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 Home page > Attualità > Mondo > Kim Dotcom con Snowden e Assange per le elezioni in Nuova Zelanda

Kim Dotcom con Snowden e Assange per le elezioni in Nuova Zelanda

Anche la Nuova Zalanda sembra aver trovato il suo Grillo. Ma non si tratta di un comico. Parliamo di Kim Dotcom, al secolo Kim Schmitz, eclettico milionario trentottenne di origine tedesca, ex-informatico, ex-haker, ex proprietario di Megavideo e di tutti i domini collegati, arrestato nel 2012 dalla polizia neozelandese e poi rilasciato su cauzione, dopo che un'indagine condotta in collaborazione con l'FBI si era conclusa con un accusa di violazione delle leggi statunitensi del copyright per una somma pari a mezzo miliardo di dollari e con la confisca di 200 milioni di beni intestati all'imprenditore.

Ma Kim è un uomo dale mille riorse e non si è dato per vinto. Nonostante gli arresti domiciliari cui è sottoposto nella sua mega villa alla periferia di Aukland, nel gennaio 2014 ha lanciato il portale Baboom.com, un incrocio tra Spotify e ITunes che nelle intenzioni del fondatore dovrebbe rivoluzionare l'industria della musica. E poi ha fondato un partito, l'Internet Party, che per certi versi ricorda il movimento pentastellato dei primi tempi. 

Il programma politico del partito si concentra infatti sulla lotta alla sorveglianza informatica dello stato ai danni del cittadino, sulla riforma delle leggi del copyright, sull'accessibilità alla rete, sull'educazione pubblica, la lotta alla poverta e il finanziamento della ricerca tecnologica. Con questa piattaforma il buon Kim ha deciso di sfidare l'establishment politico della Nuova Zelanda facendo perno sullo scandalo dei programmi di sorveglianza di massa, scoppiato sull'isola circa un anno fa.

Secondo le accuse, di cui l'Internet Party si è fatto portatore, il Government Communications Security Bureau (GCSB) – l'equivalente neozelandese della National Security Agency americana – avrebbe utilizzato il programma informatico XKeyScore, sviluppato dalla stessa NSA, per raccogliere, catalogare e conservare informazioni personali dei cittadini neozelandesi, ovviamente a loro insaputa. Mail, messaggi, telefonate, acquisti e spostamenti sarebbero dunque stati monitorati in incognito per ragioni di “siurezza” nazionale.

A meno di una settimana dalle elezioni legislative di sabato prossimo, che porteranno al rinnovo della Camera dei rappresentanti, Kim Dotcom ha giocato l'asso, con il quale spera di avvicinare nei sondaggi il Partito Nazionale del Premier Jhon Key. Lunedì scorso Kim ha organizzato una conferenza stampa alla quale hanno preso parte, fisicamente o in collegmento, l'ex-agente della NSA Edward Snowden, attualmente rifugiato in Russia, il fondatore di Wikileaks Julian Assange, dall'ambasciata ecuadoriana a Londra nella quale è ancora rinchiuso e il giornalista e attivista Glenn Greenwald, che con Assange ha più volte collaborato per diffondere le rivelazioni di Wikileaks.

Il gota della trasparenza informatica insomma. L'iniziativa ha ovviamente richiamato attenzione ed è servita come rampa di lancio per nuove accuse ai danni di Jhon Key, colpevole, a detta dei presenti, di aver aver coperto con una serie di menzogne le attività di spionaggio interno portate avanti dal GCSB.

Secondo Snowden, il Premier era al corrente delle attività dell'agenzia di sicurezza e dell'utilizzo del software XKeyScore, implementato con algoritmi specifici per il controllo della popolazione neozelandese. “Hanno la possibilità di vedere tutti i siti web che avete visitato – ha detto Snowden – tutti i messaggi che inviate col cellulare, tutti i biglietti che comprate, tutti i regali che fate e tutti i libri che comprate su internet”. Assange, a causa di un collegamento disturbato, ha potuto solo accennare un discorso di contesto globale sullo scandalo delle attività di cointrollo delle intelligence nazionali. “La Nuova Zelanda – ha detto – è stata efettivamente coinvolta”.

Era stato Greenwald il primo a dare fuoco alle polveri, sabato scorso, appena atterrato nell'emisfero australe. Davanti alle telecamere aveva affermato che l'agenzia di intelligence nazionale era implicata in modo attivo nei programmi di controllo di massa, contrariamente a quanto affermato dal governo: “Quello che posso dirvi è che la dichiarazione fatta dal GCSB ai cittadini l'anno scorso – non siamo impegnati nella raccolta massiva di dati sui neozelandesi – non è sincera”.

Il premier ha accusato il colpo ed ha provato a organizzare una frettolosa linea difensiva. Dopo aver nuovamente negato il coinvolgimento dell'agenzia di intelligence, ha accusato il giornalista Greenwald di essere stato pagato da Dotcom per le sue dichiarazioni. Nel week-end, alla vigilia ella conferenza stampa, aveva inoltre assicurato di poter produrre dei documenti che dimostrerebbero l'infondatezze delle accuse. La tempistica non ha però convinto Edward Snowden che, il giorno dopo, ha commentato: “Le prime rivelzioni sono di un anno fa. Perché all'epoca (il premier, ndr) aveva giudicato che non fosse necessario produrre alcun doumento, quando era l'interesse pubblico ad essere in gioco, mentre oggi lo giudica necessario, dal momentio che è la sua reputazione ad essere messa sul piatto?”. Bella domanda, in effetti.

Nonostente il sostegno di Snowden, Greenwald e Assange, è del tutto improbabile che il partito di Kim possa vincere le elezioni; la distanza a pochi giorni dal voto è troppo grande er essere colmata. Inoltre, il fondatore di MegaVideo non ha mai ottenuto la cittadinanza neozelandese e secondo la legge locale non potrebbe nenche sedere in Parlamento. E allora perché fare tanto rumore?

Dotcom è un imprenditore e sa che il clamore non potrà che giovare alle sue iniziative commerciali, presenti e future. Inoltre, ha un bel conto in sospeso con la giustizia americana e rischia tutt'ora l'estradizione. Un po' di visibilità globale, a fianco degli eroi fuggiaschi della trasparenza informatica, non può che giovare alla sua causa.

Magari la prossima volta inviterà Beppe Grillo.

 

Foto: Peter Harrison, Flickr

 

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