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Monaci suicidi, il Tibet si chiude

Come ogni anno, nell'anniversario della rivolta di Lhasa del 1959, crescono le proteste dei tibetani, in parte esclusi dallo sviluppo economico del loro paese, ormai cinesizzato. I monaci s'immolano in pire umane per protestare contro la chiusura dei monasteri e la trasformazione del buddhismo tibetano in uno spettacolo per i turisti.

Continuano ad immolarsi, giovani e disperati, i monaci tibetani. Sono ormai 23 di cui 3 monache. Gli stanno chiudendo i monasteri, non vedono opportunità in un paese cinesizzato dove il buddhismo sta diventando solo un attrazione per i turisti. Non c’è neanche speranza fuori, a parte la solidarietà a parole, la Cina è troppo potente e ricca perché l’Occidente faccia qualcosa.

L’ha capito il Dalai Lama che s’è ritirato e anche il suo erede spirituale il Karmapa che ha chiesto ai giovani monaci di cessare questi atti inutili e disperati. Lo stesso dovrebbe fare, con forza, Lobsang Sangay, il capo del Governo tibetano in esilio.

Nei monasteri sperduti di Tridu, della provincia di Aba i monaci marciano e protestano mantendno alta la tensione con gli occupanti (ormai diventati abitanti) cinesi. Nel Sichuan non hanno dimenticato gli scontri del 2008. Per evitare problemi e testimoni, come sempre a marzo ricorrenza della Rivolta di Lhasa e la fuga dela Dalai Lama nel 1959, il Tibet viene chiuso agli stranieri. Anche i pastori e venditori nepalesi si sono visti sbarrare le frontiere a Taplejung, nel Nepal orientale. 

Purtroppo non si può tornare indietro e il Tibet antico lo possiamo solo vedere e immaginare in questo documentario del 1934.

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