• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > L’anomalia italiana cioè l’art 18

L’anomalia italiana cioè l’art 18

Sono numerose le esternazioni da Monti a Passera, fino alla Fornero fra una lacrima e un "mi avete fraintesa ". L'Europa ce lo chiede e noi rispondiamo fedeli al giuramento prestato. Qui non c'entra nulla la crisi o la crescita, o meglio, vengono utilizzati come shock per far digerire quello che è rimasto sullo stomaco all'Europa che conta.

E' una questione di principio, ormai è chiaro e palese a tutti. Si possono portare a dimostrazione fatti, numeri, statistiche rapporto fra aziende con o senza lo Statuto dei lavoratori. Non serve a nulla! 

S'ha da fa', ce lo chiede l'Europa. Ora per renderlo digeribile se ne inventano una al giorno. Ora non è più per la crescita che diventa necessaria l'abolizione dell'art 18, ora è il superamento della precarietà. E' evidente che i due fatti non hanno nessuna relazione, ma cominciano ad averne se questa diventa merce di scambio (fittizio). E naturalmente tutti i mass media, quelli moderati e riformisti, La Repubblica in testa, che si fanno paladini di questa ennesima cavolata. 

E prendono a prestito qualsiasi richiesta da parte padronale per tradurla come richiesta di eliminazione dell'art 18. E' stato Vittorio Colao, amministratore delegato della Vodafone, a sollevare la questione a Davos. Il manager italiano ha ricordato che un gruppo come il suo può decidere dove aprire un call center. Può installarlo in Italia, oppure in Egitto, per esempio. Dipende dalle condizioni, dagli eventuali vantaggi fiscali, dalle potenzialità della manodopera, e dalla possibilità di programmare con certezza i costi che riguardano anche la flessibilità in uscita. 
 
Immediatamente Passera traduce tutte queste richieste con l'abolizione dell'art 18. Ma se l'Italia è piena di licenziati dai call center assunti sia a tempo determinato che indeterminato e le proteste dei lavoratori della Teleperformance a Taranto e Roma ne sono un evidente dato incontestabile. 

Ma di cosa stiamo parlando? Ma i professoroni sia dentro che fuori dal governo, tra Ichino , Boeri e Garibaldi, ne hanno fatto uscire un'altra dal cilindro. L'art. 18 non vale più, per i nuovi assunti e in cambio si abolisce il contratto da precario. Si cambia il nome, ma non la sostanza con la differenza che con questa legge tutti saranno precari per i tre primi anni di assunzione, non solo ma l'art 18 sarà sterilizzato nel senso che non sarà più previsto il reintegro, ma l'indennizzo.
 
Ancora una volta la monetarizzazione in cambio di diritti, perché si ricorda che l'art. 18 vieta solo il licenziamento individuale e per immotivati motivi, per discriminazioni a salvaguardia dei diritti e della dignità dell'uomo. Ma questo concetto non passa, perché la campagna è puramente ideologica. 

I commenti più votati

  • Di (---.---.---.210) 23 febbraio 2012 13:27
    ART.18 ST – DIRITTI DEI LAVORATORI TRATTATIVE E NUOVI MODELLI DI GESTIONE AZIENDALE.

    di Ulisse Scintu - (lavoratore da 43 anni) delegato sindacale CO.BAS

    In questa mia ulteriore riflessione sull’ART.18, in premessa, evidenzio che, l’attuale situazione di crisi Globale, determinata dalla predominanza della speculazione finanziaria sulla economia industriale, non deve essere il pretesto e l’occasione, per la classe imprenditoriale, di cancellare l’art. 18 della legge 300/70.

    Ciò, in quanto lo stesso è uno strumento basilare per il mantenimento di un minimo di civiltà nel campo lavorativo e sociale e abolirlo, segnerebbe la fine del sindacalismo quale strumento di tutela dei lavoratori; e sicuramente, non è la panacea dei mali ad un capitalismo decotto, ma aggraverebbe una situazione già drammatica!

