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Non è la tua stampa, bellezza. L’imbuto della furbizia italiana colpisce il M5S?

Sono passati tre anni da quando Micromega pubblicò il mio servizio sul rapporto fra Casaleggio e Grillo. Quanta acqua è passata sotto i ponti da allora. L’ultima volta che ho incrociato Paolo Flores D’Arcais, a lato di una manifestazione un messetto fa, ci scambiammo un paio di battute, fra il divertito e il rassegnato: “Capita spesso così a chi anticipa i tempi”. Già, capita spesso così.

Al centro di quel servizio c’erano tre quesiti ben chiari: quale fossero le strategie imprenditoriali (ancor prima di quelle politiche) della Casaleggio Associati e da dove veniva (quale era la sua storia e i suoi rapporti commerciali) quella società che aveva creato il fenomeno Grillo politico; quale fosse la visione della politica e del rapporto fra decisione e democrazia proposta da Gianroberto Casaleggio; quale fosse il livello di condivisione e di democrazia all’interno del neonato movimento. Sì, avevamo anticipato di almeno un anno e mezzo i tempi. E puntualmente ci ignorarono (non tanto me che non conto niente quanto Micromega e la sua storia e capacità di cercare di dare un senso a quello che si muove nella società italiana). Quel servizio consegnato tre anni fa alla redazione di Micromega lo potete trovare qui.

Ora tutti, e dico tutti, si stanno ponendo (e in gravissimo ritardo) le stesse domande. Perfino i meno indottrinati attivisti ed eletti del M5S. Bene che lo facciano. Stiamo parlando di una forza politica con il 25% dei voti, che governa già in alcune città e che in questa fase di crisi si propone come unica alternativa possibile al sistema dei partiti. E stiamo parlando di una forza politica che ha un apparato di comunicazione (basato su una ben precisa strategia di marketing mutuata da campagne virali commerciali) di indiscutibile efficienza.

Grillo e Casaleggio martellano (ormai da anni) contro la casta. Una casta, secondo loro, formata esclusivamente dai politici e dalla stampa (anzi, dai giornalisti uno per uno se non quelli illuminati dal verbo di Grillo). Il mercato e le imprese (e le banche) nella visione di Grillo e Casaleggio alla fine hanno delle responsabilità minime dell’attuale situazione. Le imprese, nella loro visione, sono per definizione “sane” e si corrompono solo quando entrano in contatto, e si fanno condizionare, con la politica. Facile, no?

E sui giornalisti Grillo (e Casaleggio anche se più defilato) hanno un chiodo fisso: sono per definizione in malafede e sono servi della politica. Esclusi alcuni, ovviamente. Esclusi quelli che scrivono bene del movimento e non fanno domande su organigrammi, proprietà, soldi, interessi, democrazia interna oppure che sono stati direttamente assunti dal gruppo di comunicazione o che scrivono per una casa editrice (ChiareLettere) che ha stabili rapporti di lavoro e compartecipazione in attività commerciali con la Casaleggio Associati o per un giornale (Il Fatto) di cui ChiareLettere detiene un pacchetto azionario determinante.

Ora nella black list (immensa) di Grillo e Casaleggio è entrata e a pieno titolo anche Milena Gabanelli. Poco importa che sia stata la più votata alle Quirinarie del movimento. Poco importa che sia stata portata in palmo di mano da Grillo stesso. La trasmissione Report ieri ha avuto l’ardire di fare due di quelle domande che i giornalisti non devono fare. I proventi del blog di Grillo vanno al M5S o no? Quanto guadagna la Casaleggio Associati dalla pubblicità del sito di Beppe Grillo?

Ecco. Per molto meno Grillo ha lanciato anatemi intimidatori annunciando perfino dossieraggi in pieno stile piduista (eh sì, quelli che li facevano i dossier erano proprio gli allegri soci di Gelli). Casaleggio, interpellato, si è rifiutato di rispondere. Un parlamentare, il senatore M5S Giarruso, visibilmente irritato, ha aperto il fuoco di fila (in continuità con il miglior Gasparri) accusando Report di fare illazioni e insinuazioni evitando ovviamente di rispondere. Attendiamo l’anatema prossimo e venturo sul blog di Grillo.

La presunta trasparenza del M5S (che sta già scricchiolando da mesi) va a farsi benedire proprio sulla questione dei soldi?

Ritorno con la memoria all’epico scontro fra Travaglio e Grasso. Il censore di ogni italico vizio, e proprietario di una quota del già citato quotidiano Il Fatto, aveva accusato il presidente del Senato di essere il solito italiano furbo. Già. Furbo. Di giorno in giorno il club dei furbi sembra allargarsi sempre di più. Sull’argomento ci aveva visto bene decenni fa Indro Montanelli.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli (---.---.---.217) 20 maggio 2013 19:11

