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E un altro Giro è andato

E’ finito il Giro d’Italia. Quello del Centenario. Da Ganna (1909) a Denis Menchov, russo, passista che se la cava molto ma molto bene in salita. Secondo Danilo Di Luca, terzo Franco Pellizzotti. Distacchi risicati all’insegna dell’incertezza. Un’ottima cosa si direbbe. Si e no.

 

Il fatto è che è stato un Giro strano. Bello? Brutto? Strano. Strano perché dopo tantissimi anni non si è arrivati a Milano; strano perché il Giro lo si è deciso sugli Appennini e non sulle cime dolomitiche; strano perché ce lo aspettavamo più duro, almeno da come era stato presentato, ma questa è colpa del tempo e delle frane che hanno accorciato il Blockhaus e stravolto la Cuneo-Pinerolo; strano perché un Di Luca così scatenato non lo si vedeva da un po’ e un Menchov così regolare non lo si era mai visto, almeno in Italia o in Francia; strano perché rivedere Armstrong dopo tre anni e, soprattutto andare così forte, è strano oltre che sorprendente.

Un merito che questo Giro ha avuto è senz’altro quello di essere tornato in modo massiccio nelle grandi città, un demerito è quello di essere tornato in modo massiccio nelle grandi città e aver in qualche modo dimenticato temporaneamente luoghi meno conosciuti ma dalla grande tradizione ciclistica. Zomegnan però doveva celebrare i cent’anni e ha deciso così, magari per celebrarsi un po’ pure lui, il che non fa male. E comunque il terreno per gli scatti c’era, e non è colpa sua se non ci sono stati. Anche se...beh i tifosi gli anche se ce li mettono sempre, bisogna vedere se poi questi sono fattibili e attuabili. Però ci sono, e ci saranno sempre credo.

Il resto è stato sudore, cadute, se la ricorderà Horrillo capitolato in un burrone con la bicicletta ma per fortuna in via di riabilitazione, volate, salita e discesa come ogni anno e vittorie, giovani che si mettono in evidenza, quanto è bravo Boasson Hagen, ma promette bene pure il più piccolo dei Masciarelli, Francesco, un po’ scalatore un po’ D’Artagnan, sconfitte e debacle, come quella di Simoni (grazie Gibo comunque per non esserti arreso). Un Giro quindi. Nulla più di un Giro, una festa di tre settimane per i tifosi, una faticaccia per chi lo corre. Ma finire sotto il Colosseo questa fatica, merita. Merita davvero.

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