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L’immagine di Osama Bin Laden (Parte I)

L'uccisione di Osama Bin Laden è un evento che ci permette di trarre un primo bilancio sul terrorismo in quest'ultimo decennio. Cercheremo di mettere in luce alcuni aspetti poco conosciuti in un percorso sviluppato in una serie di articoli.

In questo primo articolo di introduzione ci soffermiamo sull'immagine di Osama Bin Laden vista dalla prospettiva americana; partendo dalla definizione - quasi teologica - del male definito in modo sfumato e genrico per ottenere consenso attraverso una chiara strumentalizzazioni politica.

L'inaspettata notizia dell'uccisione del terrorista più ricercato al mondo, Osama Bin Laden, ha scosso il mondo, generando un flusso continuo di notizie che si rincorrono sui quattro angoli del globo. L'evento della sua morte ha catalizzato l'attenzione mediatica di tutti, dal web alle TV, trasformando quella notizia in una sorta di "racconto collettivo" che ci riporta dieci anni indietro; le immagini dell'11 settembre ritornano sui nostri schermi televisivi, riportando lo spettro del terrorismo al centro dei nostri discorsi, delle nostre paure o speranze: sembra quasi che la sua morte sia l'occasione che ci permette di trarre un bilancio di questo decennio; permettendoci di chiudere (?), almeno parzialmente, un discorso aperto all'inizio del nuovo millennio che si apriva tragicamente col peggiore attacco terrorista che l'occidente avesse mai conosciuto.

Non appena è stata confermata la notizia della morte del leader numero uno di Al Quai-da, il popolo americano è sceso in piazza esultando e festeggiando, esprimendo con un urlo di liberazione o un senso di gioia da anni dimenticato. Quella notizia ha spezzato un incubo che si legava all'inconscio collettivo occidentale: l'incubo del terrore fondamentalista di matrice islamica

Si è detto e scritto molto sulla persona di Osama; ma per comprendere come questa figura abbia influenzato le nostre paure più nascoste, incubo collettivo dell'occidentale, bisognerebbe partire dal suo personaggio. Dal significato della sua immagine e dal modo in cui viene rappresentata sui nostri media

L'immagine di Osama non è semplicemente l'immagine del terrorista più ricercato al mondo, o il leader della più pericolosa organizzazione terroristica, non è soltanto il regista del peggiore attacco terroristico che l'occidente abbia mai conosciuto: è qualcosa di più, di peggiore; qualcosa che colpisce subito l'inconscio di noi occidentali. Osama Bin Laden è sempre stato rappresentato come un fantasma, una figura poco definita e definibile, proveniente da un luogo e uno spazio poco determinato e localizzabile, che irrompe con violenza nelle nostre case, sotto forma di video messaggi. Irrompe nella nostra dimensione domestica. La sua immagine appare all'indomani dell'11 settembre come uno spettro per noi occidentali, e subito si definisce come un qualcosa di inconcepibile per la nostra cultura. Come è possibile concepire, per noi edonisti occidentali, il senso della "guerra santa": come possiamo, insomma, accettare l'idea che ci siano persone disposte al sacrificio della propria vita, considerato addirittura martirio, per ammazzare altri esseri umani?

Per rispondere a questi interrogativi bisogna comprendere la simbologia della figura del leader di al Quaida, in quanto filtrata dai valori culturali occidentali, in particolare dalla cultura americana. 



- L'intervento televisivo di Obama, ripreso poi a livello ideologico anche dai nostri media (vedi Giuliano Ferrara), è in sintonia con "il linguaggio" di Bush in quanto gonfio di quella retorica protestante nazionalista americana: si percepisce immediatamente l'identificazione di Osama Bin Laden con il male; è anzi l'incarnazione del male assoluto, appare come una sorta di figura diabolica. Quasi non realistica.

L'aspetto teologico, i riferimenti biblici, non sono un aspetto secondario; anzi rappresentano un elemento fondamentale per la macchina di consenso funzionale all'ideologia a guerrafondaia degli Usa. Ci ricordiamo ancora l'ormai celebre espressione "Axis of Evil" di Bush? Questo espressione esprime il vero background religioso americano.

La categoria del male assoluto serve come forma di legittimazione; serve per conferire maggiore autorità alla propria azione. In accordo con una certa tradizione puritana (We are chosen), Il "God bless America" pronunciato dai vari presidenti (incluso Obama) serve per collegarsi ad un altro mito americano, quello dell'eccezionalismo: "Noi americani abbiamo una missione civilizzatrice, una missione data da Dio". L'uccisione di Bin Laden non è soltanto la vittoria contro il terrorismo, ma è la vittoria contro il Male. Noi (americani, occidentali) rappresentiamo il bene vs il Male (fondamentalisti-terroristi).