    Purtroppo, l’irresponsabile utilizzo da parte di una ristretta elite oligarchica finanziaria dell’ H.F.T. (High Frequency Trader - negoziazioni in borsa ad alta frequenza), con illecite e selvagge speculazioni finanziarie, hanno causato per effetto domino una crisi globale senza precedenti.

    Alla luce di quanto summenzionato, appare evidente l’importanza che il governo Monti e la classe imprenditoriale Italiana, rinuncino preliminarmente all’abolizione dell’art. 18 stesso, per favorire la ripresa delle trattative tra le parti sociali, dando maggiore importanza e risalto ai valori ed all’etica, necessari a riequilibrare il patto sociale (o quel che ne rimane).

    Recenti ricerche, dimostrano che portare nel lavoro etica e valori favoriscono una maggiore produttività e quindi maggiori profitti, oltre alla lealtà dei lavoratori, dei Clienti e all’immagine della società.

    Credo sia necessario da parte del governo Monti, evitare asserzioni assolutistiche che oltre a delegittimare il ruolo delle parti sociali: sindacati e datori di lavoro, possano essere interpretate dalla collettività quale espressione di spavalderia e ed arroganza ingiustificata.

    In quanto, la causa dei mali italiani non è assolutamente l’ART. 18, ma sono ben altri, ed ancora irrisolti dal governo Monti, quali: Tobin tax; evasione fiscale; corruzione; patrimoniale; spese militari; spese inutili; massoneria deviata; malasanità; criminalità organizzata etc., etc.

    A tal fine, è di primaria importanza l’evolversi delle prossime trattative tra le parti sociali - sindacati e datori di lavoro - nel rispetto dei reciproci ruoli, con la consapevolezza di dovere coniugare la crisi economica Nazionale e le ripercussioni sulle piccole e grandi imprese in crisi, rispettando la Costituzione e le normative di legge esistenti a tutela dei diritti dei lavoratori e dei meno abbienti.

    La globalizzazione opera problemi (economici, ambientali, etnici,) troppo complessi e interconnessi per essere risolti con metodi antagonistici.

    Secondo la famosa affermazione di Einstein, non si può risolvere un problema utilizzando lo stesso livello di coscienza che ha creato il problema.

    Il Lifestyles of Healt and Sustainability (LOHAS) riferisce l’esistenza di un mercato di 228.9 miliardi di dollari basato sulla salute olistica (teoria secondo cui l’organismo costituisce una totalità organizzata non riconducibile alla semplice somma delle parti componenti), la giustizia sociale, lo sviluppo personale e i modelli di vita sostenibili.

    Ogni giorno nascono nuove attività economiche rivolte alla creazione di un mondo migliore attraverso una sempre maggiore responsabilità sociale e ambientale. Nel suo studio Megatrends 2010, Patricia Aburdene definisce questo fenomeno “capitalismo consapevole” o “capitalismo compartecipe” ed attualmente è uno dei maggiori megatrend.

    Da tutto quanto sopra esposto, si arguisce l’importanza derivante dal comprendere le differenze (in base alle posizioni ed alle prerogative, scindendole da personalismi), ed agire in base alle sensibilità sia locali che Nazionali, questo è lo strumento per navigare attraverso i conflitti ed individuare le soluzioni che uno schema mentale antagonista non riesce a vedere.

    Trovare un terreno comune non significa trovare un “minimo denominatore comune” o incontrarsi a metà strada. Si tratta invece di trovare un” massimo denominatore comune” e identificare un’aspirazione comune verso la quale lavorare congiuntamente.

    Se a un interesse comune sono portate prospettive diverse, aumenta la potenzialità di nuove opzioni che nessuna delle due parti, da sola, sarebbe stata in grado di vedere.

    Altro problema essenziale è distinguere tra il problema e le persone coinvolte nel “conflitto” (con il buonsenso ed un minimo di capacità di discernimento).

    Quanto summenzionato, poiché il mancato discernimento in questione, preclude spesso il prevalere del buonsenso, che impedisce di individuare assieme (le parti in causa) gli interessi comuni; considerando invece l’altra parte interlocutrice come un problema.

