• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Aspettando la riforma della Giustizia – La difesa tecnica (parte (...)

Aspettando la riforma della Giustizia – La difesa tecnica (parte seconda)

Ulteriori spunti di riflessione dal saggio Difesa di Paolo Borgna, procuratore aggiunto alla Procura della Repubblica di Torino, che apre il testo Giustizia – La parola ai magistrati, editore Laterza, Euro 16,00, curato dal dottor Livio Pepino, magistrato ed ex presidente di Magistratura Democratica. Sempre per ingannare il tempo nell’attesa della riforma del sistema giudiziario, che pare abbia trasformato la politica italiana nella Fortezza Bastiani di Dino Buzzati.

Parlando di “difesa tecnica”, della sua obbligatorietà (nessuno nel nostro Paese può difendersi in giudizio da solo, gli stessi avvocati non lo fanno) e della sua evoluzione nel tempo, il dottor Borgna si imbatte nel problema dei numeri: gli avvocati, che erano nel nostro Paese 21.000 nell’immediato dopo-guerra, oggi sono diventati oltre 200.000. Da questo deriva, sempre secondo il dottor Borgna, che circa la metà di loro vive di nomine d’ufficio e grazie al patrocinio per i non abbienti pagato dallo Stato. Ed anche la tentazione per gli avvocati più giovani di lavorare sotto costo, con un conseguente superficiale impegno nello studio della causa e con trascuratezza nell’aggiornamento professionale.

Forse le cose stanno ancor peggio, nel senso che non sempre questi avvocati, più o meno giovani, agiscono nell’interesse del cliente, sconsigliandolo da azioni di improbabile esito; sino ai casi più gravi, come quello che si è verificato nella cittadina, in cui il vostro cronista vive, dove un avvocato è riuscito a farsi saldare cospicue parcelle da un cliente per una azione penale che era esistita solamente nella sua fantasia vogliosa di parcelle da incassare.

Il problema è sicuramente grave per coloro che, con tanta dignità, lottano quotidianamente per riuscire a svolgere con un minimo successo economico la professione di avvocato, ma è anche grave per gli effetti sull’indipendenza e sull’incisività della difesa tecnica, come puntualmente rileva il dottor Borgna.

A questo punto ci si ritrova dinanzi ad un vero e proprio pregiudizio: l’aver affidato alla difesa tecnica un ruolo nei processi assoluto ed ineludibile, senza aver prima indagato se esistevano cause ostative a che esso fosse correttamente svolto. Ebbene, dal punto di vista della capacità professionale, l’iscrizione di un professionista al proprio Albo costituisce sufficiente garanzia per il cliente e per il sistema in cui è chiamato a svolgere la sua professione. L’avvocato, però, resta pur sempre un uomo, con il problema di pagare le bollette di casa e di studio, la lista della spesa dal salumiere e così via. Ed anche questo sottacendo, vale la generale accettazione dell’antico detto che le cause non le vince mai l’avvocato, ma il cliente (se volete che il padrone ingrassa il cavallo o altre ancora dello stesso significato). Insomma, l’affermazione della Corte Costituzionale che solo una difesa tecnica garantisca «i beni ed interessi fondamentali ed irrisarcibili» dell’imputato è tutta da dimostrare.

Certamente la difesa tecnica è necessaria, ma non si deve far venir meno l’interazione fra il cittadino e le Istituzioni giudiziarie. L’attuale assoluta incomunicabilità fra cittadino ed Istituzioni giudiziarie è deleteria ed inaccettabile, oltre che difficilmente conciliabile con i principi sulla Giustizia della Costituzione. L’articolo Art. 101 recita che « La giustizia e' amministrata in nome del popolo» ed anche questo disposto corre il rischio di restare un indimostrato pregiudizio, in cui si utilizza la parola “popolo” per far quadrare ogni cosa, come nella tragedia greca si utilizzava il deus ex machina.

Seguendo questo percorso di pensiero, il problema della Giustizia scivola inesorabilmente nel problema dell’istruzione, nell’esigenza di un radicale cambiamento del nostro sistema formativo, oggi ancora succube della riforma Gentile e, per questo motivo, assolutamente disinteressato dal formare in maniera adeguata i cittadini di domani ; quelli che, secondo la Costituzione, costituiranno il “popolo” di domani, quelli nel cui nome tutto il sistema giudiziario dovrà funzionare, quelli per i quali si sta predisponendo la riforma della Giustizia prossima ventura.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares