Gli errori di Maroni
Una premessa, necessaria, per inquadrare i fatti: Maroni è il Ministro degli Interni e come tale ha la responsabilità dell’ordine pubblico e della lotta alla criminalità.
Saviano è un intellettuale condannato a morte dalla camorra che ha fatto della lotta alla mafia la sua ragione di vita.
Entrambi assolvono in modi e forme diverse al medesimo compito: la lotta alla criminalità organizzata. Maroni con la repressione, Saviano con l’informazione.
Ma la condizione di Saviano non è quella di Maroni. Saviano è un condannato a morte dalla camorra e in quanto tale, vive la vita di un persona perseguitata dalla criminalità, la cui sicurezza dipende da Maroni. La scorta di Saviano è fornita dal Ministero degli Interni.
Il primo errore
Il primo errore di Maroni è stato quello di scagliarsi contro uno dei più combattivi e coraggiosi avversari della camorra al punto che dalla stessa è stato condannato a morte.
E ciò non solo è un atto privo di umanità, è molto di più, è un errore. Un atto disumano perché l’attacco a quest’uomo lo isola e lo rende più esposto e più vulnerabile. Un errore perché un Ministro degli Interni ha il dovere di proteggere e di supportare chi combatte la criminalità organizzata e non di fargli la guerra con il rischio di delegittimarlo.
Maroni quando è intervenuto contro Saviano ha dimenticato il suo ruolo di Ministro degli interni, la condizione e il ruolo dell’intellettuale napoletano.
Il secondo errore
Il secondo errore è stato quello di portare sul piano della lotta politica lo scontro con Saviano. Per Maroni Saviano non era l’intellettuale che esprimeva, bene o male, una sua opinione che illustrava, bene o male, un'inchiesta giudiziaria, ma un avversario politico e come tale lo ha trattato. E’ stata la necessità di ripristinare la verità a suggerire al ministro il suo intervento contro Saviano, oppure altre esigenze? Certo la Lega era stata attaccata e allora bisognava rintuzzare quest’attacco. Siamo in campagna elettorale, e allora qualche dubbio viene.
Il terzo errore
La trasmissione di Saviano era l’occasione propizia per l’adozione di politiche di contrasto definite ed elaborate, anche sulla base di quanto da lui denunciato in occasione del monologo ed in precedenza. Ci riferiamo all’utilizzo malavitoso di capitali puliti nel campo borsistico e al tentativo di utilizzare la Lombardia come centro europeo di smistamento della droga. E allora il provvedimento ministeriale di monitoraggio dei flussi finanziari degli appalti è riduttivo. Occorre allargare il raggio azione e seguire questi flussi anche nella compravendita di azioni, anche in borsa.
L’obiettivo della 'ndragheta di fare della Lombardia il centro di smistamento della droga in Europa avrebbe dovuto suggerrire al Ministro di portare la questione a livello europeo. Mentre la denunciata diffusione capillare della infiltrazione, poteva indurre il ministro a coinvolgere anche le realtà locali nella lotta alla mafia. Avrebbe quindi potuti chiamare a raccolta gli amministratori locali lombardi e avviare una campagna di sensibilizzazione, una riflessione comune sui rimedi da adottare.
Il quinto errore
La lotta alla mafia è qualcosa di complesso e variamente articolata. L’antimafia dei fatti non è solo la cattura dei latitanti. Fatti anti-mafiosi sono anche le indagini che inchiodano alla loro responsabilità i delinquenti e gli strumenti che li rendono possibili: a partire dalla libertà di intercettazione, le sentenze che le assicurano alle patrie galere, la legittimazione e il supporto degli avversari della criminalità organizzata, la cultura popolare. L’informazione che rende tutti consapevoli degli andamenti, delle strategie e degli obiettivi mafiosi, del pericolo che corrono certi territori e della necessità di approntare i mezzi necessari ad affrontare il fenomeno è uno strumento fondamentale dell’antimafia . Ha fatto più male alla camorra il libro "Gomorra" che la cattura di tanti latitanti. Del resto la pericolosità per la mafia della conoscenza è cosa vecchia. Quanti giornalisti sono stati vittime della mafia da Orefice a Siani e quanti da essa sono considerati nemici a partire dallo stesso Saviano fino alla Capacchione.
L’antimafia culturale di Saviano è un fatto. Vero signor Ministro?
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