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Arrestato Giuseppe Setola. Non era il capo dei casalesi

Giuseppe Setola è stato arrestato ieri dai Carabienieri a Mignano Montelungo. Era riuscito a sfuggire tre giorni fa all’arresto scappando attraverso le fogne. Aveva, come spesso accade ai latitanti, allestito un sistema di fuga, ma proprio il mancato arresto aveva contribuito ad alimentare il “mito”. Il mito del "boss" che al momento dell’arresto dice “avete vinto voi”.
 
E giù i titoli: “Giuseppe Setola l’erede di Sandokan”, “Arrestato il capo dei casalesi”. Setola non era né il capo dei casalesi, né l’erede di Sandokan. Essere chiari, misurare le parole consente agli inquirenti di lavorare con tranquillità ma, soprattuto, serve a non abbassare la guardia, a rimanere ancorati all’onestà intellettuale, dote fondamentale per descrivere i fatti di mafia; altrimenti si rischia di far passare messaggi sbagliati, messaggi di una camorra in difficoltà.
 
Le parole hanno un senso ed è giusto mettere i fatti nella prospettiva più corretta. Le parole hanno un senso, un senso indicato dai magistrati che, ogni giorno, sono in prima linea contro la lotta al crimine organizzato. Le parole hanno un senso, come quelle di Lumia: “mancano all’appello i due grandi latitanti dei casalesi i boss Iovine e Zagaria” .
 
Setola non era un capo. Setola era un “bidognettiano”, un erede di Cicciotto ’e mezzanotte, un boss che non si è mai contraddistinto per il suo coraggio. Già ai tempi della prima “scissione”, con l’omicio in Brasile di Antonio Bardellino, e la vittoria della triade Schiavone-Iovine-Zagaria, Francesco Bidognetti aveva fatto una non-scelta. Convocato dopo l’omicidio brasiliano, viene messo davanti un bivio: vivere o morire. Decise di vivere. Per sancire la sua fedeltà partecipa all’omocidio del nipote-delfino di Bardellino: Paride Salzillo; è lui, insieme alla traide, ad ucciderlo con la corda del provolone (fonte sentenza processo Spartacus, ndr).
 
Setola cresce all’ombra di un boss “debole”, è il braccio armato di una fazione che obbedisce. Ma la coca annebbia il cervello e ti rende forte, ti fa sentire onnipotente e non ti consente di accettare ordini. Setola tira di coca e uccide, Setola cresce all’ombra dei due super-boss ancora liberi: i veri capi dei Casalesi. Ma Setola vuole prendere il controllo con una striscia di cocaina e “otto botte in petto” (colpi di proiettile – ndr) .
 
Setola è un cane sciolto, gira con il suo gruppo armato di pistole, fucili e tritolo. Setola è pericoloso anche per i casalesi: fa troppo rumore.
 
Setola vuole rendersi indipendente e compie gesti eclatanti, come la strage di Castelvolturno. La camorra ha un suo codice ben preciso, una sua semiologia. L’Italia l’ha imparata leggendo Gomorra, noi vivendola. Dietro ad ogni gesto c’è un signficato e dietro Castelvolturno c’è un “atto di forza”, un grido: “qui comando io”. Le guerre di camorra iniziano sempre con gesti eclatanti, con atti di forza. A Secondigliano tutto inizio’ con “delle botte” sui poliziotti. Ma Setola non si aspettava un ritorno mediatico cosi’ forte dalla morte di sei "neri".
 
Setola aveva in mente altri gesti eclatanti, voleva far "rumore", finanche uccidere un “simbolo”, il "simbolo": Roberto Saviano. Da fonti ufficiose sembra che in un’intercettazione dica: “gli metto le botte in faccia davanti a tutti quanti”. La coca, la smania di potere, Setola è un pericolo: per tutti.
 
