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Crisi: anche i ricchi "piangono"?

La crisi è una. Forse volendo espandere la riflessione, c’è la crisi interna che deve poi rapportarsi e confrontarsi con la crisi internazionale. Però, quando si parla di crisi, poichè fondamentalmente a pagarla di più sono i cittadini comuni, non si fa che dire come essa viene percepita dalla cittadinanza. Quella cittadinanza eterogenea eppure simile nel momento dei sacrifici economici, sempre più pesanti, spesso iniqui. A volte, persino inaccettabili.

Chi lavora all’apice della gestione della nazione, spesso sembra non comprendere la realtà dei milioni di cittadini che subiscono senza poter in alcun modo esigere di essere interpellati o messi al corrente in tempo utile di ciò che dalle esistenze di ognuno si pretende.

Ma non è così. Chi opera e gestisce per il Paese e quindi per la Comunità Nazionale, sa perfettamente e sempre i come ed i perché. I quando. I dove. Coloro – fra i cittadini – che ancora oggi pensano che chi è al governo di volta in volta “non capisce” le necessità, le urgenze e le aspettative dei connazionali, si metta il cuore in pace.

La cattiva notizia è che tutti i componenti politici sanno perfettamente quali siano le condizioni umane, sociali ed economiche. E malgrado questo, si continua imperturbabilmente a sfregiare di giorno in giorno sicurezze ormai cadute sotto il peso dell’inammovibile azione dei governi, della crisi e delle tante, forse troppe Manovre che ormai in Italia non generano soluzioni al debito publico ma solo una serie infinita di polemiche e rabbia.

Perché si pretende sempre dagli stessi? E questi stessi – lo sappiamo – sono i soliti lavoratori, pensionati e persino disabili. Perché attraverso una maggiore pressione fiscale su questi soggetti, si fa cassa immediatamente. Invece per le classi alte e ricche bisognerebbe trovare il tempo, la voglia ed il desiderio di “stanare” i troppi finti poveri che se la ridono alle spalle degli onesti veri poveri italiani.

Poi, e queste sono strategie politiche ed economiche, nessuno mai mette le mani nelle tasche del proprio bacino maggiore di elettorato. Ergo: mettetevi il cuore in pace. Lo Stato Italiano – e non solo – continuerà a pestare e tagliare sempre ai soliti. Intanto, un mondo parallelo vive nel nostro stesso territorio. E’ un micro mondo che vive, opera, genera, a volte impone. E’ il micro mondo di quella classe definita “dirigente” e che spesso, più che dirigere sconfigge qualsiasi criterio di diligenza in questo senso.

Dirigere dovrebbe significare portare a compimento azioni atte al bene comune. Da noi, da tempo immemore, significa solo essere comandati da un gruppo di eterogenei personaggi che rivestono ruoli di prestigio spesso senza mai essersi sporcati le mani in opere riconducibili a qualcosa di meritorio. E’ la nostra classe politica. Tecnica o meno che sia. Sono coloro che hanno aperto le porte ad inganni celati fino ad una manciata di anni fa, quando i misfatti accadevano ma non dovevano svelarsi. L’era dell’outing, ha massacrato persino quel pò di ipocrisia che serviva comunque a farci credere che mai e poi mai, negli ambienti istituzionali, potessero accadere misfatti vergognosi.

A noi cittadini del terzo millennio e della crisi più pesante ed ambigua degli ultimi 150 anni, nulla viene celato. Non meritiamo nemmeno di sognare che possa esserci del buono in chi viene delegato ad operare per nostro conto nei confronti della comunità e del territorio. Meglio l’ipocrisia? No. Ma nemmeno lo schifo attuale, dove basta un telefonino a mostrare la parte più rancida di una classa politica che se non è corrotta detiene posti di comando al solo scopo di batter cassa ogni mese.

Così ci fanno sembrar più degna persino l’ipocrisia, se le orecchie del cittadino comune devono sentire oscenità come quelle espresse pochi giorni or sono dall’Onorevole Razzi (Gruppo misto) che si fa sorprendere alla Camera in uno spasimo di indegna sincerità quando dichiara – senza sospettare d’essere registrato – che la sola cosa importante per lui, e per i suoi colleghi, è la pensione da Onorevole, dopo “ben” 5 anni di nullafacenza.

E che dire dell’Onorevole Alessandra Mussolini che quasi in lacrime urla allo scandalo ed alle vessazioni, se verranno abbassati gli stipendi parlamentari? Ce ne vuole per dichiarare in pubblico che “un taglio di 5.000 euro al proprio stpendio potrebbe portare al suicidio”.

Ecco quindi, una crisi a due marce. Due velocità. Quella dei cittadini comuni, messi in mutande sempre e comunque. Convinti che il proprio risparmio sia davvero occulto ai vertici della Nazione, e che si scoprono ogni giorno un pò più poveri e non capiscono perché. Perché? E’ semplice: i vertici della nazione conoscono ogni centesimo dei nostri risparmi, che non avendo mai valicato i confini delle nostre città, sono lì belli in mostra, nei dati e nelle statistiche di uno Stato sempre più controllore e dirigente.

Uno Stato che permette ad alcuni di morire per un lavoro di due giorni a “ben” 5 euro l’ora. E ad altri, di lamentarsi della propria condizione incredibilmente privilegiata, che ha sempre di più il sapore ed il rumore di schiaffoni inferti con violenza. Una vilenza apatica e virulenta, che sconvolge al solo pensarci.

La crisi a due velocità, non porterà nulla di buono. A nessuno stavolta. Perché la rabbia sommessa degli Italiani che per decenni hanno utilizzato l’arma dell’accettazione e della moderazione si è inceppata. E perché quando è troppo è troppo e qualcuno dovrà pur fermare la volgare rappresentazione di un potere inutile e perverso. Che non pensa mai alla crescita dei tanti ma all’esuberante ed un pò malata concezione del troppo a pochi.

Questa crisi potrebbe essere utile per una svolta radicale. Quella svolta che per decenni non si è deciso di porre in atto. Spesso dal male può nascere un bene. Se saremo in tanti a sfruttare la crisi per migliorare la condizione di tutti, allora si: entreremo nella storia dei pochi, di coloro che non solo hanno passato il male e le lacrime di sangue, ma che hanno posto attenzione alla propria esistenza pensando all’esistenza di tutti. Io ci credo.

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