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Il peggio di sé

Timido od esuberante, mite o fumantino, ognuno di noi ha il suo bel carattere e da esso dipendono tutte le nostre scelte e naturalmente il nostro modo di essere. Ma esistono delle circostanze nelle quali sfoderiamo il nostro lato peggiore, in maniera plateale, quel lato che cerchiamo, solitamente, di tenere sopito, che conoscono solo le persone che ci sono più amiche, ma che non ci abbandona mai ed è pronto ad esplodere all'improvviso.

Ed è una bella lotta tenerlo a freno. "E' lo stress", ci giustifichiamo quando vediamo che la giugulare si gonfia più del solito, tanto che questa è diventata una scusa valida in ogni occasione ed universalmente utilizzata. Non vogliamo parlare di rabbia ma di quel tipo di comportamenti che ci accomunano un po' tutti nel momento in cui ci troviamo in una data situazione. 

Primo esempio, il tifo. Quanti di noi davanti ad una partita, di calcio in special modo, perdono qualsiasi freno inibitorio? Tifare è una valvola di sfogo, inventare veri e propri neologismi, da spedire all'indirizzo dell'avversario di turno, è liberatorio.

Vi racconto un episodio: partita Italia-Spagna, Europei 2012. Quindici persone schierate davanti alla tv, tredici delle quali (tra cui la sottoscritta) interessate all'evento. Ognuno di noi dentro ribolliva, completamente assorbito da quel pallone, che andava da una parte all'altra del campo. E ognuno di noi scrutava il suo vicino pensando: "Oddio, e se adesso salto dalla sedia, imprecando contro l'arbitro, cosa penserà di me chi mi conosce appena?".

Ad un certo punto la svolta. Essendo diventato difficile reprimere quella forza misteriosa, che ti attraversa quando ti appassioni ad uno sport, nonostante stiano facendo di tutto, affinché si smetta di credere anche in quello, il padrone di casa si alza e dice: "Scusate, ma io in certi casi mi lascio andare". Era il lasciapassare per tutti gli altri, un codice che apriva le porte all'istinto. Nessuno ti avrebbe giudicato, anche se cominciavi a ballare sul tavolo dopo il goal. Il peggio di noi poteva venir fuori con tanto di placida benedizione degli altri.

Secondo esempio. Davanti ad un buffet. Cena di gala in albergo 5 stelle. Quegli uomini con la cravatta e le loro belle signore, con tacco dodici e in abito lungo, non avranno alcuna remora a simulare il biblico attacco delle cavallette davanti a quattro tavoli apparecchiati sui quali sfilano le portate. E se non c'è un cameriere che porziona le pietanze e si lascia fare, state pur certi che i primi che arriveranno ai tavoli avranno portato via una quantità inusitata di cibo, con la scusa che è anche per chi è rimasto seduto, e chi ha avuto la sfortuna di andare all'attacco del buffet cinque minuti dopo non troverà più nulla. Io ero tra i secondi. 

Terzo esempio. Benedetti numeri. Una delle invenzioni più intelligenti per sedare le ire e tenera a bada i furbi è il distributore di numeri per la fila. Quando non è presente e qualcuno ci passa davanti, magari dopo che siamo stati, lì buoni buoni, ad attendere il nostro turno, di certo scattano i cinque minuti e agitati ci si guarda in torno cercando sostenitori, un testimone che dica: "Sì è vero, c'era prima la signora". Peccato che in genere certe ammissioni arrivino quando il maleducato è già fuori con la sua spesa.

Quarto ed ultimo esempio. Passi il tifo, l'assalto al buffet e chi non rispetta la fila. Il peggio di noi è in automobile. L'intolleranza tocca livelli record. Ce la prendiamo con tutti: pedoni che ci mettono troppo tempo per attraversare, motorini che ci sorpassano sulla destra, ciclisti che imboccano la strada contromano. L'elenco sarebbe infinito. A volte ho ascoltato certe imprecazioni che potrebbero essere definite da manuale.

Sarebbe utile fermarci a riflettere su queste cose. Dovremmo provare un esercizio di estraniamento, cioè provare a pensare a noi stessi mentre siamo protagonisti di quelle azioni. Ci sentiremmo, nella maggior parte dei casi, ridicoli, ma da un punto di vista sociologico, sarebbe sicuramente un'esperimento molto interessante per comprendere più a fondo la psiche umana

Ho individuato soltanto quattro macro-esempi, nei quali possiamo riconoscerci un po' tutti, ma sarei curiosa di sapere da voi, in quali altre circostanze l'animale-uomo riesce a contraddistinguersi per intolleranza o egoismo. E visto che mi piace concludere sempre con un aforisma oggi ve ne lascio uno di Aristotele: "Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile; ma arrabbiarsi con la persona giusta e nel grado giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile". 

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