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“Grillini” nepalesi

Anche in Nepal, giovani fuori dal sistema, cercano di muoversi. Sitemi politici che, ovunque, hanno stancato chi lavora, vuole opportunità, non spera in prebende.

Il 28 maggio dovrebbero concludersi i lavori dell’Assemblea Costituente (eletta nel 2008) con un mandato (già prorogato) di due anni per redigere la nuova costituzione del Nepal. L’Assemblea si riunisce una volta al mese, una ventina di parlamentari sono già stati arrestati o sotto inchiesta per una moltitudine di reati (l’ultimo la vendita di passaporti diplomatici) e poco è riuscita a concludere. Si parla di una nuova proroga che ha fatto infuriare molti e continua a mantenere il paese in un limbo politico-istituzionale. In questa situazione aumentano gli scioperi promossi da gruppi e gruppuscoli per ottenere visibilità, gli studenti si picchiano con la polizia e le bande criminali allargano le attività nei quartieri settentrionali (tradizionalmente più movimentati) di Gongabu, Mitranagar, Basundhara and Naya Bazaar .

Eppure, in questa situazione incredibile per carenza di poteri e leggi, qualcosa si muove in modo pacifico e sembrerebbe positivo per il futuro. Forse si sta formando un’alternativa ai politici stagionati o alle organizzazioni integrate nel sistema della “società civile” foraggiate dai donatori internazionali. Facebook serve per aggregare e organizzare gruppi di giovani, la classe media formatasi nella capitale, che ha studiato all’estero in parte e che ha creato piccole imprese innovative o ha cercato futuro nelle professioni. Gente che non conta su amicizie o prebende dello stato o delle organizzazioni internazionali. Qualche centinaio di “grillini” nepalesi (meno rumorosi dei nostrani) ha manifestato, per la prima volta, di fronte all’Assemblea Costituente, protestando contro i continui ritardi e l’inadempienza dei legislatori. I ragazzi hanno chiesto che, visto la scarsa produttività, gli venissero tolti i benefici e gli stipendi.

Fra gli organizzatori, un giovane ingegnere nepalese, Sagar Onta, che racconta come le tante rivoluzioni nepalesi (nel 1950, 1989, 2006) non hanno prodotto alcun risultato se non formare una élite politica incementata nei propri interessi immediati, aggiunge, “che una nuova rivoluzione servirebbe per de-politicizzare la nostra società”. Non so, forse è un problema più grosso, forse il sistema parlamentare nato nell’800 per assicurare rappresentanze non funziona più nel 2010 (e non solo in Nepal). In gran parte del mondo si chiedono cosa serva una mastodontica burocrazia politica eletta o non eletta (come nei paesi arabi) che drena risorse, limita opportunità e costa un sacco di soldi, rendendo poco. Discorso estensibile anche alle vecchie democrazie come la nostra.

La prossima rivoluzione, conclude il giovane ingegnere, dovrà essere non contro un dittatore, un partito, una classe ma contro un sistema politico inefficace che ha prodotto una generazione di politici senza etica e disonesti. C’è da dire che anche i maoisti (rappresentanti della classe media delle campagne, insegnanti, funzionari statali, studenti) era fatta da personale politico nuovo ma è stata, subito, completamente assorbita negli usi e costumi del “sistema” e, adesso, i sindacalisti maoisti si picchiano fra di loro per primeggiare nella raccolta delle “donazioni”. Quasi come la Lega da noi.

Intanto, la “società civile” nel sistema organizza scioperi per dare un senso alla propria esistenza e cercare, nel vuoto, di ritagliarsi qualche spicchio di potere e di soldi. La Nepal Federation of Indigenous Nationalities (Nefin), ente inutile e foraggiato dalla cooperazione inglese (Department for International Development –DFID-) ha organizzato uno sciopero, senza senso, che ha bloccato gran parte del Nepal. Si è giunti all’incredibile che i donatori internazionali hanno dovuto emettere un comunicato in cui dichiarano che, malgrado I finanziamenti elargiti alla NEFIN “they do not “approve of” or “support” any bandas (sciopero). In a joint press statement, embassies of Britain, the United States of America, Federal Republic of Germany, Australia, Denmark, Switzerland and the delegation of the European Union in Kathmandu". Hanno scoperto che per rendere effettivo lo sciopero, gli organizzatori da loro finanziati “use the threat of violence to restrict freedom of movement and people´s rights to a normal life”.

Qualche migliaio di persone ha sfilato a Kathmandu lo scorso venerdì per protestare contro i continui scioperi con particolare riguardo a quello della NEFIN chiedendo una vita normale e leggi certe. SI è addirittura formata una Alliance Against Banda (AAB), formata dagli operatori economici compresi quelli del turismo che vedono messo in pericolo il successo dell’Anno del Turismo nepalese. Addirittura vogliono fare causa “against political leaders who put their signature in the commitment paper not to organize any banda or protest program that would affect tourists and the tourism industry”. Insomma, come in altre parti del mondo, I cittadini normali non riescono più a capire perché devono essere sottomessi a un sistema e a persone che non li garantiscono, neanche nelle esigenze basilari (leggi, servizi, organizzazione dellop stato) e protestano, qui e fino ad ora, pacificamente. Che la situazione della legalità, per I cittadini comuni, stia peggiorando in attesa di un governo che governi e di regole certe è indicato. Amnesty International, per finire segnala che nel Terai sono attivi più di 100 gruppi armati (parapolitici e criminali), accusa ”security agencies of using excessive force and of even killing people suspected of affiliation with armed groups in “fake” encounters". La domanda spontanea è quando durerà il miracolo Nepalese e fino a quando la gente non s’incazzerà veramente.

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