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Il mercato universitario di fine estate: è ora di un altro Sessantotto

Ogni anno, in questo periodo, assistiamo all’apertura delle giostre universitarie, che fanno incassare un po’ di milioni alle nostre istituzioni, con la scusa di sottoporre, dal nord al sud d’Italia, centinaia di migliaia di neo diplomati, al rito delle selezioni: i cosiddetti test d’ammissione all’università, per selezionare i fortunati, qualcuno dirà i meritevoli, che possono iscriversi ai corsi universitari prescelti.

La giostra, che fa circolare decine di milioni d’euro, ha inizio già nel corso del quarto e quinto anno del liceo, quando con accurata dedizione le università da una parte e le nostre scuole dall’altro, organizzano migliaia di corsi di orientamento, per indirizzare e sostenere le scelte dei nostri giovani che pensano di continuare gli studi dopo il diploma. Ebbene cosa accade? Dopo tante ore di studio perse per orientare e consigliare i giovani studenti, al momento delle selezioni molti restano fuori dal corso di laurea prescelto e, quindi, devono ripiegare su un altro corso universitario, che poco a che fare con le proprie aspettative e i propri interessi.

E il diritto allo studio e la libertà di scelta dove vanno a finire? Con quale diritto posso costringere un giovane, che si è diplomato con merito, a non studiare medicina o ingegneria, ma a ripiegare su un corso di laurea che non prevede il numero chiuso?

E qual è quel principio costituzionale e ancor di più di democrazia, che mi impedisce di iscrivermi ad un corso universitario, solo perché una legge creata “ad hoc” per spillare quattrini alle famiglie, ha stabilito che non posso studiare quello che preferisco, nonostante le salatissime tasse universitarie che devo pagare? Ma quale attendibilità hanno i quizzoni, preparati dagli accademici, per stabilire la preparazione e la determinazione di uno studente a frequentare un determinato corso universitario? Sono gli stessi quizzoni, di cultura anglosassone, ormai sperimentati anche per le prove preliminari ai concorsi a cattedra che hanno solo la valenza della lotteria di capodanno.

Presentano solo la praticità di essere veloci strumenti selettivi, non per accertare la cultura di un candidato, ma per determinare il suo livello di fortuna. E’ semplicemente una vergogna tollerare in uno Stato democratico tali assurdità sul piano sociale e sul piano del diritto.

Diversamente, una prova d’ammissione ad un corso universitario dovrebbe solo accertare l’effettiva predisposizione di uno studente per uno specifico indirizzo di studi, cosa che dovrebbe fare tranquillamente la scuola superiore al termine del corso di studi. Lo Stato attraverso le sue istituzioni scolastiche dovrebbe semplicemente informare l’opinione pubblica sui dati che riguardano le previsioni occupazionali per ogni tipo di corso universitario, ma non dovrebbe mai a priori impedire ad un ragazzo di potersi iscrivere dove vuole.

Sarà il percorso di studi a determinare, nel tempo, l’opportunità o meno della scelta operata dei nostri giovani al momento dell’iscrizione. Ma oramai le università ingrassano con i costi che devono affrontare i neodiplomati per sostenere i vari test d’ammissione e sicuramente lo Stato farà poco o nulla per mettere fine a questo scempio. Forse, non solo nella scuola, è tempo di un nuovo Sessantotto, ma quello che rassicura partiti ed istituzioni è la pochezza ideologica e organizzativa delle nostre migliori risorse sociali, sempre più ubriacate dalla droga del consumismo, dagli sballi di fine settimana e dalle chimere che ci propinano le mafie internazionali che detengono il potere finanziario mondiale.

E di fronte a tali lusinghe dove prevale solo l’individualismo e il profitto possiamo attenderci solo altre mortificazioni , fin quando non risorgerà l’orgoglio della nazione e l’amore per l’autentica democrazia sociale.

 

Foto: Nicola Romagna/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.82) 11 settembre 2013 02:35

    L’iscrizione all’università dovrebbe essere aperta a tutti i diplomati (a volte anche chi non ha un’ottima performance alle scuole secondarie riesce a raggiungere risultati molto positivi all’università).

    Basterebbe usare la laurea di primo livello come criterio di selezione. Chi non raggiunge un certo punteggio alla fine del corso non può continuare nella laura specialistica.
    Si potrebbe introdurre la laurea di primo livello anche a Medicina (che potrebbe essere Scienze Infermieristiche).

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