    Le persone coinvolte nei confronti per la soluzione delle problematiche che si frappongono al conseguimento degli obiettivi prefissati e comunemente condivisi, non dovrebbero sedere ai lati opposti di un tavolo di confronto/trattativa, ma tutte sullo stesso lato, mentre dalla parte opposta siede idealmente il problema, ovverossia: le vere cause della crisi Nazionale e Intercontinentali, che vanno risolte nell’interesse comune delle parti; e che nulla hanno a che vedere con l’abolizione dell’ART. 18 della Legge 300/70!

    Ulisse Scintu


Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.52) 6 febbraio 2012 13:16

    Ma qualcuno si e’ chiesto se queste leggi anti articolo 18 abiano almeno una parvenza di costituzionalita??

    In questi giorni sul WEB per strada , nei bar non si parla d’ altro...

    Tutti protestano contro l’ abolizione dell’ art 18 e sono per l’ abolizione del precariato (vedi lex BIAGI)

    Ma allora faccimo come hanno fatto un pugno di tassisti che hanno bloccato tutto e in pochissime migliaia hanno avuto ragione del Governo.

    varranno di piu’ miglioni di lavoratori onesti , produttivi,e seri italiani ( che ci garantiscono di essere la 6 economia al mondo ) o NO???

    Basta chiacchere e’ ora di DIFENDERSI.

    Ivadiamogli i siti con proteste via mail

    tutti i siti dei ministeri , la presidenza di camera e senato , la presidenza della reoubblica,....i quitidiani ed ogni angolo del WEB

    e se si dovesse arrivare allo scipero generale , facciamo anche noi che siamo i veri ONESTI , STUFI DI ESSERE INSULTATI E DILEGGIATI un blocco del paese come i tassisti o gli autotrasporatori!!

  • Di (---.---.---.52) 7 febbraio 2012 10:12

    Beh dire basta non Basta piu’ ora , o i partiti della sinistra fermano questo scempio culturale e anticostituzionale o saranno i primi ad essere travolti.

    Se si facesse una seria politica industriale , introducendo nornmative come quella francese o tedesca che prevedono DISINCENTIVI PESANTI per chi delocalizza...
    faremmo a meno di tutti sti call centre...che comunque non hanno valore aggiunto per la nazione.

    Casi come OMSA i francia o germania .... non si sarebbero verificati.

    LA CONSERVAZIONE DELL’ articolo 18 e’ una lotta GIUSTA , DI CIVILTA E COSTITUZIONALITA’.
    Ma perche chi non e’ daccordo non emigra e va alavorare nei paesi senza tutela tipo viet nam , laos , ...
    Passera,Monti, Fornero, cancellieri ,... Andate e Andate a lavorare li... aaaah non ci andate perche’ qui avete il posto fisso e strapagato eh??

  • Di (---.---.---.210) 23 febbraio 2012 13:27
    ART.18 ST – DIRITTI DEI LAVORATORI TRATTATIVE E NUOVI MODELLI DI GESTIONE AZIENDALE.

    di Ulisse Scintu - (lavoratore da 43 anni) delegato sindacale CO.BAS

    In questa mia ulteriore riflessione sull’ART.18, in premessa, evidenzio che, l’attuale situazione di crisi Globale, determinata dalla predominanza della speculazione finanziaria sulla economia industriale, non deve essere il pretesto e l’occasione, per la classe imprenditoriale, di cancellare l’art. 18 della legge 300/70.

    Ciò, in quanto lo stesso è uno strumento basilare per il mantenimento di un minimo di civiltà nel campo lavorativo e sociale e abolirlo, segnerebbe la fine del sindacalismo quale strumento di tutela dei lavoratori; e sicuramente, non è la panacea dei mali ad un capitalismo decotto, ma aggraverebbe una situazione già drammatica!

    Purtroppo, l’irresponsabile utilizzo da parte di una ristretta elite oligarchica finanziaria dell’ H.F.T. (High Frequency Trader - negoziazioni in borsa ad alta frequenza), con illecite e selvagge speculazioni finanziarie, hanno causato per effetto domino una crisi globale senza precedenti.

