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“Il mondo di Sergio”, 39 anni di amore e dolore

"Hard cases make bad law", talvolta i casi difficili producono cattivo diritto. È la storia di un padre, che in preda alla disperazione uccide il figlio affetto da disturbo dello spettro autistico. Ma come si può uccidere un figlio? Come si può cedere ad un atto perseguibile con la reclusione in nome della "pietas" umana? Una tragedia familiare che vede come protagonista Sergio Piscitello, raccontato da Mauro Paissan nel libro "Il mondo di Sergio - una storia vera dei nostri giorni". È il 13 giugno 2003, quando in via Lucrino, a Roma, Sergio Piscitello, 39 anni, viene ucciso con due colpi di pistola dal padre, Salvatore. Tre anni dopo, il neoeletto Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, concederà la grazia a Salvatore.

Il libro è un racconto, non vuole essere un saggio o una critica, ma semplicemente una cronaca della vita di Sergio. Sergio, classe 1964, mostra già dai primi mesi di vita un disagio, spesso è colto da crisi di pianto notturne. Nulla a che vedere - dichiarano i genitori, Elvira e Salvatore - con la tranquillità della sorella, di tre anni più grande. Attorno ai 6 mesi di vita, il sospetto che il bambino sia sordo. Iniziano le visite specialistiche, viaggi della speranza, esami clinici, utilizzo di farmaci, frequentazioni di psichiatri, senza risultati alcuni. La verità è che Sergio nasce in un momento in cui l'autismo è pressoché sconosciuto in Italia, con molto ritardo si scoprirà che il bambino, oltre ad essere sordo, soffre di una grave forma di autismo. La diagnosi tardiva sarà l'effetto collaterale di una vita di per sé complicata. I genitori parlano di lui come un ragazzo capace di amore e di affetto, ma spesso colto da bruschi attacchi di ira, provocati da banali imprevisti, che però distruggono la routine quotidiana di Sergio, il quale seppur indifferente a tutto, mostra una passione: la cinematografia.

Intanto l'autismo devasta il tessuto familiare: la figlia maggiore dei Piscitello, infatti, non reggendo la situazione, si sposerà e andrà via di casa molto presto. Il calvario nella speranza di una cura, lo spreco di denaro, mostrerà tutto il disinteresse e l'incompetenza di ASL e medici privati. Fa la sua comparsa nel corso della storia la figura di un "professorone", il quale con metodi duri e poco ortodossi non aiuterà di certo Sergio, che comincerà a fuggire sempre più spesso di casa, anche per giorni. L'ormai cresciuto Sergio diventa ingestibile. Elvira racconta di come, spesso fosse costretta a nascondersi sotto il letto, sorvegliata dal marito, per sfuggire alle botte del figlio. Di pari passo al numero di porte chiuse in faccia, si fa strada, nella mente dei genitori: “Cosa ne sarà di Sergio dopo di noi?". Pensiero che affligge tutte le famiglie con figli portatori di handicap. Seguono incontri con psicologi o gruppi di genitori con figli autistici, Salvatore propone la costruzione di una casa famiglia, ma il sogno tramonta presto all'orizzonte. Tutto ciò porterà al tragico epilogo della storia: Sergio morirà per mano del padre. Questo atto viene considerato un atto di estremo amore, dovuto alla consapevolezza di un passato di solitudine e sofferenza e di un futuro poco nitido e ancora più doloroso. 

Paissan non vuole né dare dell'assassino né dell'eroe a Salvatore, vuole narrarci una vicenda di amore e dolore, un essere eroi nella vita quotidiana, nell'aver attraversato con forza e speranza ogni singolo giorno passato accanto a Sergio. Un caso che non è unico nè raro, che ci mostra una società ancora non pronta ad aiutare e strutture non idonee a gestire gravi problematiche di handicap. Toni pacati per descrivere un tema spiacevole, nessun giudizio o convinzione precostituita, solo una storia reale che ne rispecchia tante altre. Il libro vuole sensibilizzare la gente a trovare la tenacia per non ripetere lo stesso terribile atto, per insegnarci a non giudicare le cose come appaiono.

Un libro bello e forte allo stesso tempo, che stimola a intervenire nell'ambito delle nostre responsabilità civili o semplicemente ci rende partecipi della solitudine in cui è immersa gran parte della nostra società. Il racconto della storia ci spinge ad andare oltre ai nostri limiti, ai nostri tabù, ci spinge a riflettere, a guardare alla nostra società con occhi più umili. Una vicenda descritta con abilità da Paissan, dove non si cerca di spettacolarizzare quanto accaduto, ma si ricerca una verità profonda. Un libro decisamente da non perdere.

di Claudia Casantini

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