiche, nel 69% delle neoplasie esofagee, nel 67% delle neoplasie gastriche, nel 57% dei tumori del distretto testa-collo, nel 34% delle neoplasie del colon retto e nel 31% dei casi di linfoma non-Hodgkin.

Viceversa, anche l’obesità può inficiare le cure oncologiche, riducendo l’efficacia di alcune terapie (basti pensare per esempio alla correlazione negativa tra inibitori della aromatasi e la sopravvivenza nelle pazienti obese operate per cancro della mammella).

“Oggi sappiamo che una buona cura in oncologia passa anche per un’adeguata nutrizione” spiega a OggiScienza Carmine Pinto, past-president nazionale dell’AIOM e Direttore dell’Oncologia Medica dell’AUSL-IRCCS, Clinical Cancer Centre, di Reggio Emilia. Un precoce intervento nutrizionale consente di prevenire la perdita di peso, il peggioramento della qualità di vita e permette un adeguato apporto calorico e di liquidi in pazienti con malattia neoplastica, e quindi favorisce la conformità per una terapia anti-tumorale, con finalità curativa o palliativa.

Queste linee di indirizzo si focalizzano su tre aspetti: valutazione dei bisogni nutrizionali del paziente alla diagnosi, messa in campo di un percorso integrato e formazione di medici e infermieri in ambito nutrizionale, settore che ancora oggi è marginale all’interno dei corsi di laurea.

Il primo passo è dunque lo screening, cioè fare in modo che al momento della diagnosi il medico esegua anche la valutazione del rischio di perdita di peso, sia clinica che strumentale, e che grazie a un team multidisciplinare che comprende nutrizionisti, elabori un percorso nutrizionale, sia attivo che palliativo, personale per il paziente, nell’ambito di una “valutazione personalizzata e multidimensionale”.

“Certo, non basta approvare delle linee di indirizzo per far sì che tutte le strutture abbiano la possibilità effettiva di attuarle” prosegue Pinto. “Ci sono due grosse criticità a cui bisognerà far fronte: la prima è fare in modo che in tutte le strutture vengano offerti percorsi terapeutici nutrizionali, attraverso la creazione di gruppi di lavoro multidisciplinari, e per farlo sarà importantissimo puntare sulla formazione del personale medico e infermieristico, specie laddove non ci sono le risorse per avere un medico nutrizionista specializzato che lavora accanto agli oncologi. Ma la maggiore criticità è quella di garantire la continuità del percorso nutrizionale fra ospedale e territorio, in particolare riguardo l’alimentazione artificiale. Va sviluppata questa cultura e consapevolezza tra pazienti e familiari, e vanno formati medici, dietisti e personale infermieristico. Occorrono quindi delle risorse concrete nell’ambito delle reti oncologiche regionali”.

@CristinaDaRold

Questo articolo è stato pubblicato qui

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