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Il federalismo sono me (altro che Brancher)

Il federalismo sono me (altro che Brancher)

Forse non avevamo capito bene, forse qualcuno ci aveva fatto sopra qualche ricamino di troppo. A chiarire bene il tutto ci ha pensato Umberto Bossi, a soli due giorni dal giuramento nelle mani di Napolitano di Aldo Brancher a ministro per l’Attuazione del Federalismo, proprio in apertura del comizio di Pontida: "C’è un solo ministro per il federalismo e sono io".

Allora che caspita dovrebbe fare Brancher? "Per il federalismo - ha aggiunto Bossi - la coppia è sempre quella, io e Calderoli. Ad Aldo Brancher si è pensato di dare il decentramento, che è certo importante ma è un’altra cosa. Non è cambiato nulla". Adesso è chiaro.

I tre Re Magi faranno così: Bossi fa stare buoni i suoi, promettendo un federalismo che non verrà mai, sia perché quel rompicoglioni di Fini non vuole un paese spezzato a metà, sia più banalmente perché Tremonti dice che non ci sono i soldi per altri carrozzoni elettorali. Ma come? sono vent’anni che ci avete promesso il federalismo, la secessione, la guerra a Roma, abbiamo oliato anche i fucili ed ora non se ne fa più niente? Boni, state boni, c’è Bossi che risolve tutto, parola di lupetto.

Poi c’è Calderoli che porta in dono il barbeque, il santo inquisitore che brucia le leggi all’indice, quelle che non servono più al Paese (ma che gliene frega del paese se poi loro si fanno il paese per conto loro? anche questo è un rebus), stando bene attento a non bruciare anche le leggi che servono a qualcuno, magari sul legittimo impedimento.

Urca, vuoi vedere che il neo ministro Brancher è a capo del dicastero del legittimo impedimento? (dalle mie parti dicesi impedito chi dimostra chiari segni di imbecillità intellettiva, ma forse è un’altra cosa).

Dopo essere stato condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano, Brancher non è condannato in Cassazione perché graziato dal suo datore di lavoro, Silvio Berlsuconi, con due leggine-regalo, quella della prescrizione e quella della depenalizzazione. Ora però si trova fra capo e collo un nuovo processo, per ricettazione nell’indagine sullo scandalo della Banca Antonveneta e la scalata di Gianpiero Fiorani all’istituto creditizio: la Procura ha rintracciato, presso la Banca Popolare di Lodi, un conto intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila euro. E siccome non c’è due senza tre, il Capo gli ha regalato la nomina a ministro di non si sa cosa, così - quando sarà chiamato alla sbarra - potrà sempre portare la giustificazione firmata dal genitore o da chi ne fa le veci.

Resta da capire perché Berlusconi si sente così in debito con un personaggio simile, quando un mese e mezzo fa ha scaricato dalla barca il fedele Claudio Scajola, sospettato ma non inquisito per gli affari della cricca. L’unica risposta che ci viene in mente è che forse ha dovuto rimpiazzare nel governo il numero dei malfattori per far quadrare i conti. Non resta che aspettare la prova del nove, Gelmini permettendo.

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