• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Festival Internazionale del Giornalismo. Da Sergio Romano a Paolo Liguori: (...)

Festival Internazionale del Giornalismo. Da Sergio Romano a Paolo Liguori: cronaca di una giornata

Il secondo giorno dell’International Press Festival ha visto come protagonista Sergio Romano. Nella sua lectio magistralis parla di potere e stampa. Parte citando l’ex primo ministro inglese Tony Blair che, in suo celebre articolo, rimproverava i media di essere troppo frettolosi nel dare e verificare le notizie pur di stare dietro al flusso di informazione proveniente dal web.

L’editorialista del Corriere sferza, con la diplomazia che gli è propria, la stampa italiana: “i giornali non sono organi di informazione ma strumenti di una battaglia. Possono essere ottimi, buoni o pessimi a seconda degli uomini che i fanno ma l’unico ruolo è quello di “confortare” i lettori”. Nonostante questa presa di posizione è scettico anche nei confronti dei blog che vede, spesso, come un chiacchiericcio: “I blog non sono necessariamente la manna del giornalismo contemporaneo. Non sono la risposta di un giornalismo migliore, sono il buco della serratura attraverso cui il cittadino arrabbiato contempla il mondo della politica e degli affari”.

Un momento interessante, una vera lezione di giornalismo che, di contro, è oscillata tra aperture, come quella sull’ordine dei giornalisti: “se davvero si ritiene utile l’esistenza dell’ordine, questi dovrebbe garantire la serietà dei suoi membri” a tutela degli “old medias”. La sua veste di editorialista di punta del primo giornale italiano non gli consente “slanci” eccessivi, ma ha saputo districarsi egregiamente anche alle domande al vetriolo della platea.

Ha ammesso che: “se i giornali italiani – come quelli americani - pubblicassero la lista degli errori non basterebbe una colonna”. Ha riconosciuto la crisi della stampa in senso di azienda ma non di necessità dell’uomo di informarsi: “il mestiere non è in crisi. In crisi è l’azienda giornalistica. Prima era un’impresa familiare o individuale, che spesso era anche direttore. Nel corso dei decenni l’azienda è cambiata. […] Assistiamo ad una crisi del giornalismo che coinvolge i mostri sacri come il NYT, Le Monde, i locali inglesi o altri quotidiani americani”.

Prima di chiudere con una frase di Hegel, erroneamente attribuita a Goethe (ah! La verifica delle fonti!), ha voluto soffermarsi anche sulla “faziosità” del giornalismo on line: “internet ci permette di allargare le nostre fonti, ci permette di fare un giornale più vario più ricco, il rischio di contro è un giornale più personalizzato, che può diventare ancora più fazioso di quello dei quotidiani ideologici”. Un intervento di un’ora da parte di un “grande vecchio” del giornalismo italiano che, a giusta ragione, difende quanto di buono fatto, per lunghi anni, dai giornali italiani e che non vuole accettare che, purtroppo, gran parte di quella generazione di “signori” del giornalismo non c’è più. Chiedere di più alla stampa di oggi non vuol dire attaccare quanto di buono fatto, significa, anzi, tutelare la memoria di quei giornalisti. Uomini e donne che raccontato l’Italia e il mondo, che ci hanno fatto riflettere e pensare. Anche per loro bisogna chiedere di più all’informazione italiana oggi.



3 DOMANDE A...PAOLO LIGUORI. Di Rosa Pastena


Cosa ne pensa del Citizen journalism?
Io ne penso tutto il bene possibile, spero che si diffonderà E che trovi piattaforme serie su cui orientarsi. Che non sia più solo un fenomeno sporadico, ma diventi un movimento serio di informazione non ufficiale. Abbiamo bisogno di informazione che la gente senta come vera, veda vera.
 
Si parlava di “Tossicità” all’interno del sistema d’informazione. Cosa è che lo intossica?
L’informazione è intossicata dalle stesse tossine della società, però non riesce a tirarsene fuori. Soprattutto, quello che maggiormente nuoce è l’autoreferenzialità, per questo che il citizen journalism costituisce una risorsa, un antidoto.
 
Questione Pino Maniaci. E’ stato denunciato come abusivo perchè non ha il tesserino...
Anche Mauro Rostagno è stato minacciato di morte dalla mafia, è stato ucciso e non era un giornalista. Chissenefrega che non è un giornalista, se viene minacciato di morte dalla mafia, vuol dire che la sua informazione era un opera meritoria e anche pericolosa. Va difeso e protetto, non punito.

Commenti all'articolo

  • Di Frattaglia (---.---.---.195) 2 aprile 2009 19:14

    Le parole di Liguori mi fanno alquanto sogghignare.

  • Di malatempora (---.---.---.143) 2 aprile 2009 19:24

    Ma tra tanti personaggi di rilievo presenti chi ti va ad intervistare o commentare? Due campioni della stampa libera e indipendente, due vere colonne del giornalismo made in Italy che hanno rivoluzionato la stampa italiana!!!!!!!

