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Correre, e in condizioni sempre più difficili

Inizia la prima settimana con il governo Monti dimissionato, e con la tacita e implicita conseguenza: le dimissioni del Presidente Giorgio Napolitano, che aveva ripetutamente detto che non avrebbe presieduto alla formazione del Governo della prossima legislatura e che, dunque, con ogni probabilità si farà da parte in anticipo.

Gli operatori finanziari (categoria alla quale appartengo) dovranno decidere cosa fare: la volatilità non piace a nessuno ed i BTP sono stati una asset class molto performante nel 2012: la tentazione di venderli, realizzare i lauti guadagni ottenuti e “vedere che succede” sarà molto forte. Paradossalmente - per continuare a tenere alti rendimenti in portafoglio - alcuni potrebbero essere invogliati a vendere BTP per comprare titoli spagnoli, vedremo i due spread come si muoveranno.

In un’ottica di Italia - almeno per qualche tempo - senza una salda (e internazionalmente stimata) guida, diventa essenziale il supporto della BCE, con Draghi che cercherà di trasmettere fiducia, sul solco delle dichiarazioni recenti:

“Ci sono chiare conferme del fatto che gli sforzi di risanamento dei conti pubblici dei Governi dell’Eurozona stanno dando frutti. E’ fondamentale ora che questi sforzi vengano mantenuti nel tempo per riportare le finanze pubbliche su basi solide. La ripresa nell’Eurozona sarà lenta, graduale, ma solida. Quello che dobbiamo ancora superare è questa frammentazione tra diversi segmenti di mercato e Paesi, che è il nostro problema principale, ma sul quale abbiamo fatto grandi passi avanti”.

“Più sarà veloce il ritmo delle riforme strutturali nell’Eurozona, tanto prima si ritornerà a condizioni finanziarie normali. Se si considera la cosa dal punto di vista del breve termine e si confronta la situazione attuale con quella di meno di un anno fa, allora vediamo che ci sono stati progressi considerevolissimi. Ma il compito non è terminato: sia sul risanamento dei conti pubblici, naturalmente, che sulle riforme strutturali. Ma dovranno essere i cittadini di questi Stati a decidere il passo delle riforme, dalle quali verranno benessere, crescita e occupazione.”

Sembrano parole dettate dalle novità di queste ultime ore, invece Draghi le ha pronunciate più di un mese fa, l’8 novembre, quando si compiaceva del fatto che:

“La fiducia sui mercati finanziari è migliorata in modo evidente dopo il varo del nuovo piano antispread, Omt, da parte della BCE. Siamo pronti ad attivare l’Omt, così da evitare scenari estremi e ridurre i timori sul fatto che si possano concretizzare forze distruttive. Dal momento dell’annuncio del nuovo piano antispread ci sono stati una serie di miglioramenti di mercato, primo fra tutti un ritorno dei flussi di capitale dal resto del mondo, sopratutto dai money-market fund statunitensi con un incremento del 16% nel solo settembre rispetto al mese prima. Le quote di debito pubblico italiano e spagnolo in mano a investitori esteri sono aumentate e questo è un fenomeno che non vedevamo da tempo”

L’Italia negli ultimi mesi è diventato un Paese molto influente ed ascoltato, la proposta alternativa a quella tedesca sul tema “unione bancaria europea” - per esempio - è proprio quella italiana, e non stiamo parlando di una questione da poco: la Germania vorrebbe tenere fuori dalla supervisione della BCE le proprie banche regionali, le Landensbank, per non dare trasparenza dei loro attivi (probabilmente peggiori di quanto non si creda) e per non togliere poteri politici ai Landers. Ma una unione bancaria che escluda dalla supervisione BCE due terzi delle banche tedesche sarebbe un compromesso insignificante, non un vero passo verso l’integrazione europea (di cui sopra parlava Draghi). Così arriva la proposta italiana di stabilire chiaramente il principio del primato della BCE in quanto autorità centrale di un meccanismo di vigilanza che è composto sia dalla Banca centrale europea sia dalle autorità nazionali che sono da considerare “parte integrale del meccanismo unico di supervisione”, con il principio secondo cui la BCE deve ricorrere alle autorità nazionali quando le banche individualmente o parte di un gruppo “sono meno significative, su base consolidata, in termini di rilevanza finanziaria, economica o prudenziale”.

