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Morte Gheddafi: il volto della violenza è fatto di immagini

Fotogrammi. Immagini.

“Non sparate, non sparate”. Poi il ragazzino con il cappellino dei New York Yankees e la pistola d’oro: è stato ammazzato Gheddafi. Il popolo in festa, la Libia libera.

Un ragazzino diciottenne è divenuto eroe nazionale.

(I video potrebbero urtare la sensibilità di alcuni)

Tutti; sì esatto - anche tu adesso -, se vai su YouTube, puoi guardare e riguardare come è morto il rais (Basta che scrivivideoshock – Gheddafi ucciso) per “gustare” gli ultimi fotogrammi di vita.

Se però scrivi solo “morte", ti possono reindirizzare al video di Simoncelli (SuperSic) morto in diretta mentre guidava la moto per la competizione. Poverino, è finito con la noce del collo sotto la ruota. Ahimè è stata sospesa il match.

Se scrivi invece “violenza“, compariranno video di black bloc; e i No tav. E Osama Bin Laden, e gli indignati etc.

(Video)

La costruzione semantica di questo discorso, che purtroppo è il linguaggio delle nuove tecnologie, ed è il modo in cui si forma la costruzione del reale come percepito da noi, nasconde un aspetto profondamente ripugnante. La virtualità banalizza tutto rendendolo più disumano. Il virtuale pian piano ci sta abituando a perdere quel contatto empatico col naturale. Diviene difficile distinguere ciò che è reale da ciò che è cinematografico. Così anche assistere in diretta alla morte diviene parte di una narrazione accettata come normale, nonostante disgustosa e in questo c’è qualcosa di orrendo e macabro.

Certo, da sempre la morte del capo rappresenta almeno simbolicamente la morte del suo potere (Da Luigi XVI,Mussolini), ma la narrazione degli eventi oggi è prodotto di immagini sconnesse. Fruibili facilmente a tutti e che sembra appartenere ad un nuovo sotto genere “reality“.

Ancora più repellente sarebbe invece – adesso - riflettere sulle non-immagini; sì. Su tutte quelle violenze che si sono consumate sulle coste libiche, magari ai danni di poveri immigrati, non documentate. Tragedie non registrate, non fotografate. Ma non per questo non esistenti. Anzi quei silenzi sono più assillanti di mille parole. Anche di questo si dovrebbe parlare, incluso il tacito compromesso diplomatico che coinvolge i nostri Paesi.

Purtroppo le immagine parlano per noi, e da un giorno all’altro – se semplicemente si cambia immagine - muterà al contempo l’opinione del pubblico.

E intanto, le immagini cancellano la nostra capacità di ricordare, di analizzare i fatti, di metterli insieme. Di capire. Di riflettere. Di ragionare, di soffrire e compatire. Eppure abbiamo gli strumenti, basta partire da un copia e incolla…

“I rapporti che l’Italia ha con Gheddafi non li ha nessun altro Paese … puntando il dito contro la Libia non si ottiene nulla. Noi non lo abbiamo mai fatto … a noi Gheddafi ci apre le porte di tutta l’Africa … Gheddafi è un modello per il mondo arabo. Ha realizzato una riforma dei “Congressi provinciali del popolo”: ogni settimana Gheddafi va lì e ascolta. Per me sono segnali positivi … Non dobbiamo dare l’impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia, ne pagheremmo le conseguenze” (Franco Frattini17 gennaio 2011)
 ”La conferma del Cnt sulla morte di Gheddafi e’ un dato estremamente importante. Ascolteremo le parole del presidente Abdul Jalil. Credo che se questa fosse davvero la soluzione sarebbe una grande vittoria del popolo libico”. “La Libia sarebbe definitivamente liberata. Si potrebbe costituire quel Governo libico che tutti attendiamo per andare verso elezioni elezioni democratiche. Un grande passo avanti che si e’ concluso in modo tragico, perche’ il dittatore ha rifiutato fino all’ultimo secondo di arrendersi alla giustizia internazionale che non lo avrebbe certamente impiccato, ma giudicato secondo le regole”. (Franco Frattini, 20 ottobre 2011)

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