Setola non si aspettava che lo Stato reagisse così duramente, in fondo erano “solo” sei neri, immigrati, forse irregolari. Invece arriva l’esercito accompagnato da un’arma devastante: i media. Casale e Castelvolturno, vanno sotto i riflettori. Le telecamere sono un deterrente ai traffici illeciti; gli obiettivi, i taccuini danno fastidio. Bisogna placare la “sete di gustizia”, così vengono arrestati ’O sergente Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia sorpresi in una villetta di Licola, poco lontano dal chilometro 43 della Domiziana e da Baia Verde, dove il 18 settembre avevano ucciso il gestore di una sala giochi e i sei “neri”. Non opposero resistenza, anzi dissero: "Bravi! Ci siete riusciti". Perchè? Perchè questa frase? Perchè i tre furono sacrificati all’altare della “tranquillità” con tanto di pistole e fucili.
 
Normalmente i killer si liberano velocemente delle armi dopo un “pezzo”, soprattuto se dispongono di arsenali vasti come quelli dei casalesi. Loro, invece, no. Dodici giorni dopo la strage andavano ancora in giro con i "ferri" che avevano sparato. La ricostruzione non ha logica. Non ha logica nemmeno la leggenda che vuole Oreste Spagnuolo parlare dopo essere stato buttato una notte in cella con quattro ghanesi.
 
Oreste Spanguolo è consegnato alla poliziaCi siete riusciti! – e diventa testimone di gustizia (con tutte le riduzioni di pena che questo comporta). Mentre per Setola inizia la leggenda del boss solo, in fuga. Nel frattempo le telecamere vanno via e mentre sembra che tutto torni alla “tranquillità”, succede quello che non ti aspetti: Miriam Makeba, Mama Africa, non solo fa un concerto tra gli ultimi ma decide, anche, di morire lì, lanciando la sua ultima, ennesima sfida. Tornano le telecamere, tornano i taccuini ma questa volta di mezzo mondo.
 
"Fare terra bruciata intorno Setola!” E a farlo non è solo la polizia ma sono anche Iovine e Zagaria. Bisogna fermare quel ragazzo che sognava coca e scissione. Dite a Spagnuolo che deve parlare, deve dire dove sta Setola! Bisogna consegnarlo alla polizia. Darne in pasto uno per salvare il sistema.

Dopo l’arresto Maroni ha affermato: "Voglio fare le congratulazioni a tutti gli uomini delle forze dell’ordine che si sono impegnati nell’operazione che ha portato all’arresto di Giuseppe Setola e per i quali proporrò che il presidente del consiglio dia un riconoscimento nei prossimi giorni". Sembra che Antonio Iovine e Michele Zagaria si siano risentiti di non essere stati ringraziati. Hanno fatto terra bruciata intorno a lui costringendolo a rifugiarsi a Mignano Montelungo, quasi oltre l’invalicabile linea del Garigliano - come la definisce Sergio Nazzaro -. Un boss che comanda davvero non è mai lontano dal suo paese, non si rifugia a 50 kilometri di distanza, non si rifugia in un luogo dove dove il suo "peso" è minore, dove non comanda.
 
Loro hanno dato in pasto chi sognava la scissione, hanno dato in pasto il boss che non era un boss. Hanno dato in pasto il non-capo dei casalesi; e mi rimbombano nelle orecchie le parole di Lumia: "mancano i due grandi boss". 
 
Così, mentre scrivo, mi ritorna in mente il 28 dicembre. Quel giro in macchina lungo tutto il litorale domizio, villette a schiera e fabbriche di cemento. Licola, Mondragone, CastelVolturno; mi chiedevo dove fosse, quando sarebbe arrivato il suo momento. Guardavo quelle case immerse nel nulla e pensavo che in ognuna potesse nascondersi un non-boss in fuga. Pensavo e guidavo, perso tra il mare a sinistra e la camorra a destra. Schiacciato tra sabbia e cemento immaginavo un latitante in fuga. Setola non era niente di più.

Setola era
solo un cocainomane armato. Non fatene un mito.

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