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 Home page > Tribuna Libera > Lavoro Vs salute. Non c’è scampo?

Lavoro Vs salute. Non c’è scampo?

Per quanto abbia cercato e ricercato, su La Repubblica on line non ne ho travato traccia, nemmeno un trafiletto. Eppure si tratta di uno dei giornali più letti e seguiti. Ma niente di niente. E questa, se qualcuno avesse dei dubbi (ancora?) è l'ennesima riprova di quanto obiettivi siano i giornali e i giornalisti, e di quanta "informazione" forniscano.

 
 

Lo stesso varrebbe per notizie poco edificanti sulla Fiat per La Stampa e nessuno escluso. Quando gli editori non sono editori ma istituti finanziari, imprenditori ecc la questione si amplifica. Mi riferisco alla notizia dell'inchiesta della procura di Torino sulle morti per amianto dei lavoratori dell'Olivetti. E non si trattava di materiale di copertura o nascosto nei quadri elettrici o di coibentazione, nascosti all'occhio, ma nocivi per chi respirava quell'aria. No!

Si trattava di una polvere bianca, quasi borotalco, piacevole al contatto, dichiarano alcuni lavoratori superstiti. Quella polvere veniva usata nella normale lavorazione delle macchine da scrivere, per esempio. Veniva regolarmente manipolata per facilitare l'inserimento dei piedini di supporto alle macchine o spalmate sui rulli di gomma dove veniva inserito il foglio di carta (per i giovani probabilmente parlo alieno, visto che forse non hanno mai visto una macchina da scrivere, quasi stessi parlando di martello e scalpello per incidere le tavole di pietra, o la penna d'oca per scrivere su pergamene). Rendeva scivolosa la gomma e meno appiccicaticcia. Facilitava il montaggio. E gli operai vi ci immergevano le mani nude (niente di male) ma soprattutto ne respiravano a pieni polmoni (un po' di più).

Ma Olivetti, quel sant'uomo, l'uomo della Provvidenza, l'uomo partigiano che aveva combattuto i tedeschi e i nazifascisti, l'imprenditore illuminato, un faro e un simbolo per tutta quella cultura o ideologia che crede(va) che il Capitalismo può avere anche un volto umano. Può sfruttare, ma utilizzare il profitto anche a fin di bene.

Che l'amianto fosse pericoloso venne scoperto nel Regno Unito nel 1930 a seguito di pionieristici studi medici che dimostrarono il rapporto diretto tra utilizzo di amianto e tumori. Quindi anni prima che il Cavaliere Adriano Olivetti prendesse la guida della fabbrica. E ancora prima che quella polvere venisse usata massicciamente nella costruzione della prima macchina da calcolo (nel 1940 comparve la prima addizionatrice Olivetti, seguita nel 1948 dalla Divisumma 14; la famosa Lettera 22 venne nel 1950).

Dunque i tecnici e la stessa dirigenza "illuminata", se avessero voluto, potevano sapere e conoscere.


Ma non è questo il problema (non voglio soffermarmi su questo aspetto). Ma riprendo la voce del sindaco di Ivrea, Carlo Della Pepa che dice, respingendo il paragone con i morti d’amianto di Casale Monferrato: «Non demonizziamo la storia della Olivetti, qui non ci troviamo di fronte ad un altro caso Eternit. È tutta un’altra vicenda». Una fabbrica che era «mamma» prima e che tale è rimasta. Nonostante i morti.

La Olivetti e i suoi padroni erano la mamma, ma non trattava come figli i suoi operai. Sì è vero, abbiamo respirato amianto, ma la Olivetti ci ha dato il pane e ha reso ricca questa provincia. Ecco il nocciolo della questione, come a Taranto, come a Napoli e come in molte parti nel mondo si baratta il lavoro con la salute. Sì, è vero, meglio rischiare di morire in fabbrica che morire di fame senza lavoro. Questa è la filosofia alla base.

Possibile che a questo dilemma che lo sviluppo di una società capitalistica ci mette di fronte non vi sia via di scampo? Che questa sia l'unica strada percorribile?

Io non ci credo, anzi, penso che vi è assolutamente un'altra strada. Ma è su questa ineluttabilità, su questa inevitabilità che hanno espresso anche i lavoratori di Ivrea, come quelli di Taranto, che occorre intervenire e che occorre sconfiggere. Da qui passa la sconfitta culturale dell'ideologia capitalistica.

 

Foto: Wikimedia

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