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Hemingway e Capa. Una bella scampagnata

Quel giorno erano in cinque: Ernest Heminguay, sua moglie, i suoi figli e Robert Capa, il fotoreporter ungherese che aveva deciso di lasciare la sua patria e di mettersi al seguito degli americani per rischiare la pelle.

Ma non per gli americani, ma per il desiderio che aveva di osservare il mondo, le follie degli uomini, e il loro bisogno di riscatto e di libertà da ogni tirannide. Il luogo prescelto erano i campi di battaglia che a partire dal 1940 si aprirono in mezzo mondo. Hemingway e Capa si erano conosciuti da antica data, cioè prima ancora che la Seconda Guerra mondiale scatenasse in Europa lo scontro senza precedenti, tra il nazifascismo e gli Alleati, mettendo l’uno accanto all’altro uomini che avevano in comune lo stesso desiderio di libertà e lo stesso odio contro ogni forma di oppressione. Hemingway non era nuovo a simili ardori, tant’è che lo si era visto sul fronte del Piave durante la Prima Guerra mondiale, la Grande Guerra. Appena ragazzo. Cosa che mi dà un qualche orgoglio, perché essendo dello stesso anno di nascita di mio padre, anche lui ragazzo del 1899, aveva combattuto da quelle parti con la passione e l’amore che solo i diciottenni o i ventenni possono avere. Si era arruolato volontariamente come autista di autoambulanze con la Croce Rossa degli Stati Uniti. Mio padre, invece, era sul campo di battaglia, soldato del 5° Reggimento degli Alpini, Decimo Battaglione, ed era giunto in territorio dichiarato in stato di guerra il 24 marzo 1918. Da qui era ripartito il 4 novembre 1918 dopo l’armistizio di Villa Giusti (Padova) firmato, il giorno prima, dall’imperatore austro-ungarico con l’Esercito italiano.

Due volontari. Il primo veniva da molto lontano e non glielo aveva fatto fare proprio nessuno lottare per degli stranieri, quali eravamo noi. Il secondo era invece italiano e con quel suo gesto di volontario, di ragazzo del ’99, come allora furono chiamati i soldati di questa leva, voleva riscattare il suo Paese dall’oppressione straniera, anche lui spinto da un’ansia di libertà.

L’amicizia tra Hemingway e Capa, non risaliva, però, al 1940, quando l’ungherese immortalò il pic-nick del suo amico a Sun Valley. Aveva una sua prima radice comune: il sostegno che entrambi diedero contro le forze antifranchiste durante la guerra civile spagnola. Così l’antifascismo di Hemingway si incontrava con quello di Capa e così quando Mussolini dichiarò la sua guerra unilaterale contro le potenze che chiamava plutocratiche del mondo, i due amici avevano già intessuto nuovi robusti legami tra di loro, a tal punto da passare assieme, momenti distensivi, carichi, però di speranza e di futuro.

Nelle sue fotografie, però, Capa ci dà sempre un’immagine distesa e quasi agreste del suo amico. Lo coglie o mentre scrive, o mentre passeggia con la moglie, oppure su un vecchio ponte di legno mentre osserva il figlioletto che dorme. O, ancora, mentre passa in rassegna gli animali della cacciagione di giornata, distesi uno dopo l’altro come trofei su un terreno erboso o appesi in casa di quella famiglia dove la vita oscillava tra libri e natura. Ma anche, tra ansie di libertà e voglia di vivere.

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