• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Sport > Dopo Armstrong anche Bartoli medita il ritorno

Dopo Armstrong anche Bartoli medita il ritorno

La fantastica carriera di Michele Bartoli non poteva concludersi nel 2004 al termine di una stagione segnata dalla sfortuna e dagli incidenti. Il Leoncino delle Fiandre, questo il suo soprannome, non poteva ritirarsi senza una vittoria degna del suo nome.

A ben 39 anni, l’ex re delle classiche, potrebbe tornare in gruppo con la maglia della Isd-Neri, la squadra di Scinto e Cipollini. Quest’idea è stata espressa dallo stesso Bartoli in un intervista a La Gazzetta dello Sport, nella quale affermava che il ritorno di Lance Armstrong gli aveva fatto ritrovare quegli stimoli persi nel suo ultimo anno da prof. nella CSC di Bjarne Riis.

Con questo ennesimo ritorno il ciclismo acquista un ulteriore protagonista che sicuramente farà appassionare ancora milioni di persone che si riverseranno sulle strade o si incolleranno davanti al televisore per scoprire se il ciclista pisano riuscirà ancora a piazzare la sua zampata in una classica del Nord, magari proprio in quella Parigi-Roubaix che riuscì a correre solamente una volta a fine carriera.

Lo stile di Bartoli in bici era unico e tutti gli appassionati se lo ricorderanno. Il busto era perfettamente parallelo alla bici tanto che, nell’ombra proiettata a terra, sembravano un’unica cosa. Proprio le ombre però sono il punto debole di Michele Bartoli e, con il suo ritorno all’attività agonistica, escono allo scoperto anche loro. Questa è un’altra analogia tra il corridore pisano e Lance Armstrong, entrambi hanno qualche dubbio da chiarire. Come il corridore texano deve spiegarci il motivo per cui non vuole rianalizzare i campioni a lui prelevati e trovati positivi all’EPO durante il Tour de France del ’99, Bartoli deve chiarire se il nome di Eufemiano Fuentes gli ricorda qualcosa.

Probabilmente ripensando a questo nome si ricorderà di dover dare da mangiare al suo cane Sansone, un bell’incrocio tra un pastore tedesco ed un pastore belga, come perfettamente descritto dallo stesso Bartoli in un’intervista a La Gazzetta dello Sport il 23 Maggio 1998.



Siamo anche curiosi di sapere se ha mai portato Sansone a giocare assieme a Birillo, il cane-pseudonimo di Ivan Basso ed a Bella, il cane-pseudonimo di Jorg Jackshe, tutti cani..pardon corridori implicati nell’Operaciòn Puerto.

Già che siamo in tema di chiarimenti sarebbe anche interessante che il ciclista toscano spiegasse come ha fatto a vincere nel 1996, facendo registrare una media oraria superiore ai 50 km/h, una cronometro in coppia con il medico toscano Luigi Cecchini, che, per sua stessa ammissione, scoprì la bicicletta solamente dopo i quarant’anni e che in quella famigerata cronometro disse di “aver voluto testare su sé stesso certe metodologie di allenamento”.

Può essere solo un caso, ma il dottor Cecchini fu medico di molti altri discussi campioni implicati nell’Operaciòn Puerto, da Tyler Hamilton a Jan Ullrich, da Angel Casero ad i già citati Ivan Basso e Jorg Jackshe, senza dimenticare che curò la preparazione di Re Leone Cipollini, il “tenore delle volate”, e sopratutto di “Mr 60%” di ematocrito Bjarne Riis, ultimo direttore sportivo della carriera di Bartoli.

Si sa, come diceva un altro enigmatico uomo della storia d’Italia che in comune con Bartoli ha molte “ombre” dietro di sé, “a pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca”. Magari non è questo il caso, ma solo il diretto interessato può chiarire tutti questi dubbi. Michele Bartoli ha rivoluto la bicicletta, adesso deve pedalare.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares