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Cucù, il PdL non c’è (quasi) più

E’ quello che emerge dai risultati dell’ultimo sondaggio condotto da SWG: ampiamente superata dal PD, che otterrebbe il 23,2% dei voti, la forza politica che ancora si riconosce in Silvio Berlusconi, sarebbe votata oggi solo dal 15,4% degli italiani

A ben pensarci, quella della scomparsa del Partito della Libertà è una non notizia; come partito, infatti, non è mai esistito se non di nome. Non era un partito quando nacque come Forza Italia, e un partito non è mai riuscito a diventare, restando, anche dopo quasi un ventennio, una creatura affatto artificiale, priva di qualunque legame con il territorio e la società civile.

Se evoluzione v’è stata, nell’invenzione di Marcello Dell’Utri, questa è avvenuta in senso contrario a quello che molti auspicavano quando, grazie ad una campagna martellante, del tutto simile a quelle utilizzate per pubblicizzare una nuova marca di tonno in scatola o una nuova auto, a dispetto di molti pronostici vinse le elezioni del 1994, nonostante avesse posto, attorno alla figura carismatica di Silvio Berlusconi, un personale politico raccogliticcio, spesso proveniente dalla file della stessa Mediaset.

Il PdL di oggi, depurato di Fini e dei suoi, appare infatti legato ancora più dell’allora Forza Italia agli interessi personali di Berlusconi e delle sue aziende. Se è scomparso Previti e lo stesso dell’Utri ha assunto un ruolo defilato, nelle sue fila non sono comunque emersi personaggi degni del minimo rilievo che non fossero in qualche modo legati personalmente al Capo. Ad impedirlo ha provveduto la totale mancanza di democrazia interna; la stessa che, complice la legge elettorale che ha posto nelle mani della direzione dei partiti le carriere dei parlamentari, ha provocato l’estromissione dal movimento di chiunque non desse prova della più stretta ortodossia berlusconiana.

Si tratta di una realtà, quella di una forza politica ormai ridotta a proprietà privata ed esclusiva di Silvio Berlusconi, che, una legge ad personam dopo l’altra, uno scandaloso voto parlamentare dopo l’altro, è diventata palese a tutti gli italiani e che non è certo mascherata dalla foglia di fico, minuta davvero, di Angiolino Alfano.

Proprio per questo, il tracollo del PdL è una disfatta, dicano e scrivano quel che vogliono i suoi tifosi, di Silvio Berlusconi in prima persona.

Aspettando il momento della sua definitiva, e mai abbastanza tempestiva, uscita di scena dalla scena pubblica, di lui si può già dire che è stato una figura tanto devastante per la propria parte politica, quanto Bettino Craxi.

Se quest’ultimo riuscì in quello che non fece neppure Mussolini, la distruzione del PSI, Berlusconi, liquefacendo la destra italiana, ha compiuto una specie di miracolo.

Per capire l’importanza storica della sua opera, basta ricordare i risultati delle lontane elezioni del 1976, l’anno del “sorpasso”, quando la fino ad allora inarrestabile avanzata delle sinistre arrivò al suo culmine e il centro - destra toccò i propri minimi: in quell’occasione la DC ottenne, da sola, il 38,88% dei voti, mentre l’area che dovrebbe essere il bacino in cui pesca il PDL, includendo il MSI ed il PSI, superò abbondantemente il 60%.

Oggi, aggiungendo ai voti del PdL quelli che otterrebbe la Lega (il 4,9% degli italiani pare voterebbe ancora per il partito di Bossi; la fede a volte è proprio cieca. E non solo...) oltre a quelli de La Destra (3,1%) e, con un operazione che ha senso solo matematico, quelli di Fini (3,1%) e Casini (un grasso 6,7%), tutta la “non-sinistra” arriverebbe invece a malapena al 35%.

I sondaggi valgono fino ad un certo punto e almeno la metà del 42,2% che si è dichiarato indeciso, o non ha espresso il proprio parere agli intervistatori, al momento delle elezioni voterà pure per qualcuno, ma si possono già fare i più vivi complimenti al nostro più feroce anticomunista; neppure un Pol Pot in salsa nostrana sarebbe riuscito a provocare una simile strage di elettori nel centro destra.

E’ stato un vero e proprio Attila, insomma, Mr. B, e dietro di sé lascia solo rovine; non solo una situazione economica infinitamente peggiore di quella che incontrò quando iniziò la propria carriera politica, ma pure un vuoto nel mercato elettorale per molti versi simile a quello, provocato da mani pulite, che lui ed il suo movimento provvidero così brillantemente a riempire.

Un vuoto che potrebbe favorire l’insorgere di una Forza Italia 2.0; di un nuovo prodotto politico, magari venduto agli elettori tramite strumenti ancor più moderni di quelli televisivi, magari creato attorno alla figura di un altro capo carismatico. Magari di un vero professionista della comunicazione, stavolta; magari tanto furbo, dopo aver imparato la lezione di Berlusconi, da tenere per sé tutto il potere senza neppure sentire il bisogno di occupare ufficialmente delle cariche.

Qualcosa su cui riflettere mentre il M5S, che sarebbe votato dal 20,2% degli italiani, pare sia già diventato la seconda forza politica del nostro paese.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.162) 18 giugno 2012 10:43

    analisi interessante e interrogativi inquietanti.

    leggo pero’ che al solo PDL viene attribuita la totale mancanza di democrazia interna.

    A me sembra invece che in Italia non ci sia un solo partito politico che possa essere qualificato come democratico, e questo è uno dei motivi della sfiducia degli italiani nella politica.

    La "crescita" della sinistra è del tutto apparente e fors’anche negativa: di fatto gli elettori di sinistra tollerano più di quelli di destra la mancanza di democrazia interna nei loro partiti e il fatto che i loro dis-onorevoli facciano esattamente il contrario di ciò che dicono.

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