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 Home page > Tribuna Libera > Libia: incrociare le dita e sperare

Libia: incrociare le dita e sperare

In Libia so solo che c'è una guerra; so che della gente muore e che altra morirà. Del resto so poco o nulla.

Non riesco a condividere l'entusiasmo, anzi il tifo, con cui la maggior parte dei nostri media segue l'avanzata dei ribelli; non capisco perché dovrei essere felice del fatto che un gruppo di ex aguzzini del regime di Gheddafi stia per scalzare dal potere quello che è certo un tiranno sanguinario, ma che, appunto, è stato per decenni il loro capo

Non comprendo, soprattutto, perché questo cambio di regime debba essere di beneficio ai cittadini libici; quali libertà in più godrebbero con i nuovi governanti e quanto maggiore sarebbe la fetta destinata loro della torta petrolifera del paese.

Forse, può essere, magari, le cose andranno proprio così: la Libia si trasformerà in una vera democrazia e le risorse del paese saranno gestite da un'integerrima classe dirigente per il solo beneficio del suo popolo.

Le probabilità che accada tutto questo, viste le biografie dei capi del Consiglio Nazionale di Transizione, l'organo che "guida la rivoluzione del 17 febbraio", mi paiono minime.

Il Segretario Generale del CNT, per fare un esempio, è il sessantenne, o quasi, Musṭafā Abd al-Jalīl, una carriera tutta dentro la magistratura al servizio di Gheddafi conclusasi con la nomina, nel 2007, a ministro della giustizia. Con lui, membro del ristretto Comitato di Crisi che più direttamente gestisce le iniziative dei ribelli, è pure Ali Abd al-Aziz al-Isawi, responsabile dei rapporti internazionali, che si è scoperto fervente democratico alla soglia dei cinquant’anni quando, dopo aver fatto carriera nel ministero degli esteri, era ambasciatore di Gheddafi in India.

Ben poco si può sapere di quel che accade davvero sul terreno. Le informazioni che arrivano sono tutte palesemente falsate e spesso apertamente contradditorie, come c'informa Annalisa Melandri con il suo intenso e ben documentato articolo pubblicato da AgoraVox: la CNN parla, nello stesso servizio su Tripoli, di folle festanti e strade deserte per paura dei cecchini; la Reuters titola: “la folla celebra”, ma non rilascia nessuna fotografia di questi straordinari festeggiamenti. Al Jazeera i festegiamenti li trasmette in diretta, ma tutto quel che si vede sono alcuni uomini armati sollevare i kalshnikov alle spalle della giornalista.

Io, che di Libia non so proprio niente, cerco di tradurre la situazione in italiano. Immagino che, al prezzo di continui bombardamenti e mesi di guerra civile, Berlusconi venga deposto per essere sostituiro da un governo capeggiato da Angiolino Alfano e con Franco Frattini ministro degli esteri. Sono un antiberlusconiano antemarcia, anzi ante discesa in campo, ma di festeggiare, in un caso del genere, non avrei proprio voglia.

Parlando di Frattini, il nosto ineffabile ministro degli Esteri si sta dando un gran daffare per mettere in mostra la propria irrilevane figura.

E’ riuscito, contemporaneamente, a dire che Gheddafi e figli devono essere processati dal tribunale dell’Aja (spero siano così fortunati; l’ultima volta che abbiamo liberato un paese, abbiamo democraticamete impiccato il dittatore locale dopo una farsa di processo) e che si rallegra perché “ il Trattato d’Amicizia verrà rivitalizzato”. E stava parlando proprio del trattato, peraltro confermato dal CNT, che il suo governo aveva siglato, tra un baciamano e l’altro, con il feroce quasi ex dittatore.

Un tempo di gente così si diceva che avessero la faccia come il didietro. Oggi come si dice?

Io so che davanti il tribunale dell’Aja vorrei vedere tutti i complici del regime di Gheddafi e, soprattutto, i responsabili del trattamento disumano riservato ai migranti rimandati in Libia dopo esser stati intercettati mentre erano in rotta verso l’Italia. Con Gheddafi e figli vorrei veder sedere Bossi e Berlusconi, Maroni e La Russa oltre che lo stesso Frattini che di quel trattato, e della legge sui respingimenti in mare, è stato parimenti artefice.

Un'ultima considerazione, mentre mi auguro che la Libia trovi una propria via verso il futuro.

Per certo una risoluzione ONU è stata palesemente violata in questi mesi, ma non sono tanto ingenuo da pensare che, per questo, un tribunale intenazionale giudicherà anche il signor Obama ed suoi colleghi. Parlo della risoluzione 1973 che autorizzava la comunità internazionale ad istituire una zona di divieto di sorvolo sulla Libia oltre a chiedere un immediato cessate il fuoco. I bombardamenti che tanta importanza hanno avuto, e stanno avendo, nel determinare la caduta di Gheddafi sono una libera interpretazione di questa risoluzione. Tanto libera da far apparire quel documento carta straccia e la volontà delle nazioni unite un pio desiderio.

Se il buon giorno si vede dal mattino, per la Libia c’è poco da festeggiare; solo da incrociare le dita e sperare.

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