    La Gabanelli ha perso molto smalto , credibilità e autorevolezza, allorquando ci fu il caso di Paolo Barnard e di recente la questione evasione fiscale e l’uso dei contanti. Volendo si può aggiungere il fatto che allorché ha parlato di crisi e di modelli per uscire dalla crisi non analizza, volutamente, la questione Euro e trattati vari, cioè dà per scontato che le cose siano (giuste) così come sono, ed evita di porsi domande, di porle al pubblico, di far intervenire (commenti) pro e contro. Sul mondo del M5S vedo di trarne il buono che c’è come denuncia, ma logicamente mi riservo di vedere le azioni: non posso non notare come da parte dei media tradizionali, nonchè in numerosi post e articoli on line, non si sia perso tempo (ma è anche giusto così) nell’attaccare le frasi pronunciate da Grillo e ovviamente prese singolarmente, fuori da ogni contesto. Ma c’è di più: come è avvenuto quando c’era Monti, oggi come oggi il M5S viene marginalizzato, alla faccia del 25% di consensi sui votanti. Come non vedere un piano per far fuori il movimento? Bada bene che non ho votato per loro, pur ritrovandomi in sintonia su diversi punti e questioni. La storia della decrescita così come i km zero mi convincono poco, al pari di divieti e limitazioni nell’uso delle auto. Avrei preferito che ci andassero pesanti contro i centri commerciali e le multinazionali dei supermarket, che ne proponessero la chiusura e riconversione in centri commerciali veri e propri e il divieto di costruirne tanti o ,almeno che si studiasse qualcosa su come limitarne lo strapotere: a me schiavi moderni potrà anche piacere come triste lettura ma se poi ci si limita a parlare dei casi singoli, del riposo settiminale che non c’è , senza pensare che un mega centro in stile ikea o Auchan e similari uccide numerosi negozianti e manda a spasso tantissimi lavoratori (indotto compreso) e che ,a livello di indagini e verifiche da parte di società immobiliari, laddove aprono i tanto applauditi discount il valore degli immobili nei dintorni diminuisce, ecco che le questioni vere o ipotesi di discussione ci sono. Ma appunto alcuni temi non sono nelle loro note, e di certo la chiarezza richiesta verrà prima o poi fatta da parte di Grillo o di chi per lui. Ma non è che siccome non chiarisce quei punti ciò che dice deve essere ignorato, nascosto e non divulgato dai media, almeno da quelli che svolgono un servizio pubblico. 

  • Di paolo (---.---.---.140) 20 maggio 2013 19:38

    Illupodeicieli utilizza argomentazioni che sono ,a mio avviso ,non pertinenti .

    In sostanza ci dice che Grillo e il M5S vanno osservati e giudicati con riserva sulla base delle azioni e non tanto e soprattutto in funzione dello sputtanamento messo in atto dai media ostili ,ovvero tutti tranne il blog di Grillo e d’intorni .

    Giusto ,vero ,tuttavia ci sono domande dirimenti a cui bisogna rispondere subito ,altrimenti cade il presupposto dello sputtanamento .

    Una domanda dirimente ,anzi fondalmente dirimente ,è dove finiscono gli introiti derivanti dai clik sul blog , che è riferimento del M5S, e chi maneggia questi soldi e a quale titolo (vedi Casaleggio associati ) .

    Se Grillo non fornisce subito una spiegazione soddisfacente e compatibile con i criteri di trasparenza ,nulla di quello che fa e sostiene può e deve essere giudicato giusto o condivisibile ,perfino le cose giuste e condivisibili .Chiamiamola "conditio sine qua non " .
    Cosi’ la vedo io caro Illupo...

  • Di (---.---.---.120) 26 maggio 2013 20:06

    Giri e rigiri >

    Impresa affatto facile è tracciare l’identikit dell’associazione “partito” e dettagliare quel “metodo democratico” (art.49) che ne costituisce la peculiarità.
    Ad oggi i partiti sono “identificabili” con l’ammissione a competizioni elettorali. Da qui l’erogazione di “rimborsi elettorali” sulla base della percentuale (sopra l’1%) di voti ottenuti.

    Un sistema ormai “screditato” e da abrogare passando a forme di contribuzione “volontaria” e di sostegno “non monetario” al funzionamento organizzativo.
    Cambio di sostanza o solo di forma?

    Presupposto è l’adozione di un regime fiscale “agevolato”. Tipo quello vigente per le Organizzazioni no profit.
    Che si parli di non imponibilità o di esenzione dai tributi oppure di deducibilità o di detraibilità dall’imposte, si tratta in ogni caso di un minor gettito delle entrate fiscali. Come tale riguarda l’intera collettività ed ha quindi connotazione “pubblica”.
    Specie se l’entità del “beneficio fiscale” attribuito dovesse prescindere sia dalla reale consistenza dell’associazione partito, sia dall’apporto dato in termini di “rappresentanza” elettorale.

    C’è di più.
    A definire le relative norme fiscali è chiamata la Ragioneria dello Stato.
    Sarà interessante vagliare quanto “dettato” in materia di trasparenza di statuti e bilanci dei partiti, nonché di tracciabilità e identificabilità delle contribuzioni.

    Di fatto si aprirà una “finestra” sulla organizzazione interna dei partiti e sul modello di gestione “democratica” delle risorse. C’è da scommettere che si solleveranno altre eccezioni in nome del diritto di libertà.

    La libertà è nel rispetto di regole condivise. La storia insegna che solo la Febbre del Tribuno non conosce remore e limiti fino a …

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