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Gheddafi: guerra santa contro la Svizzera, ma non ne ha l’autorità religiosa

Gheddafi: guerra santa contro la Svizzera, ma non ne ha l'autorità religiosa

Bene o male l’importante è che se ne parli. Uno dei più cari amici del nostro Presidente del Governo ne ha fatta un’altra delle sue. Parliamo proprio di lui, quel Gheddafi che ricordiamo con le tende a Villa Pamphili l’anno scorso, attorniato dalle sue guardie del corpo amazzoni.
 
Ma lui, il dittatore libico, non riesce a stare fermo un attimo, e da qualche tempo ce l’ha con la Svizzera, colpevole qualche anno fa di aver arrestato il figlio, dopo la denuncia dei suoi collaboratori domestici. Questa volta però il folklore lascia campo libero all’inquietudine e il piccolo stato europeo ne fa le spese con chissà quali conseguenze.
 
Gheddafi, infatti, ha dichiarato la Jihad, la guerra santa, contro la Svizzera dopo la decisione, voluto da un referendum popolare di stoppare la costruzione di nuovi minareti e così la situazione, dopo che negli ultimi tempi pareva migliorata è andata, invece, deteriorandosi.
 
I rapporti si sono rotti nel 2008, come detto, quando Gheddafi jr e sua moglie furono arrestati in Svizzera e trattenuti due giorni per maltrattamento contro i domestici, salvo poi essere rilasciati e ricevere nel 2009 le scuse del Presidente Hans-Rudolf Merz. I rapporti però subito si inaspriscono a causa della volonta libica di trattenere, un anno e mezzo fa, due uomini d’affari elvetici, uno dei quali, Rachid Hamdani, è stato liberato la settimana scorsa, mentre l’altro, Max Göldi, è stato condannato a 4 mesi di prigione per soggiorno illegale, dopo essersi consegnato in seguito all’accerchiamento da parte dell’esercito libico del consolato elvetico, nel quale l’uomo si era rifugiato. A inizio mese, inoltre, la Svizzera aveva creato una blacklist di 186 cittadini libici non benvenuti su suolo elvetico, a cui la Libia aveva risposto con la sospensione della concessione di nuovi visti di ingresso ai cittadini dei paesi Schengen, nonché la validità dei visti già rilasciati.
 
Insomma la situazione tra le due nazioni era tesa da un po’ e il referendum sui minareti è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: “Coloro che distruggono le moschee di Dio meritano di essere attaccati dalla Jihad e se la Svizzera un nostro confinante, noi la combatteremmo. Tutti i musulmani che tratteranno con la Svizzera sono degli infedeli, contro l’Islam, contro maometto, contro Dio e contro il Corano”, parole di fuoco quelle dette da Gheddafi in un discorso a Bengasi, nell’est della Libia, in occasione della Festa del “Mouloud”; parole che hanno suscitato risposte e preoccupazione da parte dei leader internazionali.
 
Per Parigi l’attaco di Tripoli è “inaccettabile”: “Simili dichiarazioni – scrivono dal Ministero degli esteri francese - sono inaccettabili. E’ tramite la trattativa che le controversie tra Libia e Svizzera vanno regolate". Stupita, invece, l’UE che dalla voce della portavoce dell’alto rappresentante della politica estera, Catherine Ashton giudica i commenti del leader libico “piuttosto insoliti in ambito diplomatico’’.
 
La Svizzera, invece, per il momento tace. E l’Italia, amico di Gheddafi e tra i primi partner commerciali dello stato libico? Il nostro paese è infatti al centro del dibattito, essendo, come detto uno dei più paesi “amici" della Libia. Il Ministro degli esterio Frattini ha dichiarato in un’intervista di Affaritaliani.it che “non vi è interesse né dell’Europa né dell’Italia a creare condizioni che inaspriscano toni e situazione (... ) Auspichiamo una soluzione immediata del contenzioso bilaterale”, mentre il Ministro degli Interni Maroni ha dichiarato che: “Se non si risolve rapidamente il contenzioso tra Libia e Svizzera, temo che ci possano essere conseguenze molto negative per l’Italia e altri Paesi dell’Unione europea nel controllo dell’immigrazione clandestina e anche sul fronte della esistenza dei sistemi di controllo come Schengen”.
 
Il problema, però non si pone, sottolinea L’Express, riprendendo un’intervista di Hasni Abidi, direttore del Centro di Ricerca del Mondo arabo e mediterraneodi Ginevra, sul sito della Radio Svizzera Romande: Gheddafi, infatti, non ha la leggittimità religiosa per chiamare alla Jihad" e per questo per il settimanale francese, le grida del colonnello non riusciranno ad andare più in là delle pagine interne dei giornali. In più, dice Abidi i propositi dei dirigenti libici non hanno credito nel mondo musulmano" anche perché la stessa Libia combatte al fianco degli Usa la guerra contro le organizzazioni terroristiche come Al Qaeda.
 
Chi l’avrà vinta?

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