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 Home page > Attualità > Cronaca > Giustizia e libertà, i veri nomi dei server di Genchi

Giustizia e libertà, i veri nomi dei server di Genchi

Credo che i server di Genchi, ora che il Tribunale del Riesame ha annullato il sequestro del suo Archivio, potrebbero cambiare anche nome. Se prima, nel periodo immediatamente successivo al sequestro operato dal Ros di Roma per l’indagine in corso i suoi danni di abuso d’ufficio, violazione della privacy e della legge Boato, alcune testate giornalistiche, nell’onta che aleggiava sull’ex consulente di Luigi De Magistris come “il più grande spione d’Italia”, venivano sfarzosamente, e velenosamente, definiti “Ciampi”, come l’ex presidente della Repubblica italiana, e “Gifuni”, come l’ex segretario del Quirinale, come ad indicare realmente, solo ad indicare però, una filosofia di intelligence che non aveva eguali nella storia repubblicana italiana, oggi, a buon diritto, potrebbero essere ribattezzati. Io proporrei di chiamarli “Rutelli” e “Chicchitto”, l’uno il presidente del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e l’altro il capogruppo alla Camera del Popolo della libertà. Due illustri rappresentati del Veltrusconismo che non muore mai, e che non si sono mai risparmiati nel puntare l’indice contro il consulente.


Ma forse questi appellativi non andrebbero bene alla morbosa curiosità degli italiani. Oppure con il nome delle inchieste sottratte al pm, come magistrato, e a lui, come tecnico, “Poseidone” e “Why not”. Ma neanche queste, secondo me, riuscirebbero a soddisfare il palato sempre più ricercato dei fruitori dell’informazione odierna, zeppa di condimenti, ma povera di proteine. E poi la gente è stanca di sentire parlare di mancata depurazione delle acque in Calabria e di Comunione e Liberazione. No, io suggerirei di chiamarli “Giustizia” e “Libertà”, come il gruppo scultoreo dell’artista calabrese Giuseppe Rito che si trova nell’atrio delle scale del Palazzo di Ivstizia di Catanzaro. Le statue rappresentano la Giustizia nell’atto di impugnare una spada con la mano destra, mentre con l’altra sorregge l’angelo della Libertà. Secondo il grande scultore di Monteleone (Vibo Valentia) esse sono delle Dee superstiti, le ultime. Se questi nomi possono identificare delle Dee che si aggirano sulla terra e per quanto possono fanno valere le loro ragioni, perché non anche l’Archivio di Genchi? o i suoi server?

E si perché un motivo ci deve pur essere in questo dissequestro del Tdl contro il sequestro ordinato lo scorso 13 marzo dalla Procura di Roma. E quale? Se non un insieme di dati e di informazioni che sono servite alla Giustizia, con la “G” maiuscola, a fare il suo corso? A me piace immaginare che siano state proprio queste notizie, nella loro nudità, a difendersi dalle accuse, come la statua di Rito che impugna la spada. Sarebbe bastato anche lei da sola, ma la Dea senza la sua gemella, la Libertà, non va da nessuna parte, ecco perché se la porta sempre con sé. Proprio come l’inverosimile privacy violata agli indagati delle inchieste di Luigi De Magistris. Senza la privacy, dunque, sarebbe caduta anche l’altra accusa, di abuso d’ufficio. Ora i server di Genchi conservano un sacco di dati, informazioni. Gli uni servono, e sono serviti, ai pm per dare un supporto tecnico alle indagini. E si trovano tutti in un sistema informatico, e si chiamano “Giustizia”. Gli altri, invece, sono la stessa cosa, ma riguardano la sfera privata delle persone, con la sfumatura, che non è proprio da buttare via, che la privacy delle malefatte degli indagati si scontra con l’interesse pubblico. E quindi ci vuole la Libertà per poter agire, da qui il nome.

Commenti all'articolo

  • Di Vulca (---.---.---.193) 12 aprile 2009 02:44

    Dai Gioacchino, forza Luigi, in nome della libertà per poter far risorgere questo Popolo, di poterlo liberare dall’omertoso atteggiamento di paura, dall’essere conniventi a comportamenti impotenti verso la corruzione, per liberare l’onta ai bravi magistrati che lottano per la Giustizia. Per non farli sentire mosche bianche, per non lasciarli soli, per essere la spada che taglia di netto la cancrena che avvinghia il corpo sano dello Stato.
    La spada che netta recide il marcio e libera il bene dal male. La giustizia ci rende uomini liberi. Liberi dalla vergogna delle mafie, dalle corruttele istituzionalizzate, dallo sperpero di denaro pubblico, e ci fa tornare ad essere cittadini in uno stato di diritto che si riappropria della dignità con il coraggio, per questo deve trionfare sempre la Giustizia. 
    FORLEO, APICELLA, NUZZI, VARASANI, BRUNI, E TANTI ALTRI MAGISTRATI HANNO LOTTATO E LOTTANO ANCORA PER FARE PREVALERE IL PRINCIPIO DI GIUSTIZIA, PER RENDERCI IN EGUALE MISURA TUTTI CITTADINI LIBERI DAL MALE ITALIANO.

  • Di cometa (---.---.---.208) 14 aprile 2009 09:15

    Io proporrei di chiamarli, entrambi, Vittorio, in ricordo del ragazzo tredicenne che si è suicidato per liberarsi dal padre e dall’ambiente e dalla cultura mafiosa in cui era costretto a vivere.
    Perché tutti, ricordando Vittorio, se ne sentano almeno un po’ responsabili. Perché rassegnarsi non è la sola possibilità.
    Ciao, cometa

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