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Bokantè al Blue Note di Tokyo

Due giorni soltanto per una Band che ne avrebbe meritati molti di più. Per l’energia, la gioia di suonare assieme, il coinvolgimento da parte degli astanti. Molto meglio perciò ascoltarla dal vivo, piuttosto che diffusa da un CD. Il Blue Note presenta qualche settore semivuoto, mentre alcuni più costosi vengono abbassati al prezzo di quelli basici.

72 minuti di musica trascinante per il nonetto “Bokantè”, che significa “scambio”, nella lingua creola dell’isola di Guadalupa, a sud del mar dei Caraibi, da cui proviene la cantante Malika Tirolien, autrice di tutte le canzoni, assieme al leader ed ideatore del gruppo Mike League.

È una musica assai ritmica e percussiva, vista la presenza di tre percussionisti: lo svedese Andre Ferrari, di origini italiane (la nonna è di Parma), l’americano Jamey Haddad e il giapponese, di Nagasaki, Keita Ogawa, attivo come batterista nel gruppo nipponico J-Squad che propone un esuberante New Hardbop, e che sarà ospite del locale il prossimo 5 dicembre.

Sono sette i brani in scaletta, equamente suddivisi tra il primo album, “Strange Circles” e l’ultimo, uscito il 28 settembre, “What heat”, registrato insieme alla “Metropole Orkest”, diretta da Jules Buckley, la quale ha la sua base ad Hilversum, in Olanda, per l’etichetta Real World di Peter Gabriel.

Il brano di apertura, “Bòd Lanmè Pa Lwen” è una ballata che inizia con la chitarra semiacustica di Mike e la voce della cantante. Malika in seguito sarà affiancata vocalmente da Mike e dal chitarrista Chris McQueen, prima che il brano parta come un treno attraverso le percussioni, secondo un ritmo tipico di certa pop music africana. In evidenza, l’americano, dalla Florida, Roosevelt Collier, solista di steel guitar, il quale in questo caso utilizza un registro ‘Wah Wah’, che riporta a certe sonorità dei gruppi Rock della seconda metà degli anni ’60.

“Roudesann” inizia con figurazioni di Ogawa, che provocano uno sviluppo ritmico dirompente. Il solo di chitarra, distorto, è di Chris. Anche questa canzone, come quasi tutte, salvo qualche episodio in francese, è cantata nella lingua creola.

Malika presenta “Fanm”, una composizione dedicata alle donne. Bello l’impasto vocale tra lei e il bassista Louis Cato, cui poi si aggiungono le voci di Mike e Chris. Malika invita il pubblico a battere le mani, ottenendo una timida partecipazione.

Il bello del gruppo è che riesce a legare ogni brano col successivo, senza tempi morti. Ecco allora “Le An Gade-w An Zye”, un tema ben esposto dalle tre chitarre - accanto a Mike e Chris figura Bob Lanzetti - e dal basso elettrico. Subentra un ritmo che sostiene e fa crescere il brano. Un assolo di basso elettrico prelude ad un finale percussivo concluso da un perfetto stop collettivo.

Dedicato alla famiglia è “An Ni Chans”. In primo piano, la steel guitar e i colpi secchi del djembè, suonato da Jamey, tipici nella musica dei Griot. Noto con piacere che suoni elettrici ed acustici riescono ad andare d’accordo. Andre si costruisce l’unico assolo della serata. Con dei piccoli mazzuoli feltrati colpisce un pad elettronico e tre tamburi etnici, tra cui un “uchiwadaiko”, “tamburo a ventaglio”, monopelle, giapponese, del rituale buddista, che compongono il suo set, completato dalla grancassa Canopus del locale e da due piatti. Oltre a ciò, una teoria di campanellini ed altri minuscoli oggetti sonori, provenienti da diverse parti del mondo, circondano, disegnando un rettangolo, l’intero set. È un solo interessante, meditato, che punta a creare una specie di dipinto dai colori diversi, ora tenui, ora intensi.

Fuori scaletta, Malika e Mike, per una volta al basso elettrico, eseguono “Sel”, ossia “Self confidence”. Uno Scat ritmico della voce, verrà ripetuto in tempo reale grazie ad un Loop, di modo che Malika lo possa utilizzare come base per inserire una nuova melodia. Anche Mike interviene vocalmente, dando spessore ad un “Quick duet”, secondo la sua presentazione della performance.

In “Vayan”, che non sarà il brano conclusivo, dapprima Chris esegue un solo molto distorto, ledzeppeliniano, quanto a sonorità, terminato il quale subentra finalmente Bob, che proprio in quel giorno compiva gli anni, mostrando con un solo le proprie capacità tecniche e fantasiose.

Il bis, “La Maison en feu”, tratto dal secondo CD, riserva un lungo inizio alla steel guitar di Roosevelt, che ricorda sonorità caratteristiche della musica hawayana. Terminato il solo, entrano tutti prepotentemente. Malika accenna a passi di danza, Ogawa, con le conga, si sposta su un caldo ritmo di 6/8, mentre Mike abbandona la chitarra, per percuotere una coppia di piattini oblunghi.

Applausi, sorrisi e piena disponibilità da parte di alcuni musicisti che si fermano a dialogare con quanti li avvicinano, per nulla preoccupati di dover mangiare in poco tempo prima di iniziare il secondo set.

Foto: TSUNEO KOGA

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