La BCE può intervenire in qualsiasi momento e decidere di esercitare direttamente lei stessa tutti i poteri rilevanti di vigilanza a quattro condizioni:

  1. se le autorità di supervisione nazionali sono sotto gli standard
  2. se non sono state seguiti gli orientamenti e le istruzioni BCE (che possono riguardare anche singole banche)
  3. se una o più banche ponessero una minaccia al funzionamento ordinato e all’integrità del mercato finanziario dell’Unione e/o alla stabilità del sistema finanziario
  4. se richiesta dell’autorità nazionale stessa

Diverse delegazioni si sarebbero espresse favorevolmente a questa proposta e tra queste anche quella tedesca. La Commissione europea, invece, sarebbe preoccupata perché non sarebbe completamente evitato il rischio di un sistema di vigilanza “duale”.

Secondo Draghi, invece, e veniamo a parole più recenti (7 dicembre):

“I benefici della futura vigilanza unica bancaria nell’Eurozona sono indubbi e sono molto fiducioso che ci sarà un accordo a breve. La Commissione Ue ha fatto un ottimo lavoro e c’è la volontà di arrivare a un compromesso. Si tratta di rendere le banche più affidabili a prescindere da dove hanno la sede o l’operatività. L’impasse decisionale fa parte della discussione politica che deve essere messa in prospettiva.

Sarebbe meglio che la vigilanza unica europea, dal punto di vista della giurisdizione, valesse per tutte le banche dell’area dell’euro; in questo modo si vuole evitare una continua frammentazione del settore bancario dell’Eurozona, si vuole garantire un level-playing field per tutti e per evitare che alcune banche vengano stigmatizzate dai mercati. Tuttavia è praticamente impossibile che la Bce da sola riesca a garantire la sorveglianza di oltre 6mila banche e quindi sarà necessario il ricorso alle autorità nazionali.

Un meccanismo unico di supervisione bancaria nell’Eurozona è uno degli elementi fondanti per giungere a un quadro finanziario integrato ed è un passo cruciale per assicurare l’adeguata trasmissione della politica monetaria alle condizioni di finanziamento nell’Eurozona, perché rafforza la capacità di resistenza delle banche, ove necessario. La solidità dei bilanci degli istituti di credito sarà un fattore fondamentale nel facilitare sia l’adeguato approvvigionamento di credito all’economia sia la normalizzazione dei canali di finanziamento.

Il passo successivo, sarà quello di mettere in comune il debito dei Paesi dell’Eurozona con il progetto degli eurobond, che al momento non è realistico, ma lo potrebbe diventare in futuro quando la fiducia dei mercati sarà totalmente ripristinata e ci sarà più consapevolezza da parte degli Stati membri dell’euro delle conseguenze delle proprie politiche. Dobbiamo capire che in origine c’è stato un abuso di fiducia tra quei Paesi che sempre, o quasi sempre, hanno rispettato la disciplina di bilancio e altri che invece non lo facevano. Negli ultimi due anni la questione è stata riportare fiducia nell’Eurozona. Per questo, sono state varate nuove regole in materia di conti pubblici, come il fiscal compact, sono stati decisi limiti a quello che ogni singolo Governo può permettersi. Ora, si passa alla fase in cui avere limiti ad azione di bilancio. In una gamma ideale di azioni possibili ci sono da un lato la totale responsabilità nazionale su debito e bilanci e dall’altra la mutualizzazione del debito, ad esempio con gli eurobond. Sarebbe irrealistico partire da subito con gli eurobond perché non è sensato pensare a una politica dove ‘io emetto e tu spendi’. Diventerà invece realistico, quando ci sarà di nuovo piena fiducia e ci saranno prove chiare del fatto che tutti i Paesi intendono rispettare i propri impegni a del fatto che attuano le proprie politiche con la piena consapevolezza delle conseguenze per tutti gli altri.”

Ora che l’esecutivo italiano non è più in gioco vedremo le forze in Europa come si riposizioneranno. Certamente sarà un duro colpo per la Francia di Hollande, che stava - con il supporto di Monti - uscendo dall’ombra dell’egemonia tedesca. Il timore generalizzato è che l’Italia riprenda ad esercitare un altro genere di influenza, ora, sull’Europa…

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