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Ciclismo nella bufera: Rebellin chiede le controanalisi. L’Uci contro Valverde

CONTROANALISI Davide Rebellin, tramite il suo avvocato, ha presentato la richiesta di controanalisi nel campione risultato positivo al C.e.r.a. alle Olimpiadi di Pechino. Il ciclista veneto, a suo dire, è convinto di non aver preso nulla, di non essersi dopato ed ora dovrà aspettare fine maggio per conoscere il suo futuro. Rebellin ha dichiarato ai microfoni Rai: “Sono tranquillo, non ho mai preso nulla”. Per sapere tutta la verità dovremo aspettare il risultato delle controanalisi, ma di sicuro è difficile credergli, soprattutto dopo aver visto le intercettazioni ambientali su due suoi incontri con il discusso medico Enrico Lazzaro nel 200. Lo stesso Lazzaro nel febbraio scorso è stato definitivamente condannato in appello dal tribunale di Venezia a 14 mesi con la condizionale per l’inchiesta della Guardia di Finanza che portò nel 2001 ad un blitz contemporaneo a quello dei Nas, nella tappa di Sanremo del Giro d’Italia.

I VIDEO
Il sito Repubblica.it, ha pubblicato due interessanti video che erano caduti nel dimenticatoio. Riguardano delle intercettazioni ambientali dell’inchiesta doping della Guardia di Finanza di Padova del 2001 in cui i militari avevano seguito per varie tappe del Giro di quell’anno la formazione Liquigas, nella quale correva anche Rebellin. I due video sono datati 14 e 31 maggio 2001 e si vede chiaramente come Rebellin stia trattando prodotti vietati con il medico Lazzaro. In entrambi gli incontri Rebellin è accompagnato dalla moglie Celina, che si incarica di conservare i farmaci consegnategli dal medico. Precisamente riceve due scatole di farmaci ed una fiala, presumibilmente di Kriptocur, un prodotto a base di gonadorelina, usato per stimolare la produzione di testosterone, che nasconde nella custodia dell’agenda. Nell’altro video, invece, Rebellin incontra all’albergo Palladio a Bassano del Grappa il medico Lazzaro, il quale gli consegna una borsa di farmaci, e successivamente il corridore chiede epo ed anche dei cerotti al testosterone. Per un vizio di forma i filmati che lo accusavano non furono ammessi nell’inchiesta penale, e Rebellin è uscito assolto dall’inchiesta. Il medico invece, come ho detto prima, è stato condannato a 14 mesi. Intanto il corridore veneto è finito nel registro degli indagati della Procura di Padova che ha perquisito la casa dei genitori della moglie-procuratrice.

AVVOCATO Davide Rebellin sarà difeso dall’avvocato Federico Cecconi che, oltre ad essere avvocato di David Mills, condannato a 4 anni e 6 mesi per essere stato corrotto dalla Fininvest, è esperto di casi di doping, in quanto è stato avvocato di corridori accusati come Ivan Basso, Marco Pantani, il massaggiatore Pregnolato e molti altri atleti coinvolti in inchieste sul doping come lo spagnolo Alejandro Valverde.

CASO VALVERDE Proprio riguardo al “caso Valverde” c’è una nuova importante e significativa notizia: l’Uci (Unione ciclistica internazionale) ha deciso di essere presente nel processo contro il corridore spagnolo, accusato di essere implicato nell’Operacion Puerto. Ripercorriamo nuovamente le già note tappe della vicenda Valverde:

12 MARZO 2007 Il giudice del tribunale di Madrid, Antonio Serrano, archivia l’inchiesta penale per un vizio formale: “Contrariamente a quanto previsto in Italia e Francia,- spiega il giudice - all’epoca dei fatti in Spagna non c’era una legge che puniva penalmente le pratiche legate al doping”. La legge antidoping spagnola, infatti, è stata approvata soltanto a febbraio 2007. Il 14 marzo, però, la pubblica accusa presenta appello contro l’archiviazione dell’Operación Puerto.
Nella ordinanza di appello il pubblico ministero stima che le indagini del giudice sono state “insufficienti per chiarire l’esistenza di fatti che abbiano carattere penale”. Al giudice viene chiesto di procedere ad indagini che la Procura di Madrid aveva già sollecitato. Si associano la Wada (Agenzia antidoping mondiale) e l’UCI, che continua a chiedere le carte dell’inchiesta.


14 FEBBRAIO 2008
L’Operación Puerto viene riaperta grazie al tribunale provinciale spagnolo che respinge la richiesta di archiviazione e decide di riesaminare il caso dopo che il magistrato Antonio Serrano aveva chiuso le indagini senza emettere alcuna accusa.
L’Operación Puerto, di fatto, torna ad essere una questione aperta fino al 1° ottobre quando il giudice Serrano archivia definitivamente l’indagine.

1 APRILE 2009 La procura antidoping del Coni deferisce Alejandro Valverde, il quale sarà giudicato dal tribunale nazionale antidoping l’11 maggio e, in caso di condanna, non potrà correre sul suolo italiano.

OGGI Il giudice del tribunale di Madrid, Antonio Serrano, ha negato alla federazione ciclistica internazionale le sacche di sangue che proverebbero la frequentazione di Fuentes da parte di Valverde, acquisite come prove durante il procedimento. Questo nuovo stop avvicina pericolosamente l’intera inchiesta ai termini di prescrizione, in quanto a fine maggio saranno passati ben tre anni dall’apertura.

SPAGNA CONTRO TUTTI
Per capire meglio cosa può aver spinto il giudice Serrano a prendere questa decisione può esserci utile analizzare alcuni fatti successi nel 2007, poco prima dei mondiali di ciclismo. Il ciclista spagnolo infatti, fu protagonista di una discussione tra la federazione spagnola e l’Unione ciclistica internazionale. Il 29 agosto 2007 l’UCI, dopo aver analizzato il dossier dell’Operación Puerto, decise di non consentire la partecipazione di Valverde ai Campionati del mondo ed invitò la federazione e la giustizia spagnola ad indagare su di lui. Due giorni dopo arrivò il comunicato ufficiale della federazione spagnola, la quale diceva di non aver alcuna intenzione di avviare indagini sul corridore, ufficializzava inoltre la partecipazione del corridore ai mondiali. L’8 settembre però l’UCI, continuando per la sua strada, confermò che a Valverde non sarebbe stato concesso partecipare ai mondiali. La federazione spagnola minacciò ricorsi legali e addirittura di disertare i campionati. Infine il giorno prima della prova in linea, il 29 settembre, grazie alla sentenza del Tas di Losanna gli venne permesso di correre per la propria nazionale. Gareggiò ma ottenne scarsi risultati.
Come al solito il ciclismo deve combattere anche contro l’omertà e l’ottusità delle federazioni. Il problema in questo caso passa da semplicemente sportivo a politico. Non è ammissibile infatti che, mentre in alcuni stati come Francia e Germania si attua una dura lotta al doping, in altri si continua a preferire i risultati sportivi, il più delle volte falsati, all’onestà.

tratto da www.periodicoitaliano.info

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