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Le pulizie della Lega, i leghisti e la legislatura che verrà

Il gran consiglio leghista alla fine ha deciso per l’espulsione dal partito di Rosy Mauro e Francesco Belsito. Nessun provvedimento contro Renzo Bossi, forse perché figlio del gran Capo, come vorrebbero i maligni, o forse perché sarebbe stato disumano infierire su qualcuno già condannato ad essere il Trota a vita. Con questo, dopo aver tagliato la testa al tesoriere fedifrago e all’opportunamente meridionale vice-presidente del Senato, ha dichiarato il grande moralizzatore,  Roberto Maroni, la pulizia interna alla Lega è “quasi finita” e il movimento è pronto a ricominciare a “fare politica”.

E sarà davvero così, con gran delusione di chi, non conoscendo la base leghista, si era aspettato che le vicende d’abigeato aviario (da ladri di polli), che hanno per protagonisti i suoi salmonidi, avrebbero provocato per il movimento di Bossi qualcosa più delle perdita, se davvero ci sarà, di una manciata di voti.

L’elettorato leghista infatti, pur amaramente deluso da quel che è venuto a sapere della gestione dei fondi del partito, non si è certo ravveduto; non ha compreso gli orrori insiti nel leghismo, né ha rifiutato con disgusto le idee del sangue e della razza che della Lega sono il cuore oscuro (no, mio ignobile Bobo, non ci avete solo “marciato” con il razzismo; è stato, da quasi subito, una delle vostre “idee” forti). Di più: sarebbe rimasto leghista “dentro” (come lo sono milioni d’italiani, anche tra coloro che non voterebbero mai Lega, anche tra quelli che vivono nel Sud), anche se la Lega si fosse disciolta.

Scomparsi Bossi ed i suoi colonnelli dalla scena, avrebbe continuato a condividerne il perverso sistema di valori. Avrebbe continuato a proclamanre la propria differenza; la propria superiorità etica, se non etnica, rispetto al resto del paese. Il proprio appartenere, se non ad una razza eletta, ad una civiltà ed una cultura diverse e superiori rispetto a quelle italiane di cui, peraltro, spesso nega l’esistenza. Si sarebbe disperso, forse, ma solo per il brevissimo tempo necessario trovare un nuovo capo, un nuovo profeta che, dopo averlo assolto da ogni responsabilità (i leghisti sono eterne vittime: i loro nonni non furono fascisti, i loro padri non votarono mai DC e loro non sono mai stati Craxiani. Alla peggio avrebbero dimenticato d’essere stati sul pratone di Pontida), gli avesse ripresentato gli antichi, e chissà quali nuovi, ideali.

Ideali sempre e comunque d’accatto, stracci per coprire la realtà di una miseria morale che possiamo costatare proprio in questi giorni. Dopo aver sopportato tra le proprie file Borghezio e Salvini, aver applaudito le criminali farneticazioni di Bossi, aver abbozzato di fronte ad ogni suo tatticismo, essere rimasti in silenzio mentre il proprio partito governava a fianco di Berlusconi, votava una dopo l’altra le leggi fatte nel suo interesse, e salvava dai giudici mafiosi e corrotti, i leghisti si sono indignati solo in questi giorni, come se il “federalismo”, l’obiettivo a cui tutto poteva essere sacrificato, valesse meno di un mezzo pieno di benzina.

Reazioni che, paragonate al silenzio di anni, spiegano perfettamente quale sia il valore che sta alla base del leghismo: quello della “roba”; del “mio” da difendere con le unghie e con i denti, mentre poco importa quel che accade al denaro di tutti (Basti pensare agli incarichi e agli stipendi accumulati da Renzo Bossi, pur con la preparazione e le doti intellettuali che ha sempre palesato, senza che vi fossero particolari proteste).

Una totale mancanza di senso dello Stato, quella dimostrata dai leghisti (il Trota in Regione? Beh, c’è anche la Minetti...), del tutto simile a quella di tanti altri italiani di ogni angolo della Penisola, che fa sorridere al pensiero del loro voler diventare svizzeri (questa, per chi non lo sapesse, è l’ultima moda presso i miei conterranei lombardi, non solo leghisti).

Farebbe sorridere, sarebbe meglio dire, come molto dello strampalato folklore bicornuto, se la Lega, nella più assurda delle assurdità dell’assurda seconda Repubblica, non avesse governato il paese fino a ieri. E potrebbe benissimo tornare a farlo.

Una follia, quella della presenza al governo di un partito che aveva tra i propri scopi dichiarati la disgregazione dell’unità nazionale, di cui si è certo reso colpevole Berlusconi, che per risolvere i propri problemi si sarebbe alleato pure con il demonio, ma di cui sono stati complici anche il “liberale rinato” Fini e lo stesso Casini.

Una pazzia che ha contagiato anche i dirigenti della sinistra che con la Lega hanno fatto più d’un giro di valzer, dal D’Alema dei tempi del ribaltone (la Lega costola della sinistra) al Bersani di pochi mesi or sono.

Il contrario esatto di quello che, guardando al passato, si sarebbe dovuto fare: aggiornare la “pregiudiziale democratica” che teneva fuori dai giochi il vecchio MSI in una “pregiudiziale nazionale” che confinasse la Lega in un angolo del Parlamento. L’angolo dove dovrebbe restare, per quanto “ripulita” possa essere, perlomeno a partire dalla prossima legislatura. 

Tollerata, come doveroso in una democrazia, ma nulla più.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.59) 14 aprile 2012 18:19

    A proposito del rapporto con la lega di D’Alema e Bersani, ho inghiottito con difficoltà il primo, ma mai farò altrettanto con il secondo. Un rapporto più che quarantennale con PCI e seguito si è rotto proprio quando Bersani ha lasciato passare il cosiddetto federalismo fiscale. Ora lo sto attendendo al varco, se approverà il ridimensionamento delle intercettazioni e la cosiddetta responsabilità del giudice perderà anche il voto. 

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