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Ay Nicaragua, Nicaragüita | La parabola del Sandinismo

Riflessioni ad alta voce di Maria Teresa Messidoro, vicepresidente Associazione Lisangà culture in Movimento su quanto sta accadendo in Nicaragua

di Maria Teresa Messidoro

Questo è il titolo con cui Raul Zibechi , il 28 aprile scorso, ha commentato sul giornale messicano La Jornada, ciò che era successo e succede in Nicaragua.(L’articolo in originale si trova qui).

Molto si è scritto e si scriverà a riguardo, anche su questo blog sono già apparsi articoli, come quello di Giorgio Trucchi, che cercano di spiegare quali sono i fatti e quali le cause. I siti e le riviste “alternative” latinoamericane hanno spesso parlato di “complotto della destra nicaraguense e della reazionaria Chiesa Cattolica”, “intervento statunitense e ingerenza paragonabile a quella avvenuta in Venezuela”, “azioni di giovani pandilleros manovrati ed utilizzati”, “tentativo di golpe nei confronti del governo sandinista di Ortega”, etc…

Ma non tutte le voci del coro sono concordi: sapendo che sarebbe necessario ben più tempo e spazio per analizzare la situazione del Nicaragua, mi limito a riportare alcune “suggestioni” proposte da autorevoli rappresentanti del pensiero latinoamericano e nicaraguense, difficilmente accusabili di essere filo statunitensi o reazionari derechisti.

Innanzitutto Zibechi: nel suo articolo, si chiede, riprendendo una frase di Michel Focault “Come fare perché non diventi fascista uno che crede di essere militante rivoluzionario? E ancora: come è stato possibile che una forza politica rivoluzionaria e i leader che costruirono il Frente Sandinista de Liberación Nacional, FSLN, si siano convertiti in assassini del proprio popolo? Zibechi individua quattro punti su cui riflettere. Il primo consiste nel ricordare che tutto ciò è già successo, nell’Unione Sovietica di Stalin, nella terribile storia di Sendero Luminoso o nell’assassinio per divergenze politiche di Roque Dalton da parte di alcuni membri della guerriglia salvadoregna,… Il secondo è che la sinistra egemonica nicaraguense non ha mai osato o voluto contraddire la coppia Ortega- Murillo, nemmeno quando la figliastra di Ortega lo accusò di violenze sessuali e la Murillo, sposa di Ortega ma soprattutto vice presidente potentissima del Nicaragua, difese il marito. Ormai il potere in Nicaragua è diventato un affare privato della “cricca” Ortega Murillo.

Il terzo aspetto è che troppe volte le sinistre al potere si sono rivelate prive di qualsiasi eticità, completamente lontane dai propri principi ed ideali. Accusare l’intervento imperialista nordamericano non serve per cancellare tutti i crimini commessi: si gioca sullo scacchiere geopolitico mondiale al prezzo della vita del proprio popolo che si definisce Presidente! 

L’ultimo punto è che, secondo Zibechi, sì dobbiamo difenderci dai nemici anche con le armi se necessario, ma la politica non può fondarsi nella guerra, altrimenti la lotta per la nostra emancipazione ci porterà ad un abisso insondabile. Quando i giovani nicaraguensi gridano “Ortega e Somoza, sono la stessa cosa” significa che in politica, chi detiene il potere ha perso la bussola. Meno male, sostiene Zibechi, che esistono ancora i curdi e gli zapatisti che resistono senza trasformarsi in criminali.

Lo stesso Zibechi nel suo articolo fa riferimento all’analisi di Monica Baltodano, comandante guerrigliera sandinista, ex membro della Direzione Nazionale del FSLN, già deputata dello stesso partito, cofondatrice del Movimiento por el Rescate del Sandinismo, MRS, il partito che pretende di raccogliere la vera identità del sandinismo. E’ impressionante come l’analisi di Baltodano, apparsa sulla rivista Envio nel gennaio 2014, sia quanto mai attuale (articolo completo qui).

Monica Baltodano in modo molto lucido segnala quattro mutazioni nell’orteguismo che possono aiutarci a comprenderne la sua attuale deriva. La prima è che non ci troviamo affatto di fronte ad una seconda tappa del sandinismo, dopo quella storica del 1979 che ha sconfitto Somoza; si è rafforzato un sistema economico sociale in cui prevale il precariato ed il lavoro informale, dove la maggioranza della gente è costretta ad emigrare: un regime iniquo, in cui il 7-8% della popolazione controlla quasi il 50% delle ricchezze; tra il 2012 e il 2013 i multimilionari in Nicaragua, quelli che possiedono più di 30 milioni di dollari, sono passati da 180 a 190, più che in Costarica, dove il livello di sviluppo è sicuramente superiore.

