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 Home page > Attualità > Cronaca > E adesso indagateci tutti. Il lato oscuro del caso Fortugno

E adesso indagateci tutti. Il lato oscuro del caso Fortugno

Quando si parla del caso Fortugno spesso si tacciono i risvolti investigativi che hanno coinvolto non solo la figura del Consigliere Regionale calabrese, ma anche quella di sua moglie che, in seguito all’omicidio del marito, è stata eletta parlamentare, membro della Commissione Antimafia e poi indagata dalla DDA di Locri proprio per presunti legami con la ‘ndrangheta.

Lunedì 2 febbraio la Corte d’Assise di Locri condanna tutti gli imputati per l’omicidio di Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria ed ex primario del Pronto Soccorso di Locri (Asl 9), ucciso il 16 ottobre del 2005 con 5 colpi di pistola di fronte all’interno del seggio allestito per le primarie dell’Unione a Palazzo Nieddu del Rio, a Locri. Alessandro e Giuseppe Marcianò (mandanti dell’omicidio), Salvatore Ritorto e Domenico Audino sono stati condannati all’ergastolo, mentre altri 3 imputati hanno ricevuto condanne da 4 a 12 anni.
 
Maria Grazia Laganà, vedova di Fortugno e, dopo la morte del marito, parlamentare in forza al PD, ha commentato così la sentenza: "Oggi si è raggiunto un primo importante passo. Ma oggi stesso invito a continuare le ricerche. È necessario raggiungere gli altri livelli … Il mio unico sforzo è stato quello di avere giustizia non solo per me ma per tutta la Calabria. Quello che voglio porre in rilievo è che la sentenza è venuta da una Corte d’Assise di Locri in cui oltre ai togati ci sono giudici popolari. È un messaggio importante per la Calabria".
 
Giustizia è stata fatta, dunque, nei confronti degli assassini non di un politico, non di un mafioso, ma di un uomo. Sta di fatto, però, che Francesco Fortugno fosse anche un politico, oltre che ex primario dell’Asl, e in quanto tale, si è scoperto, aveva frequenti e oscuri rapporti (stando a diverse intercettazioni con Padrini e latitanti) con esponenti di spicco della ’ndrangheta calabrese. Questi rapporti sono oggi al vaglio degli inquirenti, e vi sono osservatori come La Casa della Legalità e della Cultura che tentano di ricostruirne l’intricata totalità, incorrendo in "strani" casi di censura e ostruzionismo.
 
Il quadro, a grandi linee, è il seguente. Francesco Fortugno (ex Primario dell’Asl 9 di Locri) e sua moglie Maria Grazia Laganà (Vice Direttore Sanitario e Responsabile del Personale – nonché figlia del Senatore della Democrazia Cristiana Mario Laganà, già direttore della Asl 9 di Locri) in virtù dei propri ruoli non potevano non sapere delle infiltrazioni mafiose all’interno della struttura ospedaliera rilevate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e declassate dalla stessa Laganà ad "episodi sgradevoli" in una “realtà difficile”, riferendosi – nel corso della trasmissione 1/2H di Lucia Annunziata – a “omicidi di medici anche di paramedici, qualche volta anche di qualche paziente che era ricoverato…”. Le indagini avviate nel 2007 dalla DDA hanno poi portato, a fine 2008, alle dimissioni dell’On. Laganà dalla Commissione Antimafia di cui intanto era entrata a far parte, dimissioni legate all’incompatibilità di tale ruolo con un’Onorevole eletta in quanto vittima di mafia e poi indagata a sua volta dalla DDA.
 
Ma questo già intricato quadro politico-familiare amplia ulteriormente le proprie ramificazioni alla luce dell’interrogazione parlamentare promossa dall’On. Angela Napoli. L’interrogazione prende spunto dalle telefonate con cui Fabio Laganà, fratello dell’Onorevole e componente della sua segreteria politica, avrebbe anticipato all’ex sindaco di Gioia Tauro, Giorgio Dal Torrione (già arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa in seguito ad un’operazione che ha coinvolto altri amministratori calabresi nonché il boss Gioacchino Piromalli) dell’avvenuto differimento dell’invio della Commissione d’accesso nel Comune di Gioia Tauro, aggiungendo, peraltro, “bisogna stare con gli occhi aperti, comunque è un dato positivo altrimenti avrebbero già chiuso il discorso”. A questo punto Dal Torrione completa il discorso di Laganà e chiosa: “altrimenti ci avrebbero fatto il c..o a cappello di prete”. Evitando superflui commenti sui toni della conversazione, rimane da stabilire “chi ha fornito, ed a quale persona, la notizia riservata dell’avvenuto differimento (decretato solo la sera prima) dell’invio della Commissione d’accesso nel Comune di Gioia Tauro”, così come si conclude l’interrogazione dell’On. Napoli.
 
Alla luce di ciò, viene da chiedersi se siano forse questi i “messaggi importanti” che la Calabria attende, e viene anche da interrogarsi su quali e quanti siano gli “altri livelli” a cui proprio la Laganà alludeva nella sua intervista. Ai posteri l’ardua sentenza.
 

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