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Un’Europa all’italiana. Che fine farà la NetNeutrality?

Il meteo sul pianeta Internet prevede un aprile caldissimo per le sorti del Web. Sono mesi ormai che in Italia si parla delle leggi "cacio e pepe" che si vorrebbero applicare alla Rete tricolore, e si cerca di districarsi tra ddl capestro, proposte populisticamente illuminate e associazioni che nascono proprio in difesa della neutralità della Rete. Ma il caso Italia non è isolato in Europa. Anzi. 

Dall’insostituibile blog dell’esperto Guido Scorza si apprende che il 20 gennaio scorso il nostro Ministro dei beni e delle attività culturali Sandro Bondi ha siglato un accordo con il suo omologo d’oltralpe "attraverso il quale il nostro Paese si sarebbe impegnato a seguire l’esempio francese in materia di antipirateria digitale e multimediale". Bene, per chi avesse la fortuna di non saperlo, Bondi è quel Ministro che, tra le altre cose, ha varato mesi fa il Comitato Antipirateria mentre la Francia è quel Paese che, in nome della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza, il 4 aprile ha praticamente approvato la cosiddetta Dottrina Sarkozy, ispirata al principio del notice and take down, secondo cui la Rete sarebbe oscurabile in seguito a tre avvertimenti circa il contenuto non gradito diffuso da un sito.

Poi, però, il colpo di scena. Quando ormai il testo sembrava dovesse passare nella sua versione pressochè definitiva, l’Assemblea Nazionale l’ha bocciato con 21 voti contro e 15 a favore. Le incongruenza con il quadro normativo francese erano troppe e troppo evidenti, così i cugini d’oltralpe, con un moto d’orgoglio rivoluzionario, hanno bocciato il testo, che sarà riformulato e ridiscusso il 28 aprile. Le possibilità che la legge Hadopi passi restano molte, ma questo incidente di percorso la dice lunga sulla natura controversa di simili misure.

Quanto sta avvenendo in Francia riflette le contraddittorietà evidenziate, in scala maggiore, dai legislatori europei. A fine marzo, infatti, l’UE aveva approvato una Raccomandazione in cui si coniugava la necessità di frenare i fenomeni illeciti che prendono forma in rete con l’esigenza di tutelare i diritti e le libertà dei cittadini e degli utenti tutti. La notizia ha fatto ben sperare il popolo della Rete, salvo poi essere vanificata dalle disposizioni che sono alla base del Pacchetto Telecom, la cui forma assunta dopo le votazioni della prima settimana di aprile praticamentee annullano i principi espressi nella Raccomandazione Lambindis. Così come la legge Hadopi, anche il testo del pacchetto Telecom dovrà passare al vaglio di altre due votazioni, una il 21 aprile e l’altra, quella finale, il 5 maggio.

Ad ogni modo, tra emendamenti, revisioni e limature, il Pacchetto Telecom attribuirebbe "filtraggio e potere discrezionale ai provider, che si troverebbero in una posizione privilegiata per avvantaggiarsi o stringere alleanze con i detentori dei diritti ... veicolando contenuti e servizi attraverso corsie preferenziali e corsie discriminate".



Lo smisurato potere che ricadrebbe in mano ai provider (già depositari dei segreti relativi al traffico on-line e ai dati sensibili degli utenti che lo generano, con relative ricadute in campo pubblicitario), quindi, renderebbe gli ISP veri e propri sovrani della Rete, censori onniscenti delle più basilari libertà individuali.

Anche un gigante come Google si lamenta delle disposizioni contenute nel Pacchetto Telecom, che minerebbe la NetNeutrality, orgoglio e risorsa della Rete. Ma il colosso di Mountain View non è certo un campione di neutralità.

Da un lato, infatti, attraverso la misdirection "ricatta" i produttori di servizi e contenuti minacciandoli di dirottare gli utenti verso i siti dei principali competitor laddove le aziende non fossero disposte a pagare per congrue inserzioni pubblicitarie che rimpinguino le casse del search advertising di Big G, falsando il traffico generato dalle ricerche e ingenerando fenomeni incontrollabili di disinformazione; dall’altro, poi, lo stesso Google è a sua volta oggetto di forti pressioni da parte dei grandi gruppi editoriali, intenzionati ad elevare i propri contenuti all’interno del "pantano indifferenziato dei risultati offerti dal motore di ricerca". Gli editori si riuniscono ogni anno in occassione dell’On-line Publisher Association Summit, e quest’anno la posizione emersa nei confronti del sistema di ranking di Google è riassumibile in poche battute: “non dovrebbe esistere un sistema in cui i parassiti dei reali produttori di contenuti beneficiano di questi in modo sproporzionato”. E sarà esattamente questa la posizione che i grandi media tenteranno di imporre a Big G in occasione del Google’s Publishers Advisory Council che si terrà il 30 aprile, un incontro a porte chiuse durante il quale gli editori chiederanno maggiore partecipazione al processo decisionale di Google e alla sua scatola nera delle informazioni.

Che fine farà dunque la NetNeutrality? Difficile dirlo, ma alla luce dei movimenti tettonici che stanno scuotendo l’universo del digitale in Europa e, in parte, nel mondo, viene da pensare che l’Italia non sia sola, anche se di certo non si può dire in buona compagnia.

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