La seconda è che si è rafforzata la subordinazione del paese alla logica globale del capitale, l’esatto contrario di ciò che si voleva realizzare in Nicaragua. L’esempio emblematico è la concessione ad una multinazionale cinese per la costruzione del Canale interoceanico, ignorando e reprimendo tutte le forme di opposizione da parte soprattutto delle popolazioni indigene locali. Ma non solo: nel campo dell’industria estrattiva, il governo di Ortega ha consegnato nelle mani delle multinazionali del settore il 22% del paese, più di tutto il territorio del vicino El Salvador. Per non parlare del campo della pesca, in cui la grande multinazionale spagnola, Pescanova, è riuscita ad arrivare a controllare il 58% dei territori dati in concessione, duplicando sotto gli ultimi governi di Ortega gli ettari a disposizione; contemporaneamente, la contaminazione del suolo e la povertà delle popolazioni locali, prevalentemente piccoli pescatori allontanati ed espropriati, sono aumentate.

La terza mutazione importante riguarda il controllo sociale: l’autrice parla di una repressione sotterranea, che si è manifestata a volte attraverso persecuzioni fiscali o giuridiche, ma riesce a prevedere con gran lucidità ciò che sta succedendo oggi. Scrive infatti “non abbiamo nessun dubbio che (il governo sandinista) inizierà ad applicare forme di repressione più drammatiche, come già sta applicando in modo selettivo, perché così si costruisce questo tipe di regime”.

Infine, l’ultima mutazione è lo smisurato processo di concentrazione di potere nelle mani della coppia Ortega-Murillo; mentre tutti i fondi della cooperazione internazionale e il monopolio del settore della pubblicità statale è nelle mani dei loro figli, si assiste alla formazione di una potente borghesia, non più “rossonera” (perché il rosso e il nero sono i colori del sandinismo), ma “ rosa chicha”, perché il rosso della rivoluzione si è annacquato e si è mescolato con il colore della bevanda alcolica più popolare del Nicaragua, diventando il colore simbolo del potere Ortega-Murillo. Ortega e la sua borghesia non si alleano con il grande capitale per convenienza tattica, ne diventano complici perché loro stessi ne fanno parte.

I discorsi di Ortega sono sempre anti imperialisti e anticapitalisti, ma la sua pratica è ben diversa: il precedente ambasciatore degli Stati Uniti in Nicaragua, a cui è stato chiesta la sua opinione su Ortega, ha risposto: "Non ci preoccupa ciò che dice, ci interessa ciò che fa”. E gli Stati Uniti non possono lamentarsi, visto che oltretutto la presenza militare degli USA in Nicaragua non è diminuita, che assessori militari statunitensi accompagnano l’esercito nicaraguense e che molti ufficiali nicaraguensi accedono tutt’oggi a scuole militari degli USA.

L’analisi del governo sandinista di Ortega potrebbe continuare e sarebbe troppo lunga. Mi interessa però dare risalto infine ad un’altra voce, quella dell’Articulación Feminista Nicaraguense, che ha assunto una posizione chiara e dura nei confronti della repressione del governo. Ricordandoci che il Governo del Nicaragua vuole penalizzare completamente l’aborto, che il tasso dei femminicidi è tra i più alti al mondo, che da alcuni anni la stessa manifestazione femminista dell’8 marzo è osteggiata, il Movimento ha scelto di schierarsi a fianco delle donne, dei giovani, dei contadini, dei popoli indigeni e afrodiscendenti, dei collettivi LGTB, di tutti coloro che vogliono vivere in una società veramente democratica. Forse il regime di Ortega non è proprio una dittatura, come afferma il Movimiento Autonomo de Mujeres, che appoggia apertamente l’MRS, ma non si può ignorare che l’attuale governo della pareja Ortega Morillo ha intensificato l’autoritarismo, il controllo sociale, la militarizzazione del territorio e la criminalizzazione della protesta, dando sempre più potere al Presidente ed alla sua famiglia e congrega. Si legga con attenzione il manifesto dell’Articulación Feminista.

Voglio sperare che le persone morte assassinate nei giorni delle proteste in Nicaragua non siamo morte invano. Come le migliaia di persone torturate, uccise o fatte sparire dal governo di Somoza.

NOTA

La situazione in Nicaragua è molto complessa e anche nel campo della sinistra, italiana e sudamericana, l’interpretazione dei fatti non è univoca.

Per questo motivo, segnaliamo anche un altro punto di vista nell’articolo Nicaragua: la ribellione degli imprenditori. Si tratta di un’ulteriore riflessione sull’attuale parabola del sandinismo, sulle sue molteplici contraddizioni all’epoca della presidenza Ortega e sui tentativi di strumentalizzazione delle destre.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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