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Giappone: un anno dopo Fukushima, qual è la situazione economica

Un anno fa un terremoto con annesso tsunami sconvolse l’arcipelago giapponese. Le vittime sono state oltre 19mila, 340mila persone vivono ancora in abitazioni di fortuna. Solo il 6% dei 22,5 milioni di tonnellate di detriti causati dalle onde dello tsunami sono stati raccolti, mentre le conseguenze dei danni alla centrale nucleare della Tepco a Fukushima sono ancora oggi poco circoscrivibili.

Il “business della ricostruzione” aveva animato le prime settimane del dopo disastro, ma la vacuità di questa speranza è risultata evidente quando é diventato chiaro che occorreranno decenni prima che le aree a qualche decina di kilometri da Fukushima, tornino riutilizzabili.

L’imperatore alla commemorazione di ieri ha chiesto “un Giappone dove il popolo possa vivere al sicuro”. Ma l’arcipelago ha già fame di energia: il primo ministro Noda avvisa che senza energia nucleare (al momento solo 2 reattori su 54 sono attivi ) il Giappone avrà delle carenze energetiche nell’ordine del 10%.

Per sperare che il Giappone esca da questa impasse converrà sperare negli stereotipi di lungo corso di un popolo orgoglioso, lavoratore e umile, piuttosto che agli stereotipi che si sono generati negli anni ’80 e ’90. Li ricordate? Si diceva che i giapponesi copiassero le merci occidentali, soprattutto le auto, per costruirne loro identiche e venderle a minor prezzo e che con i ricavi di quelle vendite avrebbero comperato prima gli USA e poi l’Europa. Più o meno lo stereotipo che oggi abbiamo assegnato alla Cina, che ultimamente se la passa meno bene del solito: produzione industriale e vendite al dettaglio in calo oltre le attese e banca centrale pronta agli stimoli monetari. Fa un certo effetto parlare di stimoli monetari in un Paese che con delusione annuncia di prevedere una crescita di PIL del 7,5% per l’anno 2012, ma il fatto é che le dinamiche demografiche in Cina rendono “necessaria” una crescita almeno dell’8%. Per questo gli analisti si aspettano una riduzione nelle riserve obbligatorie delle banche: un incentivo alla leva, insomma.

Il tutto mentre il prezzo degli immobili cinesi sta calando “auspicabilmente si tratterà di un calo ad una cifra” dice Vincent Lo, presidente di Shui On Land Ltd.
Fortunatamente un soggetto che di crisi immobiliari ha dato grande prova in passato di saper leggere bene la situazione, JP Morgan, dice che:

“the worst is behind us for the nation’s property market”

Sono autorizzate le più fantasiose forme di scongiuro.

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