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Napolitano doppiamente fuori dal suo ruolo

"Valuterò gli effetti della legge sul processo breve quando si avvicinerà il momento della sua approvazione definitiva". Questo il senso della frase pronunciata ieri da Napolitano, scivolato questa volta doppiamente al di fuori delle sue prerogative costituzionali. Innanzitutto, perché lascia intendere un suo esame preventivo del testo, durante l'iter legislativo, interferendo dunque con il lavoro del Parlamento, mentre a lui spetta eventualmente di rinviare la legge alle Camere ma solo una volta approvata. E poi perché al capo dello Stato spetta verificare se una legge approvata presenti profili di evidente (ripeto: evidente) incostituzionalità, mentre la responsabilità degli «effetti» particolari di una legge è prettamente politica, riguarda quindi il Parlamento e la sua maggioranza, non certo il presidente della Repubblica, per la Costituzione politicamente "irresponsabile".

Quella sul processo breve è una legge che certamente si inserisce nel contesto della lotta tra Berlusconi e le procure politicizzate che tentano di sovvertire il sistema politico, e quindi in questo senso si può definire una legge ad personam, il cui scopo cioè è di difendere il premier dagli assalti dei pm. Ma nel merito non è affatto scandalosa per i cittadini. Si spera che fissare la durata massima dei processi costringa finalmente chi deve esercitare l'azione giudiziaria a fare i conti con le risorse - materiali ed umane - che ha a disposizione (sempre scarse per definizione), dando la precedenza ai processi che possono effettivamente essere portati a termine positivamente (già oggi si registrano circa 170 mila prescrizioni l'anno, delle quali almeno il 70% matura nei cassetti dei pm, prim'ancora di arrivare dinanzi a un gip). E a non perseverare, per esempio, con un processo, come quello Mills, che non ha alcuna speranza di portare ad una condanna definitiva (la prescrizione interviene all'inizio del 2012, per effetto delle norme attuali non delle nuove, e nonostante i pm l'abbiano allungata artificiosamente), solo per ottenere una condanna in primo grado da usare politicamente contro l'imputato.


Stiamo parlando comunque, nelle condizioni minime (in caso di reati minori e di incensurati), di 6 anni, che non è esattamente un tempo così «breve» come si vuol far credere, molte volte un tempo più lungo della pena prevista per il reato perseguito, considerando anche che la durata del processo va ritenuta di per sé una forma di pena.

Nel dibattito politico e mediatico sulla questione c'è poi un grosso e pericoloso equivoco. Al di là della sua legittimità ad esprimersi o meno in termini politici su leggi ancora all'esame del Parlamento, è gravissimo soprattutto nel merito quanto afferma il Csm: in nessun caso infatti è accettabile paragonare le prescrizioni, per quanto "di massa" possano essere, ad «un'amnistia». Tali paragoni dimostrano la concezione della giustizia e dello stato di diritto che hanno quanti li sostengono. Parlando di amnistia infatti si dà per scontato che gli imputati che usufruiranno delle nuove norme siano colpevoli, mentre in presenza di prescrizione non si ha alcun verdetto. Semplicemente, trascorso un determinato periodo di tempo, lo Stato decide che non ha più interesse a perseguire un certo reato. Gli imputati che si vedono prescritto il reato non sono affatto "amnistiati", è quindi incivile trattarli come dei colpevoli "graziati". Ed è doppiamente incivile - ed inquietante - che a farlo sia il supremo organo di governo della magistratura.

C'è un altro aspetto dei tempi di prescrizione che non si prende in considerazione. Si confonde la possibilità per lo Stato di perseguire un reato anche se viene scoperto molti anni dopo (possibilità limitata dalla prescrizione, appunto) con l'estensione temporale indefinita del processo. In altre parole, una cosa è che sia possibile perseguire un reato e il presunto colpevole pur avendoli scoperti solo dopo 10 anni dall'epoca dei fatti; tutt'altra cosa è che scoperto subito un reato ci si mettano 10 anni o anche più per condannare o assolvere i presunti colpevoli. Nel primo caso, si possono stabilire tempi anche molto lunghi a seconda della gravità del reato; nel secondo, i tempi lungi sono semplicemente inaccettabili per qualsiasi reato. La ratio dei tempi di prescrizione non è quella allungare la durata del processo (tanto abbiamo tempo, possiamo prendercela con calma!). Per un motivo semplicissimo. Prendiamo, per esempio, il processo sulla strage di Viareggio, di cui si è molto parlato proprio per gli effetti che avrebbe su di esso il processo breve. Ebbene, le nuove norme ridurrebbero i tempi massimi per la sua conclusione di un anno: dal 2024 al 2023. Ma stiamo parlando di un reato eventualmente commesso nel 2009 e scoperto immediatamente. Ora, se in 14 anni non si riesce ad arrivare ad una sentenza definitiva, o si deve accettare il fatto che gli imputati non sono poi così colpevoli come si crede, oppure che la pubblica accusa è stata incapace e dunque è con essa, non con i tempi di prescrizione, che i parenti delle vittime dovrebbero prendersela.

