Flussi di capitale, spiragli di luce

Dai flussi di capitale estero verso gli Stati Uniti qualche deduzione su ciò che succederà sulle obbligazioni ed i cambi
Come il mese scorso voglio analizzare insieme a voi gli interessanti dati sui flussi mensili di capitali esteri verso gli USA.
Il danno fatto all’Europa e all’Euro dalle schermaglie della guerra delle valute ce l’abbiamo ben presente. Come ricorderete fin da dicembre 2009, nel post “cosa mettere in portafoglio per il 2010“, vi ho avvisato del rischio presente sul mercato dovuto all’esigenza di rifinanziamento di tutti i Paesi occidentali: un mare di “carta” che necessita di essere sottoscritta, e che costringe i Paesi a farsi concorrenza, per ora in termini di “immagine” più avanti, forse, la concorrenza si farà in termini di tassi.
La concorrenza sui tassi è molto pericolosa: incentivare il denaro con rendimenti più alti potrebbe rendere insostenibile il debito per chi ne ha in dosi massicce, e poi in queste fasi di turbolenza il mercato non cerca rendimenti, ma sicurezza (e fra poco ne vedremo l’evidenza numerica).
Dunque vediamo un attimo lo svolgersi logico degli eventi: in una prima fase, non volendo scendere sul piano dei rendimenti per strapparsi i sottoscrittori l’un l’altro, gli Stati lavorano sulla propria immagine e cercano, qualora possibile di infangare l’immagine altrui. Ed è la fase che abbiamo appena vissuto o che stiamo vivendo.
In una seconda fase le istituzioni tamponano gli eccessi manifestatisi in conseguenza della prima, mostrando al mercato la volontà di anestetizzare il rischio emittente, estendendo il cordone di sicurezza anche alla periferia. Appena il mercato “digerisce” questo concetto, si dirige alla ricerca di “yeld” visto che la sicurezza è implicita ovunque. Questa è la ragione per la quale i rendimenti obbligazionari iniziano a dare segnali di aumento.
In una seconda fase le istituzioni tamponano gli eccessi manifestatisi in conseguenza della prima, mostrando al mercato la volontà di anestetizzare il rischio emittente, estendendo il cordone di sicurezza anche alla periferia. Appena il mercato “digerisce” questo concetto, si dirige alla ricerca di “yeld” visto che la sicurezza è implicita ovunque. Questa è la ragione per la quale i rendimenti obbligazionari iniziano a dare segnali di aumento.
La terza fase è quella più pericolosa: gli Stati per attirare i capitali iniziano campagne promozionali sul genere “sostieni il tuo Paese: compra titoli di Stato” e, in congiunzione: “offerta speciale: emissione al tot%” come nelle più dozzinali salumerie. E’ una fase verso la quale ci stiamo incamminando, ma che se possibile dovremmo cercare in ogni modo di evitare.
Ma veniamo a quei famosi numeri: i flussi di capitali esteri attesi verso gli USA nel mese di Marzo ammiontavano a 50 mld $, ieri il dato effettivo è stato comunicato al mercato: nel mese di febbraio sono confluiti verso gli Stati Uniti 140 mld$ (!!!). La strategia di terrorizzare gli investitori sul futuro dell’euro ha avuto successo (e parliamo di marzo, chissà aprile….) portando i capitali alla ricerca di sicurezza a vedere i T-bond come unico “safe haeven”. L’effetto l’avevamo già intuito guardando l’andamento del dollaro, ma di certo i numeri hanno più sostanza delle sensazioni.
Ora, posto che in aprile il processo è continuato con ancor più vigore sul mercato dei cambi, possiamo ragionevolmente attenderci che anche i dati sui flussi di capitale estero verso gli USA di Aprile risulteranno elevati. Questo mi induce a pensare che il dollaro potrebbe essere in una fase di ipercomprato, proprio mentre i mercati cominciano a “stuzzicare” gli investitori con rendimenti un filo più alti, al costo di un rischio anestetizzato. Le affermazioni di esponenti autorevoli della BCE riguardo la “preoccupazione” per la velocità con cui l’euro si sia svalutato contro dollaro danno il segnale di una possibile inversione di tendenza, di qui a qualceh tempo.
Ora, posto che in aprile il processo è continuato con ancor più vigore sul mercato dei cambi, possiamo ragionevolmente attenderci che anche i dati sui flussi di capitale estero verso gli USA di Aprile risulteranno elevati. Questo mi induce a pensare che il dollaro potrebbe essere in una fase di ipercomprato, proprio mentre i mercati cominciano a “stuzzicare” gli investitori con rendimenti un filo più alti, al costo di un rischio anestetizzato. Le affermazioni di esponenti autorevoli della BCE riguardo la “preoccupazione” per la velocità con cui l’euro si sia svalutato contro dollaro danno il segnale di una possibile inversione di tendenza, di qui a qualceh tempo.
Navigare a vista, sull’obbligazionario, è divenuto dunque quanto mai necessario. In tutto questo c’è però uno spiraglio di luce: gli USA hanno ripreso ad emettere T-bond anziché prevalentemente T-bill.
Negli utlimi mesi, infatti, per mantenere una più bassa spesa per interessi, gli USA avevano abbondantemente fatto uso di T-bill (i BOT americani, brevi) anzichè T-bond (il corrispondente dei BTP, dunque pluriennali). Sebbene avesse consentito di rimandare le politiche di austerità, per dirottare le risorse alla voce”riattivare i consumi”, questo atteggiamento aveva generato una continua esigenza di rifinanziamento per gli Stati Uniti, con corpose scadenze che si susseguivano (e continuano a susseguirsi) a ritmo incalzante. Il riflesso di questa mordente necessità l’abbiamo visto ancora una volta negli episodi pluricitati (Grecia, taglio del rating a Spagna e Portogallo, diffusione di ‘voci’ allarmanti sui Paesi del Mediterraneo…).
Il fatto che ora il Tesoro Americano abbia iniziato ad allungare la duration del proprio debito, consente di auspicare che progressivamente il mercato valutario inizi a rifiatare, facendone ridurre la volatilità. Per contro gli USA dovranno iniziare ad implementare quelle correzioni verso l’austerità necessarie a far fronte alla crescente spesa per interessi.
C’è ancora un gran lavoro da fare dalle parti della Fed e della BCE.
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