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Fame di crescita mondiale

Ogni sei mesi l’OCSE rilascia il suo Economic Outlook nel quale disegna lo scenario macroeconomico mondiale, abbinando dati e previsioni e tracciando da tutto questo le stime:

“crescita modesta sul breve termine, con l’area euro in recessione – o vicina alla recessione – fino al 2013 inoltrato, gli Stati Uniti in ripresa, ma a un ritmo più lento di quanto atteso a inizio anno e molte economie emergenti alle prese con un rallentamento causato dall’onda lunga della crisi europea”

PIL 2012 e 2013 dei Paesi OCSE: +1,4% poi nel 2014 +2,3%.

PIL dell’area euro: -0,4% nel 2012, -0,1% nel 2013 e - finalmente il segno più - +1,3% nel 2014 (“dottore che significa crescita anemica?”)

Sono stime riviste al ribasso, rispetto a quanto pubblicato nello scorso numero (dunque sei mesi fa), ed è una revisione che vale per tutti, anche USA e Paesi emergenti. Sulla scorta di quanto ci dicevamo dissertando di cigni e laghi ghiacciati:

 ”Sono necessarie iniziative decise per assicurare che la posizione di stallo sulla politica fiscale negli Stati Uniti e il protrarsi dell’instabilità nell’area € non facciamo ripiombare il mondo in recessione”

Il rapporto incestuoso fra Stati e banche, che vicendevolmente si sostengono il patrimonio ed il debito, la disoccupazione crescente ed i rischi di fratture dell’eurozona generano recessive spirali di sfiducia che finiscono per gravare sulla crescita mondiale, per la quale la crisi dell’area euro rimane la principale minaccia. La BCE dunque ha assunto iniziative che, essendo mirate alla riduzione del rischio di break-up dell’area euro, sono da giudicare positivamente

La lettura della parte dedicata all’Italia offre una chiave di lettura della situazione: se da un lato vengono lodate le riforme, dall’altro vengono abbassate le stime di crescita (o meglio aumentate le stime di emorragia recessiva: -2,2% il 2012 (a maggio la stessa OCSE scriveva -1,7%) e -1% per il 2013 (era -0,4%). Il segno più viene indicato nel 2014: +0,6%

Se uno stesso soggetto loda le riforme ed evidenzia il loro effetto recessivo, evidentemente, ritiene che l’obiettivo di queste riforme non fosse quello dello stimolo alla crescita, ma del consolidamento e che questo consolidamento si stia verificando, creando i presupposti per avere, poi, una crescita “sincera” e non drogata.

“L’economia italiana è in una double-dip recession. L’ampia politica di riforme strutturali favorevoli alla crescita e di risanamento dei conti pubblici è ben incamminata, ma l’economia continuerà a contrarsi nel breve termine, di riflesso alla stretta del bilancio pubblico, al calo della fiducia e alle difficoltà di accesso al credito. La disoccupazione arriverà vicina la 12% nel 2014, e la pressione sull’occupazione si si rifletterà anche sui salari: dopo il +2,4% del 2012, il costo unitario del lavoro è atteso in aumento dell’1,2% nel 2013, ma in calo dello 0,4% nel 2014. Le riforme del mercato del lavoro approvate nell’ultimo anno sono impressionanti, ma vanno attuate completamente e in modo coerente se si vuole che abbiano risultati: il miglioramento della competitività spingerà le esportazioni fino ad un +4,2% nel 2014″

Sul fronte politico arrivano i principali campanelli di allarme: il deficit italiano, secondo gli analisti OCSE, pur rientrando, non arriverà agli obiettivi fissati dal Governo e renderà necessaria una ulteriore azione di stretta dei conti pubblici, per poter davvero intraprendere il cammino della riduzione del debito, che potrebbe arrivare - nelle loro stime - al 131,4% nel 2014. Quello della riduzione del debito è un sentiero virtuoso per definizione: la progressiva riduzione del montante che genera interessi libera risorse che possono essere utilizzate per incentivi fiscali strutturali. A causa della politica di consolidamento, però, la domanda interna ed i consumi privati sono diminuiti “al ritmo più rapido dalla Seconda Guerra Mondiale. Evidenziando le luci e le ombre della situazione si invita comunque l’Italia a tener duro e proseguire su questa strada: “Fare marcia indietro danneggerebbe sia il sentiment del mercato sia la crescita”.

Senza fare marcia indietro si possono però fare dei correttivi, come riconsiderare i “moltiplicatori fiscali”: esisterebbe lo spazio per diminuire la velocità del consolidamento dei conti pubblici, con manovre meno incisive su fronte imposte e più profonde e strutturali sul lato spesa. Il fatto è che questo spazio esiste nei numeri, ma in un momento di “credibilità zero” l’Italia ha sottoscritto un patto vincolante per raggiungere e blindare il pareggio di bilancio in tempi rapidissimi. Un impegno preso un anno e mezzo fa da un governo che non sapeva più come ottenere un briciolo di fiducia, e sottoscritto con lo spirito di una donna che garantisce al marito la fedeltà indossando una cintura di castità medievale. Un impegno diligentemente mantenuto, pur dando più volte prova di disapprovarne la rigidità, dal governo in carica.

E, con un tempismo degno del cacio quando i maccheroni vengono serviti fumanti in tavola, ecco le parole del ministro Grilli ieri:

“Il mondo negli ultimi vent’anni è cambiato e molto, sono cambiate le geografie, le regole dei mercati e del commercio e questo profondo cambiamento richiede e avrebbe richiesto un profondo cambiamento del proprio sistema Paese. Altri lo hanno fatto in tempo, l’Italia no o non abbastanza e in realtà abbiamo ritardato e posticipato decisioni inevitabili per vent’anni, mentre il Paese perdeva produttività e quindi competitività con il resto del mondo. Il modo in cui si è gestito il problema, semplificando, è stato, con l’aiuto della spesa pubblica e del deficit, di cercare di mantenere in vita pezzi della nostra economia che avevano un problema nel marciare veloci come il resto del mondo. Il risultato è stato che invece di una crescita sostenuta, c’è stato un processo di crescita del debito e del rapporto debito/PIL, ovvero, cercando di fare un bene per l’economia, è stato fatto un danno che è venuto al pettine circa un anno fa. Da quel momento, i mercati si sono polarizzati, a causa della crisi dell’area dell’euro, sui Paesi meno forti e hanno perso la fiducia nel nostro sistema Paese. Penso che la ragione e il compito essenziale del presidente Monti e di questo Governo era ed è di mettere in moto e accelerare processo di riforma del nostro Paese che consenta di riguadagnare il tempo perduto, ma non solo, visto che il resto del mondo continua a correre, di rimetterci alla loro velocità”

Chi ha detto “grinza”?

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