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Monte San Francesco sopra Velate: la cancellazione repentina di una storia millenaria

"Monte San Francesco sopra Velate: la cancellazione repentina di una storia millenaria", di Andrea Ganugi, Macchione Editore 2009.

All’epoca di Sant’Ambrogio, il Santo vincitore dell’eresia ariana, sui monti che sovrastano Varese vengono erette due torri di avvistamento. Siamo attorno al terzo secolo dopo Cristo: il limes romano, quel confine che divideva l’impero dall’oscuro mondo barbarico, è sempre più minacciato. Sotto quelle due alture passa da sempre un’importante via di collegamento tra nord e sud, attraverso i valichi che conducono alla Svizzera e alla Germania, che va assolutamente protetta.

Ma anche il potente impero crollerà nonostante tutto e in quelli torri si insediano i nuovi padroni: i Longobardi.

Passano i secoli, e tutto quel sistema di vigilanza non serve più: nel 1200 arrivano i francescani, che vi erigono una chiesa.Da allora uno dei due monti si chiamerà Monte San Francesco. Non più i militari abitano le vecchie fortificazioni, ma una comunità di religiosi che diventano punto di riferimento per le popolazioni del luogo, dedite all’agricoltura e all’allevamento.

Ancora qualche secolo e la montagna di fronte si popola grazie alla presenza di un gruppo di donne eremite, che nella seconda metà del 1400 fondano un loro ordine; sono le Romite Ambrosiane, che sono state attratte dalla fama di un monte consacrato alla Madonna: il Sacro Monte per l’appunto, dove da tempo sorge un importante Santuario.

Per almeno cent’anni quelle due comunità, una maschile l’altra femminile, convivono pacificamente e attraggono una gran folla di devoti. Alcuni eventi prodigiosi consolidano la fama dei luoghi. Quando la Beata Caterina Meriggi, fondatrice delle Romite, muore in odore di santità, viene miracolata una bambina sordomuta condotta al suo feretro da un frate del Monte San Francesco.

Ma dalla metà del 1500 tutto cambia.

La Chiesa cattolica è scossa dallo scisma protestante e a Milano si aggrappa ad un nuovo Sant’Ambrogio: il potente arcivescovo Carlo Borromeo.

Anche il Santuario è cambiato: ora la sua custodia è affidata dal Papa proprio alle Suore romite, che non sono più le “ragazze selvatiche” del 1400, ma le rampolle delle più importanti famiglie nobiliari del circondario.

I frati, invece, continuano a vivere di predicazione ed elemosina. Ma le idee eretiche, che dalla Svizzera circolano con i traffici e i viaggi dei mercanti, impongono misure restrittive.

Cominciano le famose “visitazioni” dell’intransigente arcivescovo, che impone rigide norme di sopravvivenza per tutte le comunità religiose più a rischio, proprio perché maggiormente a contatto con i viaggiatori.

Anche la comunità di San Francesco subisce la dura legge dell’arcivescovo e alla fine del 1500 scompare, tra oscuri episodi di frati assassinati e requisizioni di beni.

L’ultimo atto (di una presenza che risaliva ai tempi in cui il “poverello d’Assisi” era vivente) vede l’unico eremita, che ancora dimorava in una chiesa ormai abbandonata, custodire con ostinata fedeltà una “bellissima e preziosa statua della Vergine”.

Ma gli uomini dell’arcivescovo gliela sottraggono e il vecchio viene scacciato da un luogo che, per decreto, è ormai sconsacrato.

La statua ora è in una chiesa parrocchiale sottostante e qualcuno, forse lo stesso arcivescovo dell’epoca, l’ha sistemata in un’ edicola che così recita in latino: “Pater sum cum bene agetis cum vero male iudex”. Sono il Padre e giudico il Male con il Bene e la Verità.

I termini della “giusta gerarchia” sono così stati ristabiliti. 

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