Commenti all'articolo

  • Di Vito Enzo Salatino (---.---.---.91) 15 aprile 2011 17:48

    Questo articolo non è condivisibile in nulla, al punto che nemmeno si sa da che parte cominciare per commentarne le dichiarazini inaccettabili sulla ridicolaggine del processo breve ad usum del presidente del consiglio.
    Basti dire che per fortuna c’è Napolitano, altrimenti sarebbe un vero disastro e la fine per quel poco di democrazia che ancora rimane in Italia.

  • Di Ugo Di Girolamo (---.---.---.104) 15 aprile 2011 18:35

    Egregio, se il suo partito avesse a cuore - realmente - di accorciare i tempi dei processi allora dovrebbe portare in parlamento non la riduzione dei tempi di prescrizione o, come pure vuol fare, un termine oltre il quale "chi ha avuto avuto e chi a rate a rate e scurdammece o passato ...", ma dovrebbe proporre un insieme di misure atte a velocizzare le procedure, a riorganizzare la rete dei tribunali, ad assumere altri giudici e soprattutto personale ausiliario. E’ sulle procedure e sull’apparato che dovrebbe esercitarsi l’azione riformatrice per snellire i processi e porre fine ad una vergogna tutta italiana di processi interminabili. Ma il suo capo non ha a cuore la velocizzazione dei processi è notorio, è piuttosto interessato ad allungarli (si veda la proposta al senato di allungare a dismisura i testi che la difesa può chiamare, al solo scopo di allungare i tempi e arrivare alla prescrizione).
     Lei è persona colta, lo dimostra con le osservazioni acute nell’articolo, ma la racconti a qualcun altro che lei e il suo capo siete interessati ad accorciare i tempi dei processi.
     Sullo scontro tra politici (non Berlusconi, ma tutto il ceto politico) e magistratura le consiglio di guardarsi un po meglio la storia unitaria dell’Italia. si accorgerà che per tutto il primo secolo la magistratura è stata sottoposta al potere politico, dopo il 1958 si è finalmente avuta la piena indipendenza dei magistrati dai politici, questa indipendenza è sfociata in tangentopoli. Da allora il ceto politico italiano non potendo affrontare direttamente i magistrati per ridurli nuovamente all’obbedienza si è ingegnato in tre direzioni: 1) rendere quanto più inefficiente possibile la macchina della giustizia, 2) depenalizzare, 3) costituire società di diritto privato (svincolate dalle regole della contabilità di Stato) cui affidare la gestione di funzioni pubbliche (ne esistono 1500 promosse dai ministeri e 14.000 da regioni, province e comuni). Ecco inserisca in questo schema le vicende del suo capo, tutto le sarà più chiaro.

  • Di (---.---.---.138) 15 aprile 2011 19:01

    Mi sa tanto che Napolitano non ha ancora deciso cosa farà da grande, se il Ministro degli Esteri, il Presidente della Repubblia o il passacarte di Berlusconi e Bossi. Ultimamente sta andando un po troppo fuori-zona ed entra fin troppo spesso a gamba tresa ancor prima che i Provvedimenti vengano avallati dalle due camere sui dettagli, in forma strettamente confidenziale con incontri ripetutisi fin troppo spesso nelle segrete del Quirinale con Bossi, Alfano e Berlusconi . Il suo compito è vidimare dopo un’accurata analisi quello che gli viene portato alla firma per essere promulgato. E no accordarsi prima sul cosa fare e come fare !

  • Di Vito Enzo Salatino (---.---.---.91) 15 aprile 2011 22:48

    Non si sa più che dire e pensare leggendo articoli e commenti di questo genere.
    Forse ci sarebbe solo da ridere, per non piangere, quando un presidente del consiglio ne combina e inventa di tutti i colori per evitare i processi a carico suo e dei suoi reati di varia natura, che toccano praticamente tutti i campi della vita umana e civile.

    E nel contempo si sente dire che il presidente della repubblica, senza aver commesso alcun reato apparente, va fuori dalle righe quando gli vengono segnalate e proposte per la firma leggi e disposizioni contro la costituzione, a favore di un personaggio che cerca tutti i mezzi, intrallazi, cavilli e leggi speciali personali per evitare il giudizio e il pubblico processo, obbligatori secondo la legge per tutti gli accusati e sospetti di reati civili e penali, come lui.

