• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Il volo di El Cabesa - Corrida # 21

Il volo di El Cabesa - Corrida # 21

.21

El Cabesa entrò danzando, mosso dai fili del battito delle mani del pubblico, spiegando il suo telo rosso purpureo in voli pindarici. Un piccolo Nijinski che volteggiava nell’aria, assurgendo la carneficina di tori al ruolo di balletto. Il pubblico, stregato, tornò al silenzio totale, pronto ad acclamare il suo beniamino, con urla e lanci di rose.
Pochi passi, decisi, delicati e veloci, ed El Cabesa cominciò a sfiancare il toro, illudendolo di una incornata verso un piccolo muro rosso. Ogni volta che El Cabesa alzava il mantello e faceva passare il toro, Ashton si faceva più vicino, le corna iniziavano a muovere l’aria nei dintorni dei fianchi del torero, ed il silenzio si faceva ancora più attonito.

Fu la volta della spada.
Con fare teatrale El Cabesa la mostrò al pubblico, che esordì con qualche fischio ed applauso, pronto a raccogliere una volta ancora le gesta del suo eroe, contando le gocce di sangue sul terreno polveroso. Il trionfo di un torero ha qualcosa di catartico, libera dall’orrore del sangue una intera folla, assurgendo l’uccisione di un animale ad un rito primordiale, sacrificale.
La spada scintillò distinta nell’arena, sferzò l’aria e velocemente colpì Ashton sulla schiena, un rapidissimo squarciare la carne e ritirarsi.
Ashton iniziò a sanguinare, si vedeva che la sua vita era appesa ad un filo, ma la sua rabbia, la sua voglia di vivere, la sua gioia di pascolare e mostrare i muscoli al sole, non tollerava la sconfitta.
Ashton voleva vivere, e lo riteneva un suo sacrosanto diritto.

Iniziai a piangere, avvolto dal sudore freddo e dai conati del vomito. La fine della vita, si tratti di un uomo, di un insetto o di un animale, mi lascia sempre stordito; non capisco, semplicemente.
Quasi inconsciamente, senza sapere la mia vera destinazione, mi feci largo tra le gradinate di braccia al cielo, tra la folla approvante, dagli occhi gonfi di sangue ed avari di pietà. Le signore continuavano a sventagliarsi in una giornata afosa, pronte a lanciare la propria rosa a massacro finito.


El Cabesa aveva una tradizione, un uso tutto particolare, che lo rendeva il migliore. El Cabesa, appunto. Usava colpire una volta il toro, velocemente, per stancarlo, e certo di aver eseguito chirurgicamente l’agguato, si girava verso il pubblico, si inginocchiava e raccoglieva gli applausi e le rose. Prendeva poi una rosa, con tutta la calma del mondo, incurante del toro agonizzante e rabbioso alle spalle, la teneva tra i denti come un ballerino di tango, ed andava a compiere il proprio verdetto di morte.

Infatti, El Cabesa, era girato verso il pubblico, in ginocchio, pronto a raccogliere una rosa. Ma istintivamente, con una espressione felina nel volto, capì che qualcosa stava andando diversamente dal solito, quando dal pubblico si levò un grido diverso. Non era acclamazione, era piuttosto un fremito di paura, che si sollevò come un’ola da una parte all’altra dell’arena.
Semplicemente ero io, entrato in arena, scavalcando indifferenza e barricate, che correvo verso Ashton, con tutta l’intenzione di difenderlo, inconsapevole di una probabile incornata.

Il rumore destò anche Ashton, che cominciò nella sua corsa, forse l’ultima, verso un bersaglio ignoto, coperto dai rivoli di sangue e sudore che gli coprivano gli occhi. Su quella strada due persone: io ed El Cabesa.
Feci del mio meglio per dare spettacolo rovinando per terra e vomitando, dal caldo, dalla paura, dalla tensione, dal disgusto, mentre El Cabesa non fece a tempo a girarsi che si trovò il toro a qualche centimetro dal didietro.

Ve l’ho detto, vomitavo, ero per terra, non molto cosciente, ma ciò che successe fu letto da tutta la nazione sul giornale del giorno dopo. El Cabesa venne sollevato dalle corna di Ashton, si librò in volo e finì battendo denti e rosa sugli spalti, mascherando il suo colorito di sangue fresco. Fu a quel punto che il giudice decise che stava succedendo fin troppo e che la corrida dovesse essere bloccata, per cui fece entrare un pastore e una decina di vacche, in modo da distrarre il toro. In modo che non ci andasse di mezzo anche uno stupido che vomitava in disparte sulla sabbia dell’arena.


Segui Corrida episodio per episodio, iscriviti al feed di Riciard’s, potrai leggere Corrida direttamente sulla tua mail!

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares