L’implacabile giustizia dei Mullah nell’Iran dei nostri giorni

Fatemeh ha 15 anni ed è rinchiusa in un carcere iraniano dove a breve sarà impiccata. La colpa? Avere ucciso il Mullah, al quale era sposata per imposizione dei famigliari.
Ma perché questo delitto? Perché osare così tanto sfidando la sorte che senza dubbio le sarebbe toccata?
Quella di Fatemeh (che in arabo significa figlia del Profeta) è una storia che risale ad alcuni mesi prima della condanna. Risale ai tempi in cui la zia, sorella di suo padre, muta e sorda, fu promessa in sposa al Mullah, il quale aveva già due mogli ma se ne era stancato e ne desiderava una terza.
Alla madre di Fatemeh, serva e complice di tradizioni antiche alle quali difficilmente una donna iraniana riesce a sottrarsi, non sembrò vero di potersi sbarazzare dell’ingombrante cognata che viveva in casa sua e a causa della menomazione era considerata un peso.
Una donna iraniana che non sia nemmeno “sposabile” è proprio un fardello insopportabile. Soltanto Fatemeh che era molto affezionata alla zia con la quale aveva un’affinità di sentimenti e passioni, sentiva crescere dentro di sé la ribellione verso un destino così ineluttabile.
Fu così che la zia, “la Muta” (come la chiamavano tutti) fu dai famigliari promessa in sposa al Mullah allo scopo di ingraziarsene i favori. Ma la donna, bella e sensuale agli occhi della bambina Fatemeh, compì un gesto che nessuno in famiglia e in paese le avrebbero mai perdonato. Una notte fuggì di casa, si recò dall’uomo del quale si era invaghita e il mattino seguente si fece trovare dai gendarmi a letto con l’amante.
Lo scandalo divenne agli occhi della comunità un delitto di “lesa maestà” e dalla somma autorità, il Mullah appunto, fu visto come un adulterio benché il matrimonio non fosse neppure stato celebrato.
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