    Chi si presume abbia commesso reato, va in tribunale per essere giudicato, senza tante storie e invenzioni, secondo le norme di legge vigenti in tutto il mondo civilizzato e uscito dalla barbarie.
    E’ vero che l’Italia è il paese dei ladri matricolati e della Mafia impuniti, dove essi possono fare i propri comodi senza dover mai rendere conto a nessuno. Però, non esageriamo, perchè altrimenti va a finire che quì ognuno alla fine fa quel ca... che gli pare contro il prossimo, e chi s’è visto, s’è visto.

  • Di paolo (---.---.---.33) 15 aprile 2011 23:32

    Caro Punzi sei proprio un bel volpino .

    La palese incostituzionalità di una legge si evince proprio dagli effetti che essa produce , quindi non è in giudizio la forma ma la sostanza che viene normata , eventualmente comunque a giudicare non sarà la politica nè tanto meno il legislatore , ma sarà l’organo preposto che si chiama , ma guarda che combinazione , Corte Costituzionale .

    Il processo non si rende breve facendolo scadere come la mozzarella di bufala , ma dotando la macchina giudiziaria degli strumenti idonei ed ,eventualmente , semplificando i codici di procedura civile e penale .

    La prescrizione , in ogni caso , è una sconfitta della giustizia perchè premia un colpevole e non risarcisce la vittima e vale anche nel caso che un colpevole non ci sia dal momento che non dirime il dubbio in punta di diritto . Da questo punto di vista è assimilabile alla amnistia con l’aggravante del discrimine sociale , dal momento che imputati eccellenti come il tuo carissimo Silvio dispongono di risorse e di avvocati tali da imballare tutti i suoi processi . Il fatto poi che il processo Mills vada comunque incontro a prescrizione molto probabile , non significa che il nostro premier non possa subire una condanna di 1° grado , che ,politicamente e moralmente , sarebbe tutt’altro che una cosuccia , rovinandogli i suoi sogni di presidenza della Repubblica ( o incoronazione a re d’Italia).

    La cosa veramente stupefacente è vedere come gente matura , magari anche intellettualmente non sprovveduta come suppongo tu sia ,creda ciecamente alla incredibile balla (tra le milioni raccontate ) della persecuzione e del complotto dei magistrati che Silvio racconta per raggirare i babbei .
    Ti suggerisco di informarti meglio sulla vita "politica" ed "imprenditoriale" del nostro premier, sono sicuro che non scriveresti più un articolo come questo .

    ciao 

  • Di Vito Enzo Salatino (---.---.---.91) 16 aprile 2011 13:56

    Stupisce non solo l’articolo e il suo contenuto in sè, come anche il contenuto di alcuni commenti, in cui si sostiene l’attività contro la giustizia e il corso della giustizia praticata dal presidente del consiglio e dai suoi legali, che tra l’altro sono pure rappresentanti in parlamento della popolazione italiana e delle sue leggi, e per giunta pure pagati dagli italiani, oltre all’Avvocatura della presidenza del consiglio, già pagata pure quella dagli italiani, per difendere un tal presidente. 
    Il quale si difende illecitamente (ma quando mai si è vista una cosa simile ?) a suon di nuove leggi inventate di proposito, e a sbafo a carico nostro, dalle accuse di reati che toccano tutti i settori dell’attività umana e dello scibile, dalla corruzione di magistrati, alla corruzione di minorenni e al favoreggiamento della prostituzione, addirittura minorile.
    Cosa che a me, solo per la lettera di un legale per una fesseria qualunque, costa 1.500 Euro, e lasciamo allora perdere cosa ci costano i reati di ogni genere del presidente del consiglio.

    Però non lasciamo perdere la meraviglia sul fatto che pure questo giornale non ha niente da ridire, nemmeno per inciso, pubblicando un articolo inaccettabile, quando un sospetto e accusato di reato a capo di un governo presunto democratico, accusa, tramite parlamentari, i magistrati di analoghi o altrettanti reati con pubbliche concioni, con facce da impuniti che fanno paura, sopratutto per la democrazia e la libertà, anzichè presentarsi e giustificarsi di fronte a capi di accusa gravissimi per chiunque e tanto più per un presidente del consigio, che dovrebbe rappresentare la popolazione italiana di fronte al mondo e a tutti.

    Ma con che facce da sedere ci mettiamo quì a raccontare e questionare di questi fatti, anzichè andare a nasconderci dalla vergogna sotto terra come gli struzzi ?
    Oppure essere accusati di reati gravissimi è ora diventato un titolo di merito, di cui andare orgogliosi, al punto di fare battaglie politiche in nome della libertà di "espressione delittuosa e delinquenziale", e per giunta gloriarsi di fronte al mondo ?

    Ma quì siamo uomini o caporali capi-mafia (senza vergogna), come diceva Totò ?

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