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"I Padrini del Ponte": il malaffare italiano e internazionale attorno allo Stretto

Un libro per stomaci forti quello di Antonio Mazzeo, "I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina", duecento pagine da leggere per chi nutre ancora qualche dubbio sul fatto che la costruzione del ponte sullo Stretto sia solo un regalo alla criminalità organizzata e a quei pochi gruppi imprenditoriali che si gestiscono gli appalti in Italia.

"I Padrini del Ponte": il malaffare italiano e internazionale attorno allo Stretto


Ma addentrarsi nelle pagine di questo saggio pare quasi come fare lettura di un qualche libro di avventura, una favola per ragazzi cresciuti. I personaggi che possiamo osservare sono noti in tutto il mondo, girano, per far fruttare i loro guadagni sporchi, l’Africa e l’America latina, il Canada e gli Emirati Arabi. Principi, emiri, grandi imprenditori, mafiosi, massoni, politici. Stragi di mafia e terrorismo islamico, colate di sangue e di cemento.
 
In questo infinito giro di miliardi e interessi infatti, a far compagnia alle cosche siciliane e alle ‘ndrine calabresi, troviamo la mafia internazionale. Una mafia che ormai è mafia finanziaria, dedita quindi non solo a estorsioni, racket, tangenti, sub-appalti, ma talmente potente e ricca da essere in grado senza problemi di finanziare un’opera come quella del ponte sullo Stretto. Mazzeo ci racconta, utilizzando tra le sue fonti, le carte del processo Brooklyn, le gesta di Giuseppe Zappia, prestanome del boss italo canadese Vito Rizzuto, pronto a investire cinque miliardi guadagnati attraverso il narcotraffico nella realizzazione del ponte. Ci narra anche la storia dei “Signori delle Antille”, criminali di origine argentina, che hanno deciso di trasferire risparmi e residenza nei paradisi fiscali caraibici. Insomma un insieme di gruppi e figure che si incrociano in questo groviglio di soldi, sangue e petrolio.
 
La prefazione al libro di Mazzeo, dal titolo eloquente de “Il Ponte e le mafie: uno spaccato del capitalismo reale”, è stata scritta da Umberto Santino. Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” di Palermo, è uno dei militanti democratici più impegnati contro la mafia nonché uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni riguardanti i poteri criminali e i rapporti tra criminalità, economia e politica. Nella prefazione definisce il ponte: “inutile, dannoso, costruito su un’area altamente sismica, una voragine di soldi che potrebbero essere spesi per il reale sviluppo della Sicilia e della Calabria”. E ancora ci informa che “il quadro che emerge dall’inchiesta è uno spaccato significativo del capitalismo reale contemporaneo, in cui l’accumulazione illegale convive con quella legale, accomunate da processi di finanziarizzazione speculativa per cui diventa sempre più difficile distinguere i due flussi”.
 
Mazzeo offre quindi un quadro molto preciso e documentato dei personaggi e dei movimenti che hanno caratterizzato questi decenni in cui si parla della grande opera. Con particolare riferimento alle fonti giudiziarie, anche se non definitive, e attraverso il richiamo ad altri saggi e articoli di giornale, ricostruisce la storia di trent’anni di ponte in modo dettagliato, offrendo un’analisi lucida sui molteplici interessi che girano attorno a questa costruzione.
 
Sentir parlare di terrorismo islamico internazionale, in un paese in cui si mandano a pascolare i maiali nei luoghi dove si dovrebbero innalzare delle moschee, se non fosse tragico farebbe quasi sorridere. E leggere tutte quelle intercettazioni, scoprire tutti quegli intrighi attraverso le parole intercettate di criminali e faccendieri, fa comprendere come davvero faccia paura questo potente strumento investigativo che vogliono eliminare. Viviamo nel paradosso. E chissà se il ponte verrà davvero costruito dato che in teoria i lavori dovrebbero iniziare quest’anno per terminare nel 2016: ma in fondo che importa, non interessa che l’opera sia terminata ma solo che faccia girare i soldi.
 
Antonio Mazzeo è noto per le sue battaglie anti-militariste e ambientali e per aver creato il blog stostretto.it. Vive da anni in Uruguay. E’ anche autore, con Antonello Mangano, de “Il mostro sullo stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il ponte”. Ora arriva quindi “I Padrini del Ponte” (Edizioni Alegre), per scriverlo ci ha lavorato sei anni, e per tre anni il testo è rimasto chiuso in un cassetto in mancanza di una casa editrice che volesse pubblicarlo. Chissà ora quante querele arriveranno.

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