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Cronaca della Battaglia del G8 del 2001

Carlo Lucarelli nel libro “G8. Cronaca di una battaglia” ha fatto una sintetica e significativa ricostruzione degli avvenimenti relativi al G8 del luglio 2001 (Einaudi Stile Libero, 2009, con DVD).

Alle ore dieci di venerdì 20 luglio 2001 “un gruppo di Black Bloc si riunisce in piazza Paolo da Novi, dove è fissata la piazza tematica dei Cobas. Sono più di un centinaio, e con calma e determinazione si mettono a smantellare le pietre del selciato, a sradicare i pali della segnaletica… Sono cose che diventano proiettili, spranghe armi. Poco lontano ci sono i giornalisti che riprendono tutto quello che accade, e ci sono anche le forze dell’ordine, che però non intervengono” (p. 21).

Nel pomeriggio i Black Bloc, gli anarchici e gli ultras stranieri, insieme agli autonomi e ai facinorosi italiani iniziano a distruggere tutto quello che incontrano sulla strada, incendiano il portone del carcere di Genova e si dirigono in Piazza Manin: la piazza tematica della Rete Lilliput. La polizia arriva e invece di agire contro gli sfuggenti Black Bloc (che colpiscono come la guerriglia con azioni e fughe rapide), carica i pacifici manifestanti: spara lacrimogeni a volontà e picchia senza nessuna pietà. Anche donne, ragazzini e pensionati. Le violenze di tutto il G8 iniziano più o meno da qui e finiscono alla scuola Diaz dove vengono compiuti dei veri e propri atti di tortura che purtroppo il nostro codice penale di derivazione fascista non comprende (sarebbe molto meglio cambiare il vecchio Codice Rocco fascista invece di pensare a cambiare la Costituzione). Dopo i fatti della scuola Diaz, dove si sono massacrati giovani giornalisti, in maggior parte stranieri, c’è stato anche il tentativo di depistaggio delle indagini con l’abominevole invenzione del ritrovamento delle bottiglie molotov e delle armi sequestrate che provenivano dai sequestri dei giorni precedenti.

Comunque, secondo un ex vicequestore aggiunto della polizia di Stato il principale errore è stato “quello di pretendere di conoscere la città. L’ordine pubblico è una cosa molto delicata. Invece qui sono arrivati a Genova convinti che problemi particolari non ce ne fossero… mentre invece andava differenziato molto l’intervento”. Inoltre la “cabina di regia” era frammentata tra più organi (Ucigos, Sco, ecc.), c’erano troppi giovani alle prime armi e i funzionari capo decisori non erano esperti di ordine pubblico, ma erano specialisti di lotta alla mafia, alla criminalità e al terrorismo. Inoltre ci sono stati i classici problemi tecnici all’italiana: i collegamenti radio non funzionavano bene. E l’errore più grosso era stato fatto dal precedente governo D’Alema, che aveva scelto una città completamente inadatta a quel tipo di evento.

La cosa certa è la misteriosa apparizione e sparizione dei Black Bloc: tra le 250 persone arrestate a Genova non c’è neanche un Black Bloc. Quindi le cose sono due: o molti Black Bloc erano abili infiltrati italiani o stranieri di qualche gruppo più o meno indipendente legato anche a qualche servizio segreto o le forze di polizia italiane hanno preferito fare il lavoro facile e meno rischioso arrestando prevalentemente donne e ragazzi inermi (potrebbero essere vere entrambe le ipotesi).

Che dire di più? Purtroppo negli anni passati, nelle forze di polizia si è fatta un tipo di selezione del personale in base a chiare tendenze politiche conservatrici. E ora c’è la volontà di unire le forze di polizia a quelle dei carabinieri per controllarle meglio dal punto di visto governativo (se finora non ci sono stati colpi di stato con violenza diffusa in Italia è stato proprio grazie a questa suddivisione del potere armato presente in ogni angolo del territorio).

Comunque alla fine della discussione delle testimonianze di manifestanti, giornalisti e forze di polizia viene riportata una sintesi di una sentenza del tribunale: “…anche le immagini relative alle cariche alle tutte bianche consentono di escludere significativi gesti di violenza da parte dei manifestanti nei confronti del contingente di carabinieri… i lanci compiuti da persone che si trovano al di fuori della testuggine del corteo e si nota anche un manifestante che esce da questa per allontanare in malo modo uno dei due lanciatori… l’atto di polizia appare in questo modo ingiustificato perché ha coinvolto centinaia di persone del tutto estranee ai lanci contro i carabinieri, senza neppure essere diretto ad isolare e bloccare i pochi lanciatori, che infatti si vedono lasciare lo slargo sostanzialmente indisturbati” (p. 77). Dalla sentenza emerge però che non si sono puniti molti responsabili operativi dei vari contingenti che hanno eseguito le cariche sbagliate e le criminali azioni punitive, ma sono stati condannati in primo grado soprattutto gli atti dei singoli agenti che sono stati riconosciuti perché non avevano caschi protettivi e maschere antigas.

Ma i processi sono molti, anche se nella sostanza sono tre. Il primo riguarda i vari scontri che hanno devastato la città e le innumerevoli violenze piovute a caso sui cittadini (o forse non a caso), il secondo riguarda le denunce fatte dai manifestanti per le violenze e le umiliazioni subite nella caserma di Bolzaneto e il terzo è quello per l’irruzione criminale e squadrista alla scuola Diaz.

E tutti questi accadimenti dimostrano che occorrerebbe un ricambio generazionale non solo in politica, ma anche nella magistratura e nelle forze dell’ordine che troppo spesso si mettono subdolamente al servizio della politica. In Italia le mele marce non vengono punite, anzi vengono promosse e così il marciume si diffonde rapidamente verso l’alto. Si sa che l’essere umano e italiano incivile è portato ad adeguarsi al comportamento dei più forti e non alle regole morali (come successe in Germania con Hitler). E diciamoci la verità: la vecchia Italia è tutta da buttare.

Purtroppo agli italiani manca il senso civico, l’educazione alla complessità e il semplice buon senso. Così si finisce spesso per fare le scelte più emotive, facili e sbagliate. Vedere il DVD per credere…

P. S. “La paura della punizione sta alla base dell’equilibrio sociale. C’è un detto nel Talmud: “Prega per il benessere dello stato, perché senza di esso l’uomo ingoierebbe vivo l’altro uomo” (Robert Aumann, Premio Nobel per l’Economia nel 2005 per l’ideazione di una nuova teoria dei giochi). 

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