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Il cammino di Darinka e le "credenziali del pellegrino"

francigena

Darinka si è messa in testa qualcosa d’altri tempi: viaggiare a piedi dalla Sicilia al Piemonte, senza soldi, chiedendo ospitalità lungo la via. Un cammino che le permette giorno dopo giorno di immergersi nella bellezza della natura, di stare a contatto con gente generosa e solare, che è anche ricerca interiore. È partita a marzo, racconta le sue esperienze e riflessioni sul blog Walkabout Italia.

Non è cattolica, non è atea, ha un approccio spirituale lontano dalle religioni e descrive questa esperienza anche come una sorta di “pellegrinaggio”. Dopo aver percorso 2000 km, per arrivare a casa prima dell’inverno e perché affascinata prende la via Francigena, battuta dai pellegrini cattolici per raggiungere Roma dal Nord Europa. Inizia quindi a contattare le strutture religiose lungo quel percorso. Proprio qui iniziano — ci racconta — i primi problemi di tutto il viaggio. Tante la accolgono senza problemi mostrando una grande generosità che lei ricambia con gratitudine, ma almeno una non si mostra così ospitale adducendo proprio motivazioni religiose: l’associazione Familarca della zona di Vetralla (VT).

La responsabile risponde a Darinka che la loro “mission è diversa”: l’ospitalità non è solo “fine a se stessa”, ma rivolta “alle persone che stanno facendo un ‘cammino’ serio, anche di riflessione sulla loro vita”, “anche di revisione critica del passato e di ri-collegamento a Dio Padre misericordioso”. Quindi l’associazione richiede la cosiddetta “credenziale del pellegrino”, unica documentazione che può “dimostrare la veridicità del loro cammino”. Non solo Familarca rifiuta di ospitare Darinka, ma si premura di allertare l’Associazione europea delle vie Francigene nel caso arrivassero richieste simili. Con lo scopo, sorge il fondato sospetto, di boicottare il cammino alternativo della giovane e in modo che altri neghino ospitalità.

Particolarmente antipatica risulta la pretesa di giudicare una certa iniziativa come quella di Darinka come poco seria e profonda, soltanto perché non ha il bollino cattolico. Soprattutto verso una giovane che si è, per così dire, guadagnata sul campo le “credenziali” mostrando passione e ostinazione: ha macinato in diversi mesi più di 2 mila chilometri a piedi, cosa che difficilmente possono vantare il credente (o il non credente) medio.

Certo, una struttura ha tutto il diritto di non fornire alloggio gratuito, anche se è poco educato. Ma un rifiuto per motivazioni religiose è francamente imbarazzante. Familarca si dichiara associazione di promozione sociale: non potrebbe esercitare alcuna forma di discriminazione per l’iscrizione di soci, se questi ne condividessero i principi (legge 7 dicembre 2000, n. 383). Non sarebbe nemmeno obbligata però a fornire servizi a chi non fosse d’accordo con gli scopi sociali, come Darinka: quindi potrebbe lasciare fuori dalla porta chi non è cattolico.

Pure una parrocchia ha richiesto a Darinka le “credenziali del pellegrino” per poterla accogliere (“anche se hai i calli sotto i piedi”, sic!). Oltre a un’offerta, “poiché le strutture devono essere mantenute altrimenti andando avanti così saremo costretti a chiudere”. Non importa se la Chiesa già incassa più di un miliardo di euro l’anno grazie all’8×1000. Forse la Cei, o la diocesi, non sono di manica larga con certe chiese, specie in provincia, poi costrette a fare economia e a pretendere l’obolo dagli avventori. Non si contano però le parrocchie e gli oratori che figurano come associazioni senza scopo di lucro e che accedono anche al 5×1000.

Scopriamo un particolare interessante: per essere pellegrini “doc” bisogna avere le cosiddette “credenziali del pellegrino“: un documento di viaggio rilasciato da enti religiosi che serve non solo ad attestare l’identità, ma a “distinguere un vero pellegrino da ogni altro viaggiatore”. È indispensabile per ricevere ospitalità da tutte le strutture convenzionate lungo le vie dei pellegrinaggi: cioè quasi le sole a dare alloggio gratis, a prezzi scontati o su offerta. Inoltre, servono per dimostrare all’autorità religiosa che si è fatto il pellegrinaggio, tramite timbri apposti da ordini religiosi, strutture e persino da pubblici ufficiali. Per avere le credenziali si consiglia di versare una donazione.