    Alla luce di quanto summenzionato, appare evidente l’importanza che il governo Monti e la classe imprenditoriale Italiana, rinuncino preliminarmente all’abolizione dell’art. 18 stesso, per favorire la ripresa delle trattative tra le parti sociali, dando maggiore importanza e risalto ai valori ed all’etica, necessari a riequilibrare il patto sociale (o quel che ne rimane).

    Recenti ricerche, dimostrano che portare nel lavoro etica e valori favoriscono una maggiore produttività e quindi maggiori profitti, oltre alla lealtà dei lavoratori, dei Clienti e all’immagine della società.

    Credo sia necessario da parte del governo Monti, evitare asserzioni assolutistiche che oltre a delegittimare il ruolo delle parti sociali: sindacati e datori di lavoro, possano essere interpretate dalla collettività quale espressione di spavalderia e ed arroganza ingiustificata.

    In quanto, la causa dei mali italiani non è assolutamente l’ART. 18, ma sono ben altri, ed ancora irrisolti dal governo Monti, quali: Tobin tax; evasione fiscale; corruzione; patrimoniale; spese militari; spese inutili; massoneria deviata; malasanità; criminalità organizzata etc., etc.

    A tal fine, è di primaria importanza l’evolversi delle prossime trattative tra le parti sociali - sindacati e datori di lavoro - nel rispetto dei reciproci ruoli, con la consapevolezza di dovere coniugare la crisi economica Nazionale e le ripercussioni sulle piccole e grandi imprese in crisi, rispettando la Costituzione e le normative di legge esistenti a tutela dei diritti dei lavoratori e dei meno abbienti.

    La globalizzazione opera problemi (economici, ambientali, etnici,) troppo complessi e interconnessi per essere risolti con metodi antagonistici.

    Secondo la famosa affermazione di Einstein, non si può risolvere un problema utilizzando lo stesso livello di coscienza che ha creato il problema.

    Il Lifestyles of Healt and Sustainability (LOHAS) riferisce l’esistenza di un mercato di 228.9 miliardi di dollari basato sulla salute olistica (teoria secondo cui l’organismo costituisce una totalità organizzata non riconducibile alla semplice somma delle parti componenti), la giustizia sociale, lo sviluppo personale e i modelli di vita sostenibili.

    Ogni giorno nascono nuove attività economiche rivolte alla creazione di un mondo migliore attraverso una sempre maggiore responsabilità sociale e ambientale. Nel suo studio Megatrends 2010, Patricia Aburdene definisce questo fenomeno “capitalismo consapevole” o “capitalismo compartecipe” ed attualmente è uno dei maggiori megatrend.

    Da tutto quanto sopra esposto, si arguisce l’importanza derivante dal comprendere le differenze (in base alle posizioni ed alle prerogative, scindendole da personalismi), ed agire in base alle sensibilità sia locali che Nazionali, questo è lo strumento per navigare attraverso i conflitti ed individuare le soluzioni che uno schema mentale antagonista non riesce a vedere.

    Trovare un terreno comune non significa trovare un “minimo denominatore comune” o incontrarsi a metà strada. Si tratta invece di trovare un” massimo denominatore comune” e identificare un’aspirazione comune verso la quale lavorare congiuntamente.

    Se a un interesse comune sono portate prospettive diverse, aumenta la potenzialità di nuove opzioni che nessuna delle due parti, da sola, sarebbe stata in grado di vedere.

    Altro problema essenziale è distinguere tra il problema e le persone coinvolte nel “conflitto” (con il buonsenso ed un minimo di capacità di discernimento).

    Quanto summenzionato, poiché il mancato discernimento in questione, preclude spesso il prevalere del buonsenso, che impedisce di individuare assieme (le parti in causa) gli interessi comuni; considerando invece l’altra parte interlocutrice come un problema.