  • Di l’incarcerato (---.---.---.139) 3 aprile 2009 02:05

    Da Sergio Romano non ci si può aspettare che appoggi l’informazione dal basso. D’altronde è un uomo di altri tempi.
    La cosa che mi scandalizza è che devo dare ragione a Liguori. Brutti tempi.

    Quello che manca in Italia è il vero giornalismo di inchiesta, quello che da fastidio al potere, quello che non scrive gli articoli dietro una scrivania aspettando le notizie ANSA. Un tempo c’era e si moriva anche...

    Ottimo articolo, attendiamo gli altri resoconti!

  • Di Caplaz il ravennate (---.---.---.220) 3 aprile 2009 07:13

    Ricordate gli anni ottanta, quando ci portarono i "giornalisti d’assalto" assieme ai "pretori d’assalto".
    Stampa e Magistratura, apparentemente unite ,avevano dato uno spunto nuovo alla informazione ed al Paese; la cosa però, sparì nel giro i qualche anno ed ogni testata,cominciò a voler primeggiare, nell’avere l’esclusiva di una notizia od un avvenimento di certo rilievo. Ora invece la stampa cartacea è in crisi un po’ dappertuto per due ragioni:i ritardi materiale nel proporci una notizia, mentre internet e tv, la forniscono in tempo reale. Da noi infine l’alto costo dei quotidiani all’ edicola, frena il potenziale lettore ,il quale ha la possibilità,specie nelle grandi città di tutta la penisola di avere a disposizione la free press,che migliora sempre più in qualità.

  • Di antonio brindisi (---.---.---.215) 3 aprile 2009 08:14

    Sia Sergio Romano che Paolo Liguori, per motivi diversi, sono, a mio modesto parere, il peggio di quello che si può chiamare giornalismo, niente come informazione. Il primo, Liguori, è un venduto e il suo è solo un giornalismo velinaro del biscione. Il secondo, che non è mai stato un vero giornalista, ma non si capisce bene perché faccia l’editorialista sul Corriere della Sera, affronta argomenti vetusti e quasi sempre non risponde ai lettori, se non sugli argomenti che interessano a lui. E’ di parte e non sa interpretare i cambiamenti del momento. Peccato non arrivare a parlare con qualcuno un pò fuori dalla nostra informazione farlocca e di regime. (ilgorgon.blogspot.com)

  • Di maurizio carena (---.---.---.230) 3 aprile 2009 08:51
    maurizio carena

     Forse c’e’ qualcuno che pensa che i mainstream siano giornalismo? Ma per favore.

     Passi Sergio Romano, che era un ambasciatore ovvero uno pagato dal suo Paese per mentire, perche’ almeno e’ una persona di grande cultura e di una certa apertura mentale.
     Ma liguori e’ l’antigiornalista per definizione, un portaordini berlusconiano, privo della benche’ minima onesta’ intellettuale, un vero servo al servizio del padrone. Altro che giornalismo. Non mi sarei mai aspetato di vederlo portare come esempio su Agoravox. Che tristezza.
     saluti
    m.c.

  • Di Caplaz il ravennate (---.---.---.220) 3 aprile 2009 09:43

    Per Romano, nutro rispetto, ma per Liguori,aedo di Berlusconi, provo solo ribrezzo. Ricordate i suoi "assoli" quando dirigeva il tiggi Studio aperto?.Bene , in lui nulla è cambiato da allora se non il taglio dei capelli.
    Se questo si chiama giornalismo, allora io mi chiamo Gheddafi.

    • Di virginia (---.---.---.243) 3 aprile 2009 12:59

      Al contrario di tutti coloro che appaiono nei commenti, io do ragione a Piccinini, direttore di AV e autore dell’articolo.
      Perché non sentire anche chi dissente o chi nutre il vostro dissenso (disgusto)?
      Cerchiamo di non agire al contrario di ciò che si professa: siamo liberi? Vogliamo essere liberi di esprimere le nostre opinioni? Bene, chi dissente ha la libertà di dirlo, ma deve anche accettare che si pubblichi l’opinione contraria a ciò che si pensa. Altrimenti, cari commentatori, siete anche voi immersi nel pensiero unico e lo volete imporre.
      Bravo Francesco: sappiamo come la pensi e il pubblicare chi diverge dalle tue opinioni, è un vero atto di coraggio e democrazia.

    • Di Francesco Piccinini (---.---.---.155) 3 aprile 2009 15:13
      Francesco Piccinini

      Era proprio lo spirito con il quale sono andato...

  • Di Francesco Raiola (---.---.---.192) 3 aprile 2009 14:10
    Francesco Raiola

    D’accordo con Virginia. Io non voglio confrontarmi con chi la pensa come me, ma voglio discutere con chi la pensa diversamente, voglio sapere quello che pensa, la sua opinione, capire, poi ognuno è libero di trerne le conclusioni che meglio pensa, a questo servono AgoraVox e i commenti. Grazie Fra e aspettiamo gli altri contributi dal Festival

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares