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Da "sinistra" a "destra" e viceversa: deberlusconizzare la politica

Cos’è l’antiberlusconismo odierno? (etimo - non a caso - di medesima origine berlusconiana, cioè proveniente dalla stessa casa di produzione).

E’ la condanna definitiva e senza appello - per l’entità del grave tradimento allo spirito liberale e la sua piena adesione ai retaggi del passato che non passa - a una politica, non solo delle leggi per questioni personali, ma del legiferare sotto "dettatura del potere".

E’ l’accantonamento della personalizzazione nella politica, senza sostituirla con altri personalismi, che si è via via trasfigurata nell’impoliticità.

E’ il no al disprezzo per le intelligenze, per la cultura, per il pensiero distinto e distante dalla massificazione della società.

E’ la caduta della linea del confine forzista, pervaso da ideoligizzazione forzata, che ora si apre ad un’era post-ideologica, da cui potrebbe nascere un rinnovamento capace di mantenere nel tempo la sua modernità e la sua adeguatezza alle aspettative di una società (assetata e affamata) che questo invoca da tempo.

E’ la politica di chi si dissocia dal gusto dell’effimero e miserrimo propagandismo da crociata, dell’uomo medio e della medietà mediata ed amplificata dai media.

Sono gli occhi e la percezione, non più narcotizzati e resi ciechi, sordi ed afoni, che si spalancano davanti alla maschera, inceronata o meno, che si strappa e oramai disvela come "ab uno disce omnis" (da uno capisci come sono tutti).

E’ il distinguo del sé dagli altri, il rendersi totalmente estraneo alla piaggeria, a coloro sempre pron(t)i a obbedire, alla mortificazione dell’io che, in un’assoluta perdita d’identità e di dignità personale, si affida ad un mediocre.

E’ la presa di coscienza di un’Italia e di ciascun cittadino che rivendichi il diritto di cittadinanza e partecipazione attiva, che non merita tanta bassezza, quest’incessante decadimento sociale, economico, politico e culturale.

E’ la ribellione davanti all’"ovvio dei popoli" (sia esso di matrice berlusconiana o regional-leghista), agli slogans, all’illecito legalizzato, alla normalizzazione dell’anormalità.

E’ l’impeto di chi non è più disposto all’arrendevolezza, di chi non si rassegna al "tutti colpevoli, nessun colpevole", di chi prova ribrezzo e schifo per il marciume dilagante, qualsiasi sia il colore o la collocazione.

E’ l’Italia, quell’altra parte (che s’allarga) e che risulta ostile a chi ha visione solo della gigantografia del suo ego (con o senza "ismo").

E’ il diluvio che spazzerà via il becerume, la rozzezza, la mediocrità, l’improvvisazione clownesca.

E’ la richiesta di chi chiede serietà, competenza, affidabilità e capacità ad una politica, che si renda interprete dei desideri e delle necessità del paese reale.

E’ l’ultima chiamata (quasi una preghiera) alla responsabilità, al senso dello Stato, alla salvaguardia delle Istituzioni e dell’integrità morale e politica dell’Italia.

E’ l’autostima di chi non si assoggetta alla logica dell’esser famiglio di qualcuno, che si sottrae al clientelismo, al nepotismo, all’affarismo e alla mercificazione.

E’ la sfida a chi ha tirato troppo a lungo la corda.

E’ l’Italia normale che auspichiamo.

E’ la rivendicazione del pieno diritto ad indignarsi e immaginare possa esistere di meglio, rispetto all’impoliticità di un navigato politico e (im)prenditore, nei cui confronti deve esistere la libertà di opporsi e dissentire, in un paese ancora e sempre democratico. 

E’ l’esistenza di un comune sentire – che poi si traduce in comune buonsenso – della cosiddetta “destra” e della cosiddetta “sinistra”: la politica come passione e impegno civile.

Viva l’Italia libera dagli interessi e dagli interessati.

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