    Le persone coinvolte nei confronti per la soluzione delle problematiche che si frappongono al conseguimento degli obiettivi prefissati e comunemente condivisi, non dovrebbero sedere ai lati opposti di un tavolo di confronto/trattativa, ma tutte sullo stesso lato, mentre dalla parte opposta siede idealmente il problema, ovverossia: le vere cause della crisi Nazionale e Intercontinentali, che vanno risolte nell’interesse comune delle parti; e che nulla hanno a che vedere con l’abolizione dell’ART. 18 della Legge 300/70!

    Ulisse Scintu


  • Di (---.---.---.190) 9 marzo 2012 21:14

    Condivisibile al 100%. Bravo Ulisse!!


    Omero Dimenticato.

  • Di (---.---.---.149) 12 aprile 2012 17:55

    RIFORMA DEL LAVORO – LICENZIAMENTI PER MOTIVI ECONOMICI.
    Attenzione all’ambiguo “ TRUCCHETTO” che si cela nel termine MANIFESTA INSUSSISTENZA, rispetto a INFONDATEZZA DEL LICENZIAMENTO!

    Di Ulisse Scintu – Sindacato Cobas

    Il ministro Fornero, presente anche il presidente del Consiglio Monti, in un’ intervista televisiva andata in onda ai primi di aprile 2012, tra le varie enunciazioni inerenti all’articolo 18 (più specificatamente in materia di licenziamenti per motivi economici 
    presenti nella riforma), faceva un’affermazione di questo tenore: << nel caso in cui il giudice avesse verificato l’infondatezza del licenziamento per motivi economici il lavoratore sarebbe stato reintegrato al posto del lavoro>>.

    Quindi, a quel punto subentrava il Prof. Monti per una implementazione esplicativa, e garbatamente correggeva la ministro Fornero, specificando che: << il reintegro del lavoratore avveniva laddove il giudice avesse riscontrato che i motivi adotti per il licenziamenti economici, fossero di manifesta insussistenza >>.

    Quanto emerge dal progetto Fornero dell’attuale riforma del lavoro, prevede l’eliminazione dell’obbligo di reintegrazione in caso di licenziamenti individuali o collettivi motivati con ragioni economiche che risultino insussistenti, mentre mantiene la tutela dell’art. 18 in caso di licenziamenti discriminatori.

    EBBENE, “ L’AMBIGUO TRUCCHETTO “ CHE SI CELA DIETRO TALI DIFFERENTI ESPRESSIONI LINGUISTICHE, VERTE PROPRIO SULLA DICITURA: << MANIFESTA INSUSSISTENZA>> !!!

    Infatti, se nell’attuale proposta di riforma, fosse stato scritto quanto pronunciato in televisione dal Ministro Fornero, ossia: << … verifica sull’infondatezza del licenziamento ..>>; ebbene, solo in tale caso il giudice del lavoro, avrebbe avuto gli strumenti per verificare la reale situazione economica dell’azienda.

    Una volta accertata l’infondatezza del licenziamento di carattere economico, avrebbe potuto predisporre piu agevolmente la reintegrazione del lavoratore in azienda!

    Al contrario, l’attuale dicitura che compare nella riforma, in merito all’argomento, ossia: << riscontro da parte del giudice di manifesta insussistenza ..etc., di fatto, non permette al giudice stesso di approfondire nel merito l’esistenza o meno di una eventuale fraudolenza, quale ad esempio: falsificazione dei bilanci aziendali che possono essere alla base del licenziamento per motivi economici.

    Pertanto, giacchè l’aspetto più rilevante della riforma è quello concernente i licenziamenti individuali per ragioni economico-organizzative, la depenalizzazione del falso in bilancio attualmente in vigore ( normativa di legge del 2002 approvata dal governo Berlusconi), contrariamente alle garanzie del Presidente Napolitano e del governo Monti; contestualmente all’attuazione della nuova riforma del lavoro, produrrebbe una sequela infinita ed incontrollabile, di fraudolenti licenziamenti per “ motivi economici”; e che nonostante le garanzie del governo Monti, riguarderebbero sia il settore privato che il pubblico impiego.

    Ulisse Scintu

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares