• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > La legge di stabilità e le occasioni mancate

La legge di stabilità e le occasioni mancate

Ieri il governo Letta ha emanato, dopo lungo travaglio, la legge di stabilità alias finanziaria, che naturalmente, per l’approvazione finale dovrà passere per le Camere, quindi è facile prevedere che riceverà altre modifiche dettate sempre dai precari equilibri presenti nella coalizione che sostiene il governo.

Da più parti è stata valutata con freddezza e in qualche caso con netta disapprovazione, perché essenzialmente è difficile intravedere in essa una tappa per un programma di rilancio della nostra economia. Accontentiamoci, per il momento, che non sono previsti altri tagli alla Sanità e che si prevedono qualche spicciolo nella busta paga, che sicuramente saranno ampiamente volatizzati dall’aumento delle tasse locali, con le quali si sta giocando, negli ultimi mesi, solo a cambiar sigle, ma che sostanzialmente comporteranno per tutte le famiglie un aumento dell’Imu e sulle imposte relative ai rifiuti urbani.

Che cosa, invece, avrebbe potuto fare il governo? Destinare le dismissioni dei beni dello Stato per abbattere il debito pubblico e non per le spese pubbliche: la somma ricavata sarà minima, ma vale il principio che quello che appartiene a tutti, se viene venduto deve andare a beneficio di tutti. Nella legge di stabilità non avremmo voluto ritrovare ancora rifinanziamenti per le missioni all’estero, che nello stato di crisi e di indebitamento in cui ci troviamo, non possiamo più permetterci, come se fossimo ancora una nazione benestante.

Anche sul tema delle pensioni, parlare di stretta su quelle d’oro, nella direzioni di non indicizzare le pensioni superiori ai 3000 euro è semplicemente ridicolo! Da un governo serio potevamo attenderci, diversamente, non la mancate indicizzazione delle pensioni medio-alte, ma il taglio delle pensioni superiori ai 5000 euro e contestualmente il taglio di tutti gli stipendi al di sopra di questa cifra. Penso allo scandalo di più di 33000 pensioni che in Italia superano i novantamila euro al mese (sic!) e gli stipendi di parlamentari, funzionari dello Stato, compreso quelli della Corte Costituzionale e degli alti gradi della Magistratura, che superano i trecento/quattrocentomila euro di stipendio mensile! È una vergogna che meriterebbe vere insurrezioni popolari; invece in piazza dobbiamo ancora assistere alle sceneggiate di quattro deficienti, come si è verificato ad Albano, dove hanno manifestato a favore del boia nazista Priebke!

Ritornando alle misure del nostro governo, gli unici tagli che avremmo voluto vedere, riguardano gli stipendi e le pensioni d’oro, insieme alle spese inopportune a sostegno delle missioni all’estero (ricordo l’acquisto di qualche mese fa di 10 bombardieri da 150 milioni di euro ognuno). Avremmo voluto vedere la cessazione di questi salvataggi di grande aziende, come l’Alitalia, che si gestiscono male e stanno da anni in deficit, ma troppo spesso, prontamente, lo Stato interviene con il denaro pubblico, gestito dai soliti grandi imprenditori privati, che dopo aver causato la crisi di altre aziende (vedi Telecom) investendo soldi pubblici, per demeriti acquisiti, li ritroviamo di nuovo a gestire, con i soldi delle Poste (ma di chi sono, se non dei risparmiatori?) le pessime strategie dell’Alitalia: basta ricordare che un biglietto Roma-Milano dell’Alitalia costa di più rispetto al volo Roma-New York di un’altra compagnia di volo!

Di converso, avremmo voluto vedere un’azione concreta a sostegno della piccola e media industria, che è sempre stata l’ossatura economica dell’Italia, sicuramente più fedele al territorio, invece di queste grandi aziende (ricordo anche le vicende della Fiat) che dopo i vari sostegni statali, negli scorsi decenni, ora fanno la voce grossa e minacciano continuamente di spostare tutti i loro stabilimenti fuori dall’Italia.

Insomma, nonostante la buona volontà e la pazienza, accenni di svolte da parte del governo non si vedono… occorrono sicuramente alcuni anni per una svolta, ma se il buongiorno si vede dal mattino, c’è poco da sperare.

 

Foto: Alessandro Capotondi/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares