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Costruire per non ricostruire

Presentandola come Mission Impossible (ma solo per esigenze di copione), a L’Aquila, dopo il terremoto, B&B hanno avviato la costruzione di 150 edifici per 15 mila sfollati, al costo di 2.533 € al m2 (ovvero 152.000 € ad alloggio, ossia 4.560.000 € per edificio). In realtà, questi valori comunicati dal Consorzio For Case denoterebbero un’operazione semplicemente folle e, dal punto di vista economico, completamente fallimentare. Però, B&B stanno dando un po’ di lavoro a 16 imprese edili (consorzi o A.T.I. all’uopo costituite) per fare le abitazioni temporanee di lunga durata, ad altrettante per fare i lavori grossolani di sistemazione di terreni e fondazioni e ad un numero quasi uguale per le forniture ed i servizi. Nel complesso, 684.000.000 di euro per qualche mese.

Soldi freschi miracolosamente reperiti a domanda del settore dell’edilizia, per il rilancio dell’italica economia. Per l’esclusa “Todini & C.” verrà un altro giorno, così come per una delle “rosse” cooperative che fa parte integrante dell’A.T.I., a guida Impregilo, che è diventato Contraente Generale per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. In Parlamento, passa un decreto definito Abracadabra che beffa tutti coloro che hanno perso casa, lavoro, affetti e speranze. Solita scontata “manfrina” della nominale opposizione parlamentare. La voce della verità solo in certi blog (ad es. Miss Kappa) e dai Comitati cittadini locali (ad es. 3e32 e Comitatus Aquilanus). Passa il G8, ma continua lo show giornaliero, rassicurante e travisante, di B&B.

 
Ai primi d’agosto ci si rende conto che la tragedia continua anche per i sopravvissuti: 20 mila persone ancora nelle tende, 20 mila in sistemazioni alberghiere coatte e temporanee, 10 mila in sistemazioni autonome e senza alcun contributo per sopravvivere con una benché minima attività produttiva. Diventa palese il rinvio della ricostruzione sia per le case crollate o seriamente danneggiate sia per quelle con danni più o meno gravi. Le esigenze abitative effettive sono censite solo 120 giorni dopo il sisma. Si scopre che il Piano c.a.s.e. della Protezione civile è insufficiente, ma B&B ripetono di rispettare, anche con un certo anticipo, il cronoprogramma dei lavori, quindi, la prima casa sarà consegnata il quattro di settembre ed alla fine di quel mese saranno chiuse tutte le tendopoli. Bertolaso e Gabrielli (il Commissario ed il Prefetto), il 14 d’agosto incominciano a tratteggiare sceneggiature alternative (requisizione di alloggi sfitti, utilizzo della Caserma della Guardia di Finanza e bus-navetta per collegamenti con gli alberghi della costa) e così, il “miracolo” viene ridimensionato e ripetutamente rinviato. Sulle reti unificate, invece, Berlusconi riparla di tempi di costruzione delle sue c.a.s.e. per tutti gli Aquilani sfollati. Sarà un record del mondo, ma poi lascia intendere che per il momento sono in dirittura d’arrivo solo le casette di legno per gli sfollati dei comuni del cratere. Scopriamo che le 91 di Onna sono state realizzate da trenta-tre-trentini per conto della Croce Rossa e sono state consegnate agli sfollati del borgo dal presidente della loro Provincia e senza tante cerimonie. Benigni ironizza, ma il festival può continuare.

