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I media della rete: quanto realmente siamo liberi

Vent’anni di rete hanno stravolto i paradigmi del mondo occidentale. Il recente interesse per Liquid Feedback sembra esserne la prova: dopo Facebook e Twitter anche il portale di decisione online ha sfondato il divisorio tra media tradizionali e non. Il principio cardine che guida la transizione è l’ormai celebre Legge di Linus, chiave dell’open-source: “Dato un numero sufficiente di occhi, tutti i bug vengono a galla“. Quale principio migliore, allora, di quello di una perfetta osmosi del contesto sociale, una vera e propria democrazia liquida. Se i referenti tendono all’infinito essi possono costituire la tanto agognata mente globale, quasi una rete neuronale capace di permettere il prevalere del bene comune che, ce lo insegna Rousseau, non può essere che espresso dal popolo. Al riguardo, tale “popolo”, non può sbagliare. Vox populi, vox dei, verrebbe da dire.

La realtà però parla di altro, lasciando come sempre Rousseau alle sue grette fantasie. La rivoluzione portata avanti dalla Microsoft tramite la riproduzione grafica del Bios in un sistema operativo accessibile anche ai non programmatori (Microsoft Windows) ha permesso una prima espansione dell’utilizzo dei computer. Con l’avvento del World Wide Web, ad opera del Cern e di Tim Berners-Lee il numero di siti web è esploso, fino a raggiungere il numero impressionante di 555 milioni di portali online, di cui circa 128 di domini. Nel tempo, inoltre, si sono affermate nella rete compagnie sempre più centrali nell’indirizzare gli utenti. Sono nate prima Yahoo! (1994), poi Google (1997), Wikipedia (2001), Facebook (2004) e YouTube (2005).

Ha così preso spazio una battaglia tra siti web al fine di prendere spazio in quella che sembrava essere (ed in parte era) una nuova corsa all’oro. Tale battaglia è divenuta brutale soprattutto tra diretti competitors. Come quando, nel 2008, Google e Microsoft combattevano per acquisire Yahoo!. In ballo c’era una compagnia tremendamente in rosso ma ancora molto potente nel ramo dei motori di ricerca. L’offerta era però troppo bassa, e così iniziò la tattica di accerchiamento di Microsoft, mettendo la tecnologia di Bing al servizio di Yahoo!. Ad oggi l’operazione di acquisire il terzo motore di ricerca al mondo sembra sfumata, ma può indicare il potere che alcuni domini possono esercitare sulla rete.

Tale potere ne fa i probabili media di un prossimo futuro, se non possiamo considerarli tali fin da ora. In tal senso l’ipotesi che la rete ponga sullo stesso livello le istanze di tutti i propri utenti è davvero inconciliabile con la realtà attuale. Lo sviluppo ipertrofico delle pagine web può essere ricondotto proprio a quella terza fase dello sviluppo economico (la terziarizzazione) che ha slegato la produzione dall’attività economica. Una delle criticità di internet è proprio il fatto di poggiare sulla pubblicità come metodo di finanziamento, anche se in alcuni casi lo ha fatto in maniera estremamente intelligente (è il caso di Google, che ha selezionato la pubblicità a seconda delle ricerche dell’utente). Resta però il fatto che, contrariamente a quanto si pensi, se non ho cognizione di cosa cercare, internet non lo porterà alla mia visione spontaneamente, ma anzi, tale rappresentazione della realtà sarà inevitabilmente mediata. Da chi, e soprattutto perché, resta una delle incognite della rete. Inutile dire che attorno alle pubblicità, alle pressioni versi i propri concorrenti e alle dinamiche di potere ruotano tali incognite.

Per l’era della globalizzazione non possono che sorgere nuovi media, e il prezzo di ogni mediazione è che il contenuto subisca un processo selettivo. In ogni caso, l’utente abbandona consensualmente un proprio grado di libertà. E lo fa oggi cedendo parte di se stesso ad un linguaggio meccanico nei confronti del quale è praticamente semi-analfabeta, riconducendo la propria condizione a quella di 150 anni fa, quando il potere era gestito in una lingua non autoctona. La distanza tra linguaggio di programmazione e interfaccia grafica designa tale differenza, tra utente e programmatore, tra chi utilizza il computer e chi sa come funziona. Ne deriva una discontinuità in quella materia plasmatica con la quale ci piace tanto identificare internet, un nodo tramite il quale si concentrano flussi di informazioni e che in tal modo si pone come variabile indipendente del sistema. In tale mondo anche la Cina necessita di Google per opprimere il proprio popolo.

I nodi della rete sono ad oggi attori geopolitici rilevanti, insomma. Come tali vanno considerati, in virtù del potere che hanno come mediatori tra input e output informatici. Se poi, tramite sistemi come quello di Liquid Feedback, tale dinamica viene esportata all’interno della politica, non possiamo che evidenziare quanto totale sia l’adesione ai principi cardine dell’era informatica. Se la “gente” non può sbagliare, allora viene da sé che la rete abbia sempre ragione. Ma la ragione di chi? Quella della coscienza di ciascun individuo o quella di una vox populi ingrigita, persa e gioiosamente fagocitata dagli ingranaggi del consenso?

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