Questa semplificazione, figlia a della visione manichea del protestantesimo, è stata possibile solo dopo e grazie all’11 settembre: la figura dai contorni sfumati di Osama è stata strumentalizzata per la politica estera americana in un momento storico di smarrimento. Imparando dalla lezione di Schmitt, il primo compito della propaganda politica è - infatti - la creazione dell’aspetto visibile del nemico, costruendone e offrendone un immagine riconoscibile. Vi era, all'epoca, un certo disorientamento e difficoltà nella schematizzazione del nemico, si è cercato prima di sintetizzare questa immagine attraverso la raffigurazione dei boss e dei cartelli dei narcotrafficanti, poi attraverso la definizione degli “stati canaglia” (Saddam, Noriega, Milosevic, Aidid). Tuttavia, solo dopo e grazie all’11 settembre, si è riuscito a creare e schematizzare un immagine visibile e riconoscibile del nemico: Bin Laden e al-Qaida come sintesi delle diverse realtà islamiche ,con la differenza che il nemico, questa volta, non è più localizzabile attraverso chiare coordinate spaziali (e.g. la Russia), ma il nemico è il Network Al Qaida (potenzialmente chiunque) ed è quindi ancora più facile la strumentalizzazione politica dell’immagine del nemico (Cosa significa infatti guerra al terrorismo?). La dicotomia "Bene Vs Male" è servita per mascherare la policromia di realtà che ci sono nel mondo islamico, le enormi diversità tra culture e realtà diversissime (pakistane, Iran, Marocco o Turchia); cioè per esemplificare, al telespettatore medio occidentale, l'immagine del nemico, ottenendo in questo modo maggior consenso servendosi anche di quel linguaggio teologico. 

"Una nazione unita sotto Dio" così, infatti, ha commentato Obama l'annuncio della morte del terrorista più ricercato al mondo, espressione ripresa enfaticamente anche da Giuliano Ferrara; che trova una certa conferma simbolica anche tra i nostri politici: vedi l'utilizzo generico che hanno fatto Berlusconi e Casini del termine "male"; facendo riferimento allo stesso universo simbolico, cioè alla una vittoria contro il male.

Quello che cercheremo criticare nei prossimi articoli non è tanto il giudizio morale (condivisibile) su Osama Bin Laden (che rimane un terrorista spietato), ma dell'uso improprio strumentale di quell'immagine e di quel linguaggio che si è fatto. Mostreremo come esiste in Usa un fondamentalismo cristiano uguale a quello islamico e come sia possibile demistificare quella dicotomia, che vede il Bene corrispondere al benessere della democrazia americana e il male ad un vago e astratto mondo arabo poco civilizzato, partendo proprio dalle primavere democratiche del Mondo Arabo. L'esultanza di un giovane tunisino alla morte di Osama Bin Laden mostra come la lotta al terrorismo non è la missione di una sola nazione e non è monopolio di una sola cultura, così come la democrazia non è l'espressione solo della cultura occidentale, ma sono valori universali esprimibili anche nella cultura araba. 

Nel prossimo articolo cercheremo di sciogliere questo nodo. 

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.99) 3 maggio 2011 14:13


    Ottimo articolo e ottimo argomento!

    L’analisi dell’immagine di Bin Laden e’ interessante per capirne gli effetti, ma e’ ancora piu’ illuminante perche’ contiene forti indizi su chi ha costruito quell’immagine.

    Il primo indizio riguarda proprio il fatto che quella immagine e’ costruita intorno alla guerra santa, ma molto piu’ in funzione di "male" e di "nemico" piuttosto che di "bene", e cio’ porta proprio a quegli ambienti fondamentalisti protestanti che tu citi e che sono descritti in "il potere occulto di G W Bush" di E Laurent, che certamente tu conosci.

    Il secondo indizio porta alla societa’ segreta Skull and Bones, che era una societa’ segreta interna alla marina militare britannica, che gestiva la pirateria e non solo.
    La (o "le"?) S&B si e’ riprodotta con la filiazione marina britannica - marina statunitense, e molti sostengono che oggi costituisca l’ossatura della CIA. Le chiese e le sette metodiste fanno da fucina culturale e religiosa, ma i "fatti" vengono programmati ed attuati in societa’ segrete come la S&B.

    Il terzo indizio riguarda la pessima immagine di questa eliminazione di Bin Laden: talmente diversa che fa pensare che la regia sia cambiata...

    Geri Steve

  • Di pv21 (---.---.---.109) 3 maggio 2011 19:57

    Mission impossible >

    Secondo la mozione della maggioranza le “azioni mirate” da svolgere in Libia devono essere “esclusivamente a difesa” di nostri velivoli o della popolazione civile da “azioni ostili, reali, concrete e attuali”. Devono inoltre essere attuate “in condizioni di assoluta sicurezza” per gli stessi civili e per i nostri operatori.
    Un qualsiasi Comando militare dichiarerebbe tanto “irrealistico” quanto “inattuabile” un mandato vincolato alla “piena” osservanza e garanzia di siffatti prerequisiti operativi.
    E’ di fatto impossibile escludere, a priori, la presenza di civili in aree presidiate da mezzi e postazioni militari. Così come è assodato che sia i civili, sia i militari possono diventare vittime accidentali di “fuoco amico”.

    La stessa mozione impegna altresì il governo “a confermare gli impegni internazionali dell’Italia” e nello stesso tempo sia ad attuare “una graduale e concordata riduzione” dei nostri impegni, sia a “fissare un termine temporale certo” entro cui concludere la missione in essere.
    Tutto questo “in accordo” con le Organizzazioni Internazionali e con gli Alleati.
    Singolare il fatto che non viene mai citata esplicitamente la Nato e che non si fa cenno alle “motivazioni” da addurre a sostegno di tale “inequivocabile” cambio di direzione.

    Le missioni militari non sono il tema per un “gioco delle parti” da teatrino di Pantomima e Rimpiattino

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