Poi, lucidamente compendiando le poche osservazioni critiche apparse in questi mesi, E. Salzano propone una ulteriore chiave di lettura del fare di governo affermando che la direzione di marcia dell’attuale maggioranza “rende vera ed attuale, nel nostro Abruzzo, la frase di Naomi Klein: le grandi catastrofi sgretolano il tessuto sociale non solo le case”. E noi, con Salzano a ritenere che l’impiego del commissario per qualsiasi opera od azione di governo, calpestando ogni possibile obiezione o dissenso, ha evidenziato l’apoteosi della governabilità del monarca (dell’Egocrate) contrapposta alla democrazia di tutti. E noi, con Salzano a ritenere che la costruzione di nuove città, o villaggi o quartieri, invece di recuperare, riusare, riqualificare, rendere vivibili per tutti le città che già esistono, che hanno una storia, che sono abitate da una società viva, uccide definitivamente la “polis” cioè la città e la società.
La maggior parte dei sopravvissuti al disastro vorrebbe ben altro che la tabula rasa: vorrebbero salvare il salvabile e iniziare a riparare ciò che non è stato distrutto, vorrebbero riaffermare il proprio legame con i luoghi in cui sono cresciuti, ma giorno dopo giorno diventa assai consistente il numero di coloro che, completamente fiaccati dalla permanenza protratta nello stato di disagio profondo, sono pronti a farsi avanti e rivendicare almeno la sistemazione abitativa promessa da B&B, anche calpestando residui principi di solidarietà civile o di mutuo soccorso, un tempo comuni tra i compagni di sventura. Sono pronti a ricacciare oltre mare l’Albanese o chicchessia possegga titoli diversi dai propri, pur d’ottenere l’annunciata dimora prima dell’inverno. Non importa se il temuto “generale” distruggerà definitivamente le scoperchiate strutture dei centri storici periferici e della zona rossa del capoluogo che, quasi interamente ignorate dalla Protezione civile e dal governo centrale, hanno resistito in parte al cataclisma del terremoto. Ormai è alle porte e, con i suoi rigori, incute paure sacrosante ma incontrollabili. Anna che vede la ricostruzione della città come momento di ricostruzione di se stessa viene addirittura oltraggiata da alcuni lettori dei suoi post perché non molla ostinandosi ad illustrare l’impedimento totale a riattivare l’attività lavorativa autonoma precedente il cataclisma e le insopportabili difficoltà incontrate per trovare una sistemazione abitativa autonoma in assenza di contributi tanto bloccati da astruse ordinanze del Commissario quanto rinviate da cavilli procedurali innestati, nella confusione e disinformazione generale, dalla locale amministrazione pubblica. Lei è pienamente consapevole che i fautori del capitalismo dei disastri non hanno alcun interesse a restaurare ciò che c’era prima. Lei sa che la “ricostruzione” è iniziata portando a compimento il lavoro svolto dal “disastro”, cioè spazzando via quanto rimaneva della sfera pubblica, per poi rimpiazzarlo con una Nuova Gerusalemme aziendale, travestita da protezione civile. Sa che, tranne poche eccezioni, le vittime del disastro naturale non sono in grado di coalizzarsi e reclamare ciò che spetta loro di diritto. Da subito, ha rifiutato di vivere la “militarizzazione civile” dei campi profughi, ma ora subisce anche l’oltraggio verbale di anonimi commentatori, tanto forti del loro massimalismo razzista quanto deboli di argomentazioni e di logica. Finora ha messo in guardia i suoi concittadini: il grande shock collettivo veniva sfruttato per preparare il terreno alla shockterapia economica. Diceva: costruiscono case, non la città. Le case del c.a.s.e. distruggeranno la nostra identità e quella dei nostri luoghi. Lo possiamo provare, anche con le seguenti immagini:
Per costruire tutto ciò, senza ricostruire l’economia urbana e le case preesistenti, è stato necessario sospendere le consuetudini democratiche, affidare al Commissario pieni poteri di intervento sia all’indomani del grosso trauma sia durante tutta la fase di gestione delle cosiddette C.A.S.E., ovvero dei “Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili”. [continua]

Commenti all'articolo

  • Di grillo 2009 (---.---.---.91) 31 agosto 2009 00:42

     la domanda che sorge spontanea, a chi giova l’intervento della FINTECNA di Roma che mi pareva, senon ricordo male, in liquidazione, per l’accoglimento delle domande di contributo per la ricostruzione in appoggio al comune? Cialente è stato costretto ad accettare questa intromissione? Pensate che tale azienda si occuperà solo delle domande?

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