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La Camorra: una Terra Vergine

La terra vergine non va dissodata in superfice con un aratro leggero, ma in profondità con un vomere affilato (dagli appunti di un proprietario agronomo).

Ti senti bene quando, durante il periodo natalizio, passeggi lungo i vicoli di San Gregorio Armeno, dove quel che resta dell’arte presepiale napoletana resiste, con i suoi pregevoli manufatti, alla concorrenza cinese.

Ti senti rinascere quando, sotto la calura estiva, decidi di prendere un aperitivo a Mergellina o alla riviera di Chiaia, quando non hai niente da fare e camminando lungo via Partenope ti lasci affascinare dalle bellezze del golfo di Napoli.

Sei contento di vedere per strada decine di giovani universitari della Federico II che portano nelle loro cartelle sogni ancora da realizzare.

Capisci infine che questa terra ha ancora molto da dare, che c’è ancora una speranza a cui aggrapparsi per non sprofondare nell’angoscia e nel terrore per il domani: i giovani, con le loro facce pulite e i loro ideali ancora in uno stato embrionale, possono far rinascere questa città, ma non da soli.

Questi giovani non possono farcela, da soli, a cancellare anni di oppressione camorristica, anni di malaffare e di collusione mafiosa.

Basta spostarsi nell’hinterland e subito ti rendi conto dello stato in cui versano interi quartieri, completamente abbandonati al loro greve destino, dove si vede un succedersi di palazzi fatiscenti mai ristrutturati, dove le fogne sono a cielo aperto, dove le strade si allagano appena cadono quattro gocce di pioggia.

Interi centri abitati, come Gianturco o San Giovanni a Teduccio, o ancora Ponticelli e Barra, vengono colpevolmente lasciati nelle mani dei boss locali per essere destinati all’attività di spaccio o di altri traffici: per non parlare poi di Scampia, di Secondigliano...

Ci sono intere aree extraurbane che sembra siano state costruite apposta per coprire le attività illecite dei clan: e infatti secondo quanto emerge dalle inchieste della magistratura, piuttosto che dalle sentenze di vari processi penali, quello delle costruzioni è stato per anni il settore chiave per parecchie organizzazioni malavitose, a cominciare da quella Casalese.



A partire dagli anni ottanta, e fino all’inizio degli anni novanta, la mafia casalese ha fatto affari d’oro con gli appalti pubblici, attraverso la costituzione di consorzi, quali il Covin o il Cedic piuttosto che il Procal, che rappresentavano veri e propri comitati d’affari tra camorra e imprenditori del settorre edile collusi.

La camorra ha fatto in questo periodo un vero salto di qualità, non bastavano solo le intimidazioni o le richieste di tangenti, ma ha voluto gestire direttamente il settore, cooptando imprenditori i quali potevano trarre enormi vantaggi dalla loro collusione, e diventando parte integrante del sistema: attraverso le carature, si assicuravano la ripartizione di appalti miliardari.

Tutto il settore del calcestruzzo, delle cave, degli inerti, del movimento terra, è stato gestito per anni con questo metodo.

E’ sufficiente leggere qualche stralcio del processo Spartacus per rendersene conto: quando l’organizzazione camorristica consente al singolo imprenditore di ottenere l’appalto o il subappalto, o al gruppo di imprenditori di mantenere il controllo del mercato, pur praticando prezzi più alti, è il caso del Covin o del Cedic, il pagamento della tangente non assume la valenza di un prelievo estorsivo, ma quella di corrispettivo per il servizio prestato, cioè per l’ottenimento del lavoro o per l’esclusiva nella distribuzione del prodotto.

Nel 1992 è bastato l’intervento dell’Antitrust che ha di fatto, caso unico in tutta Europa, sciolto il Cedic, per ricondurre il clan dei casalesi verso il guadagno parassitario estorsivo, come lo definisce Rosaria Capacchione nel suo libro, L’oro della Camorra.

Oggi quel sistema apparentemente non esiste più, ma i quartieri, le case, le scuole, le carceri e fino ai marciapiedi, a Napoli e in provincia continuano a costruirle la camorra coi suoi imprenditori manutengoli.

La magistratura continua ad indagare il malaffare, ma se fosse aiutata anche da quella classe borghese fatta di liberi professionisti quali avvocati, geometri, architetti, costruttori edili, notai etc., questa non sarebbe più la terra vergine della camorra, ma potrebbe diventare una terra di opportunità per quelle facce pulite con la cartella piena di sogni. 

Il vomere affilato deve colpire l’economia mafiosa e non basta l’aratro leggero che colpisce, con gli arresti, singoli individui che, a torto o a ragione, vengono ritenuti i boss.

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