Tra i percorsi coperti, il cammino per Santiago de Compostela, verso Roma, Gerusalemme, Monte Sant’Angelo, Loreto. Migliaia di chilometri, spesso valorizzati e tenuti meglio di tante altre aree naturalistiche “profane” e su cui le istituzioni investono in maniera preferenziale milioni di euro. Qualche settimana fa abbiamo parlato dei quasi 3 milioni che la Regione Veneto ha destinato ai cosiddetti “cammini della fede”, garantendo messa in sicurezza, segnaletica, installazioni illustrative.

Non ci risulta però che questi percorsi, cui viene garantito un trattamento di favore perché attirano il turismo confessionale, siano di proprietà della Chiesa. A dare alloggio poi non sono solo conventi, parrocchie, monasteri che fanno direttamente capo a enti religiosi: figurano negli elenchi ostelli e centri gestiti da comuni, associazioni di volontariato e persino alberghi. È la cosiddetta “accoglienza povera”: spulciando le liste c’è l’indicazione di tariffe agevolate (a onor del vero basse, ma in linea col tipo di servizio essenziale che viene offerto) o una offerta. I dubbi restano sugli aspetti economici, su eventuali esenzioni godute (si pensi all’Imu) nonostante ci sia un introito e sul fatto che la credenziale limiti persino l’accesso su base religiosa. Cosa più importante, c’è da chiedersi se vengono erogati fondi pubblici per foraggiare queste realtà e le infrastrutture circostanti.

Anche in questo caso tali strutture godono di privilegi e possono esercitare una forma di esclusione per chi non fa parte del “club”. I laici devono quindi stare attenti, se vogliono fare questa esperienza alternativa. Un’associazione confessionale o una parrocchia possono lasciare all’addiaccio il viaggiatore “infedele” che non ha la tessera sconto. Formalmente è un loro diritto, che stride però con la tanto diffusa retorica dell’accoglienza e della misericordia cristiane. Intanto Darinka continua il suo cammino: le auguriamo di concluderlo nel miglior modo possibile, nonostante la presenza sul tracciato di qualche bigotto che mostra scarsa sensibilità e a cui bisogna esibire un certificato.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Alex di Cura (---.---.---.81) 20 ottobre 2017 11:09

    Salve, casualmente abbiamo letto questo articolino che coinvolge la nostra A.P.S. no profit familARCA. È la piccola vicenda di Darinka e del suo peregrinare in cerca di libertà, per sua scelta, per sua sfida, avendo tempo, essendo libera da ogni condizionamento. Quel giorno di due anni fa noi di familARCA spiegammo chiaramente la nostra mission, dicemmo che non siamo una casa di accoglienza, né un ostello e nemmeno un Istituto di beneficienza, abbiamo scelto di mettere a disposizione porzioni di locali che abbiamo in uso, esclusivamente per il pellegrini della Via Francigena che avessero il documento credenziale. Questo abbiamo riferito e questa nostra semplice ma inderogabile richiesta ha creato il malinteso. Noi siamo una struttura che solo in via marginale e solo per amore verso i fedeli che si recano a Roma in pellegrinaggio, mette a disposizione un semplice giaciglio per passare la notte. Non accogliamo chiunque ci chieda di dormire. Tra l’altro il viandante qualsiasi non ha programmi, non chiede posto telefonando in anticipo per sentire se può fermarsi, chi si muove in libertà fruisce di ciò che viene offerto liberamente, senza pretendere e non giudica, non si insuperbisce, ma si compiace di ciò che riceve gratuitamente. La pace sia con voi Redazione di AgoraVox e con tutti coloro a cui piace la verità e che hanno capacità di pensiero e discernimento. Sandro Grassi - Legale Rappresentante di familARCA aps

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